Il bronzetto riprende la figura dell’Oceanina della monumentale Fontana delle Naiadi, opera dello scultore
palermitano Mario Rutelli, sita a Roma in Piazza della Repubblica (già Piazza Esedra). È ipotizzabile che la fusione
sia stata commissionata alla Fonderia Laganà di Napoli in seguito al grande successo riscosso dalla fontana, a cui
contribuirono non poco le numerose polemiche che precedettero l’inaugurazione.
L’importanza della Fontana delle Naiadi va ben oltre il suo valore storico-artistico: essa, infatti, è testimonianza di
una fase di grande vivacità della storia e dell’urbanistica di Roma Capitale, ma anche dell’evoluzione del gusto e,
come si vedrà, della cultura popolare.
Il 10 settembre del 1870 (curiosamente pochi giorni prima della breccia di Porta Pia) papa Pio IX inaugurò
solennemente la fontana, che allora si trovava a qualche decina di metri dall’ubicazione attuale, in occasione
della ricostruzione dell’antico acquedotto dell’Aqua Marcia. Progettata dall’architetto Alessandro Guerrieri, aveva
un aspetto assai più convenzionale: attorno alla vasca con al centro un potente getto d’acqua, vi erano quattro
leoni accovacciati, poggiati ognuno su una base (fig. 1). Nel 1888 furono quindi avviati i lavori di risistemazione
di tutta l’area, con l’intento di riqualificare il collegamento tra la zona della stazione Termini e il centro storico,
sotto la direzione dell’architetto Gaetano Koch. Fu proprio nell’ambito di questi cantieri che si decise di spostare
la fontana e di ridarle un nuovo aspetto bandendo un concorso, a cui partecipò Mario Rutelli. I bozzetti da lui
presentati incontrarono il favore della commissione, formata dallo stesso Koch e dagli scultori Ettore Ferrari e
Giulio Monteverde. Il palermitano vi cominciò quindi a lavorare nel 1897, per poi terminare le sculture verso la
fine del 1900. Al posto dei quattro leoni progettati da Alessandro Guerrieri, Rutelli aveva realizzato quattro ninfe in
bronzo: la Naiade, ninfa dei laghi, aggrappata ad un airone; l’Oceanina, ninfa degli oceani, con il cavallo marino;
la Nereide, ninfa dei fiumi, con il caimano; e l’Ondina, con il delfino. A posare furono alcune modelle di Anticoli
Corrado( nota 1), località della valle del fiume Aniene – da cui, tra l’altro, proveniva l’Aqua Marcia – particolarmente cara
agli artisti di tutto il mondo tra Otto e Novecento per la presenza di quelli che erano considerati i più bei modelli
d’Italia. L’avvenenza statuaria e sensuale delle donne anticolane, volutamente accentuata da Rutelli nelle sue
sculture indugiando sulla rotondità delle forme, destò forte scandalo perché ritenuta eccessivamente procace, tanto
da infiammare le pagine dei quotidiani romani in una lunga polemica. I moti di protesta, animati perlopiù dai
conservatori filopapali, costrinsero a bloccare l’organizzazione della cerimonia d’inaugurazione, prevista per l’8
febbraio del 1901. Tuttavia, la sera del 10 febbraio, una folla di ammiratori della fontana si accanì sulla recinzione
in legno che la circondava e azionò i meccanismi per l’apertura dell’acqua, dando il via ad una vera e propria
cerimonia di inaugurazione, naturalmente non autorizzata. Un gruppo di studenti della Sapienza andò quindi a
cercare Rutelli nel suo studio in via Farini, per informarlo di quanto stava accadendo e invitarlo a partecipare
alla cerimonia, portandolo in trionfo. Nei giorni a seguire, com’era prevedibile, le polemiche non si placarono: i
conservatori furono quindi accontentati con la decisione compromissoria, da parte del Comune allora guidato dal
sindaco Prospero Colonna, di aumentare la portata dei getti d’acqua così da velare i corpi sinuosi delle ninfe.
Rutelli tornò sulla fontana dieci anni dopo per la realizzazione di un gruppo scultoreo da porre al centro della
vasca. Esso rappresentava tre Tritoni in lotta con delfini e una piovra: non piacque – fu beffardamente ribattezzato
dai romani “fritto misto” – e fu spostato in Piazza Vittorio Emanuele II; al suo posto, nel 1914, fu quindi collocato
l’attuale Glauco con mostro marino, per cui posò ancora una volta un atletico modello anticolano, Sisto Belardi (nota 2).
Neppure la versione definitiva mise a tacere il mormorio che ormai avvolgeva la fontana da più di un decennio,
come testimonia pure un celebre stornello dissacratorio di Sor Capanna (nota 3). Ad ogni modo, oggi le diatribe
primonovecentesche sono ormai felicemente superate e la Fontana delle Naiadi rimane una delle più amate dai
visitatori della Città Eterna (fig. 2).
Aspirando al raggiungimento di una perfetta armonia con gli edifici circostanti, scenograficamente progettati da
Koch per l’ingresso su via Nazionale, Rutelli sposò con diligenza quell’eclettismo fin de siècle che è alla base
di gran parte dell’architettura romana del tempo. È infatti ravvisabile, nel gruppo di bronzi, una mescolanza di
riferimenti stilistici alla scultura della tradizione italiana (nota 4), dall’antichità al barocco. Il tutto, vivacizzato da quel
tanto di modernismo che, nell’esaltazione della grazia muliebre, rendeva l’opera contemporanea allo sguardo
dell’osservatore. Un confronto tra uno dei primi bozzetti per l’Oceanina e la sua versione definitiva (figg. 3-4)
aiuta meglio a comprendere quanto Rutelli abbia consapevolmente voluto conferire un carattere di modernità al
risultato finale. La sostanziale modifica nella posa della ninfa protesa in avanti, che avvinghia il cavallo marino
quasi attorcigliandosi su di esso, conferisce alla figura un più dinamico senso di moto serpentino, in linea con
le istanze dell’art nouveau che si stavano rapidamente diffondendo tanto a Palermo – dove lo scultore tornava
periodicamente e, nel 1894, aprì una fonderia – quanto a Roma.
Manuel Carrera
Aprile 2019
nota 1:
A. Tacchia, Modellianticolani per la fontana delle Naiadi, in “Lazio ieri e oggi”, 1998, vol.34, pp. 178-181. Per un approfondimento sulle modelle, si veda M. Carrera (acura di), Le muse di Anticoli Corrado:ritratti e storie di modelle anticolane da De Carolis a Pirandello, Roma2017.
nota 4:
D. Lacagnina, Studi e bozzetti di MarioRutelli per la Fontana delle Naiadi, in “Lazio ieri e oggi”, 2004, vol. 40,pp. 138-141.