1912, X Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia.
Il trittico Terra feconda, eseguito nel 1912 come indicato nell’iscrizione autografa posta in basso a sinistra nel pannello centrale, è a tutti gli effetti uno dei capolavori di Alessandro Battaglia. Esso costituisce un punto di arrivo nella carriera del pittore romano, in quel momento all’apice di un successo culminato nel 1913 con la prestigiosa nomina ad accademico di merito residente per l’Accademia di San Luca, insieme ad artisti di fama internazionale quali Antonio Mancini, Camillo Innocenti e il Deutsch-Römer Otto Greiner. Il 1912 è un anno particolarmente importante per il panorama storico-artistico romano: i dissapori sorti verso la fine del primo decennio del Novecento con la Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti, che organizzava un’esposizione annuale nella Capitale dal 1829, avevano portato un gruppo di artisti accomunati da una visione dell’arte fortemente esterofila a volersi associare per esporre autonomamente in grandi mostre internazionali. Nacque così, nel gennaio del 1912, la “Secessione” romana, alla cui prima esposizione Battaglia partecipò con un ritratto (Lisetta) ed un paesaggio (Fienile di Poggetello). Scorrendo la lunga lista di nomi di pittori, scultori e incisori chiamati a partecipare alle mostre della Secessione, emerge da un lato la volontà di mantenere un saldo legame con la tradizione ottocentesca, dall’altro la propensione ad una misurata modernità, espressa perlopiù nell’adozione del divisionismo. Proprio a questo clima culturale si lega la realizzazione di Terra feconda, in cui l’artista accenna la tecnica divisionista e impiega una scansione dell’immagine (e una cornice) in linea con il gusto secessionista internazionale, pur nella rappresentazione di una scena di sapore ottocentesco: a queste tendenze aderisce un folto gruppo di artisti romani della generazione di Battaglia, tra i quali va ricordato in particolare, per affinità stilistica e iconografica, il pittore Umberto Coromaldi in dipinti come Verso il paese (1911, Roma, Galleria d’Arte Moderna).
Terra feconda fu presentato alla decima Biennale di Venezia (1912), come attestano i cartellini ancora visibili sul retro della tela, dove è posto pure un curioso biglietto in cui l’artista, oltre a fornire indicazioni utili all’assemblaggio dei pannelli, si raccomanda di «fare massima attenzione nel montare il trittico». Un’altra iscrizione, posta sul telaio del pannello sinistro, indica a quale località si riferiscono gli scorci rappresentati: «Anticoli Corrado (prov. di Roma)». Quando nel primo Ottocento gli intellettuali di tutta Europa, durante il Grand Tour, cominciarono ad esplorare i dintorni di Roma alla ricerca di scorci pittoreschi e nuove fonti d’ispirazione, il borgo di Anticoli Corrado fu una delle scoperte più interessanti, in particolare per i pittori. Oltre al paesaggio e alle caratteristiche architetture, essi subirono il fascino degli abitanti, tanto per la bellezza e la disinvoltura nel posare, quanto per la loro proverbiale ospitalità. Fu così che, soprattutto a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, un numero sempre maggiore di artisti vi soggiornò, affittando per periodi più o meno lunghi studi in cui poter lavorare lontani dal caos della città. La fama del borgo, i cui modelli posarono per alcuni dei più importanti monumenti della Capitale nel primo Novecento, incuriosì numerosi artisti di grande levatura, tra cui, solo per citarne alcuni, Arturo Martini (residente ad Anticoli Corrado dal 1924 al 1927), Pablo Picasso e Marcel Duchamp, il quale vi si recò per la prima volta nel 1925, per poi tornare accompagnato da Gianfranco Barruchello nel 1965. Il rapporto di molte di queste personalità con Anticoli Corrado è oggi documentato nelle collezioni del Civico Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, istituito nel 1935.
Alessandro Battaglia fu uno dei più assidui frequentatori del borgo, anche per via di legami famigliari: suo zio, il pittore Augusto Bompiani (il quale lo aveva avviato alla pittura insieme alla madre Clelia Bompiani Battaglia, anche lei pittrice), aveva infatti sposato l’anticolana Anna Piacentini. Sono dunque frequenti gli scorci di Anticoli Corrado nei dipinti di Battaglia: quelli dei pannelli laterali di Terra feconda, in particolare, rappresentano la cosiddetta “piana dei colli”, coltivata a grano e ad ulivo ma anche area di pascolo, dalla quale si innalzano caratteristiche formazioni rocciose immortalate in numerosi quadri di artisti attivi tra Otto e Novecento.
La maestosa figura al centro, per la quale posò la modella anticolana Camilla Curti, si erge a personificazione della fecondità, in aperto dialogo con il paesaggio brulicante di vita dei pannelli laterali. Il bambino nel suo braccio sinistro porta al collo una collana di corallo, secondo un’iconografia cara alla tradizione rinascimentale nella rappresentazione della Vergine con Bambino: si tratta di un simbolo legato alla valenza protettiva del monile che, secondo antiche credenze, allontanerebbe malattie e pericoli dalla gravidanza, estendendo il suo potere al neonato.
La donna indossa l’abito tradizionale e porta in testa la cosiddetta “cinciarella”: si tratta di un canovaccio arrotolato con la funzione di ammortizzare il peso delle conche piene d'acqua, delle cosiddette “scife” (vassoi di legno utilizzati per trasportare il pane), dei canestri carichi di prodotti della campagna o il pranzo – tradizionalmente composto da “cazzaregli”, la pasta locale, un pezzo di formaggio e un fiasco di vino – per gli uomini che lavoravano nella piana dei colli.
Partendo quindi da una scena di vita quotidiana, l’artista, particolarmente ispirato e con grande afflato lirico, realizza un’opera di forte valenza simbolica, in cui la fecondità è associata alla figura fiera e monumentale di una madre di campagna colta in un momento di intima tenerezza. Battaglia aveva già affrontato questo tema, facendo tra l’altro posare la stessa modella anticolana, nel quadro Le sorgenti presentato alla grande Esposizione Internazionale di Belle Arti di Roma nel 1911 (Fig. 1), in cui la donna, ancora una volta, diviene simbolo di una sorgente di vita che si rinnova di madre in figlio.
Manuel Carrera, Aprile 2016