Czerny’s: venticinque anni di eccellenza

Una casa d'aste che è un punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. Ripercorriamo insieme la sua storia.

Nel mondo delle aste, in poche possono vantare la stessa dedizione e competenza di Czerny’s. Fondata nel 1999, la casa d’aste ha costruito una reputazione solida come punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. In occasione del suo 25° anniversario, ripercorriamo le tappe salienti di questo straordinario successo che verrà celebrato anche con una importante asta il 20 e il 21 giugno a Sarzana.

Le Origini

Czerny’s nasce dall’iniziativa di un gruppo di esperti appassionati di armi antiche (tra cui Michael Czerny – attuale Amministratore Delegato, e Germano Mancioli noto oplologo e appassionato del settore), decisi a creare una piattaforma dedicata alla valorizzazione e alla commercializzazione di questi preziosi manufatti. Sin dai suoi inizi, la casa d’asta ha puntato sulla qualità, selezionando accuratamente ogni pezzo e fornendo ai clienti una garanzia di affidabilità e competenza.

Negli anni, Czerny’s ha gestito alcune delle aste più memorabili nel settore delle armi antiche.

Pugnale khanjar dell’India Moghul del XVIII Secolo (a sinistra) / Raro pendente dell’Ordine di San Stanislao del XIX Secolo (a destra)

Vogliamo citare fra i pezzi recentemente aggiudicati un notevole pugnale khanjar dell’India Moghul con impugnatura in giada e pietre dure, databile al XVIII Secolo, venduto per € 48.000 € (diritti d’asta inclusi), un raro pendente dell’Ordine di San Stanislao in oro e smalti del XIX Secolo aggiudicato per € 52.000 (diritti d’asta inclusi).

Una notevole armatura completa da uomo d’arme, di produzione italiana, del tardo XVI Secolo, venduta per € 62.000 (diritti d’asta inclusi) e per finire un eccezionale scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II, seconda metà del XVI Secolo, per i combattimenti a cavallo che si praticavano presso la corte di Spagna, venduto per € 274.000 (diritti inclusi).

I cataloghi di Czerny’s includono armi da fuoco antiche, armi bianche, armature e accessori militari, ognuno con una storia unica da raccontare e da sempre rappresentano un vero e proprio feticcio per i collezionisti di tutto il mondo.

Scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II (a sinistra) / Armatura completa di produzione italiana, del tardo XVI Secolo (a destra)

Per l’asta del suo 25° anniversario Czerny’s propone, oltre a una vasta collezione di armi del Vecchio West, una notevole selezione di copricapi militari, fra i quali una pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica, un rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I, che fu brevemente Re di Spagna (1871-1873), e uno straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II. Oltre a questi sono presenti foto d’epoca, dipinti e altri interessanti oggetti di militaria.

Pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica (a sinistra) / Rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I (al centro) / Straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II

Innovazione e Tradizione

Uno degli aspetti che contraddistingue Czerny’s è anche la capacità di coniugare tradizione e innovazione. La casa d’aste è stata una delle prime nel settore ad implementare servizi innovativi come cataloghi online, live-bidding dal suo portale web (ora anche tramite la app proprietaria per iphone e andorid) e aste a tempo permettendo così ai collezionisti di partecipare da ogni angolo del globo. Questo approccio moderno ha permesso a Czerny’s di ampliare la propria base di clienti, mantenendo al contempo l’attenzione per i dettagli e la cura artigianale che da sempre la caratterizzano.

Difatti un altro punto di eccellenza per Czerny’s è da sempre il reparto fotografico e editoriale, che garantisce immagini di alta qualità per ogni pezzo in vendita e la cura meticolosa nella presentazione dei cataloghi.

Per questo importante anniversario Czerny’s vuole celebrare non solo i propri successi, ma anche la comunità di collezionisti e appassionati che ha contribuito a costruire e della quale è orgogliosa di fare parte. Ogni asta è un punto di incontro per esperti e neofiti, un’opportunità per scambiare conoscenze e condividere la passione per l’oplologia e la storia militare.

La mission è sempre chiara e invariate nel tempo: promuovere la conoscenza e la conservazione delle armi antiche, offrendo al contempo un servizio di eccellenza.

Conclusione

Il 25° anniversario della Casa d’Asta di Armi Antiche Czernys è un traguardo significativo che riflette la passione, la dedizione e la competenza di un team che ha saputo trasformare una passione in una realtà di successo. Celebrando il passato e guardando con entusiasmo al futuro, Czerny’s continua a essere un faro nel mondo delle armi antiche, un luogo dove storia e arte si incontrano per creare qualcosa di davvero speciale.

> Scopri i cataloghi delle importanti aste che si terranno a Sarzana il 19-20-21 giugno

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta Sirani

I due dipinti della pittrice bolognese ottengono un importante record d'asta affermando il trend positivo per il settore dei dipinti antichi

I due capolavori, provenienti dalla collezione del letterato Malvasia e dichiarati di eccezionale interesse storico-artistico, rappresentano una rara testimonianza del talento dell’artista, che nonostante il brevissimo periodo di attività – morì forse avvelenata a soli 27 anni – fu una delle rare donne pittrici nel Seicento a conquistare un ruolo di assoluto rilievo, ottenendo fama e ricchezza pari a quelle dei suoi colleghi uomini.

Con una stima in catalogo di € 120.000-180.000, sono stati venduti in asta ieri 28 maggio, all’importante cifra di € 492.090. L’aggiudicazione è record price per l’artista e miglior risultato di sempre per il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Liberalità (a sinistra) e Allegoria dell’Onore (a destra)

I dipinti in catalogo facevano parte di una serie di sette opere, di analoghe misure e soggetti, documentate nell’inventario della collezione di Carlo Cesare Malvasia, celebre storiografo bolognese, autore della Felsina pittrice, Vite de’ pittori bolognesi, edita nel 1678.

Nell’inventario, redatto post mortem nel 1694, i dipinti sono descritti con cornice liscia tinta di berrettino, ovvero di rosso porpora:

“… un quadro, o sia ottangolo con cornice lissia, tinta di berrettino, con una figura che versa una cornucopia con fiori, et asta in mano […] Un quadro, o sia otangolo con cornice lissia tinta di berrettino, rapresenta una Dona meza figura che hà in mano un bacile di danari”.

Questo preciso riscontro documentario è molto utile perché ci permette anche di datare le eccezionali cornici che ancora oggi accompagnano le opere; nell’inventario di Cesare Alberto Malvasia, fratello ed erede di Carlo, redatto nel 1697, infatti le tele sono descritte entro cornici barocche intagliate: “con cornici a fogliami rilevati e dorati”. Si tratta evidentemente delle stesse che possiamo ammirare tuttora e che costituiscono quindi parte integrante e imprescindibile di questi capolavori.

Il passaggio della collezione Malvasia al successivo erede, Cornelio Gaetano, ne decretò la dispersione, poiché alla sua morte, nel 1718, l’intera quadreria fu smembrata e venduta a diversi collezionisti e mercanti europei.

I dipinti in asta ricomparvero sul mercato antiquario inglese, dove furono acquistati nel 1972 da un collezionista privato bolognese, nella collezione dei cui eredi si trovano tutt’oggi. Tutti i quadri della serie rappresentano figure allegoriche puntualmente derivate dall‘Iconologia di Cesare Ripa, testo a cui Elisabetta poteva facilmente attingere, essendo presente nella biblioteca del padre, Giovanni Andrea Sirani (Bologna 1610 – 1670), noto pittore allievo e collaboratore di Guido Reni.

Questi dipinti sono citati anche nel diario di lavoro della pittrice, la Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, all’anno 1657, data che infatti si legge sotto la firma nel quadro raffigurante l‘Allegoria della Liberalità. Fu proprio Malvasia a pubblicare, nel 1678, il testo di Elisabetta; e forse in quell’occasione il padre Giovanni Andrea donò allo storiografo le sette tele che costituivano la serie ispirata all‘Iconologia di Ripa.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Fama (a sinistra) e Allegoria della Virtù (a destra)

Come già anticipato, la serie fu smembrata e andò dispersa nel XVIII secolo. Oltre alle due qui presentate, se ne conoscono solo altre due, raffiguranti Allegoria della Virtù e Allegoria della Fama, anch’esse firmate e datate 1657. Già in collezione privata a Parigi, queste ultime furono acquistate nel 2010 da Altomani & Sons  e messe in vendita all’asta Sotheby’s a New York il 26 gennaio 2012 (lotto 51), dove rimasero invendute. Rientrate in Italia in regime di temporanea importazione, furono vendute ad un ignoto collezionista.

I due dipinti venduti in asta rappresentano quindi gli unici esemplari fruibili della serie, assumendo così un ruolo di eccezionale rarità e importanza non solo nella produzione pittorica di Elisabetta, ma anche quali testimonianza della storia del collezionismo e del gusto della Bologna barocca.

Tra il 1657 e il 1658, infatti, la Sirani elabora uno stile più maturo e personale, superando i modelli paterni, ancora fortemente legati alla maniera di Guido Reni. La serie delle Allegorie è un tassello importante nella carriera della pittrice, perché ne documenta l’esordio nella produzione di quadri da stanza, che dal 1660 saranno fonte di grande successo anche internazionale, come dimostrano le committenze di regnanti e diplomatici in Italia e in Europa. In quegli stessi anni Elisabetta inizia a rielaborare le novità introdotte da altri maestri, soprattutto Guercino, che sarà di grande ispirazione nella fase più matura dell’artista e il cui influsso è ben leggibile nel dipinto raffigurante Allegoria dell’Onore, qui presentato.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria dell’Onore

L’elaborazione dei diversi linguaggi figurativi che in quel periodo caratterizzano la produzione artistica bolognese ed emiliana, rende la pittrice parte attiva della trasmissione dei modi di Guido Reni, Simone Cantarini, Flaminio Torre e Guercino alle generazioni successive, da Gian Gioseffo del Sole a Donato Creti.In particolare, nei dipinti qui offerti, la Sirani, pur ispirandosi alle indicazioni iconografiche di Cesare Ripa, “inventa” le sue Allegorie cercando la sua cifra stilistica personale nella minuziosa e raffinata descrizione dei particolari: nella Liberalità la vaporosa grazia delle stoffe avvolgenti, le ricercate passamanerie decorate di perle, la sensualità dei capelli biondi sciolti sul candore della scollatura; nell‘Onore il paesaggio e il cielo, in cui nuvole di un grigio tempestoso lasciano intravedere un tramonto che si accende su uno scorcio di mare solcato da una vela solitaria. Anche i fiori nella cornucopia sono resi con una sensibilità descrittiva che denuncia una particolare attenzione al genere della natura morta.

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta emerge pienamente in queste due opere, facendoci rimpiangere gli altri capolavori che ella avrebbe potuto realizzare, se non fosse stata colpita da una morte così precoce. Nonostante il brevissimo periodo di attività, infatti, la Sirani fu una delle rarissime donne pittrici nel Seicento ad assurgere ad un ruolo di primo piano nel panorama artistico dell’epoca.

Con questa brillante vendita il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi di Finarte supera il 100% del valore delle riserve dell’asta, affermando il trend positivo già ottenuto nel 2023.

Report sul mercato dell’arte e dei beni da collezione

Il 9 maggio scorso Deloitte ha presentato la sua consueta analisi alla quale quest'anno ha partecipato anche il nuovo Amministratore Delegato di Finarte Alessandro Guerrini

Il mercato dell’arte nel 2023: ci potrebbe dare un commento di sintesi?

Il 2023 è stato un anno molto positivo per il Gruppo Finarte, che per la prima volta considera nel proprio perimetro anche Czerny’s – casa d’asta leader a livello internazionale nel settore delle armi antiche – acquisita nel novembre del 2022. Il Gruppo ha intermediato vendite per circa 35 milioni di euro (+25% rispetto all’anno precedente), realizzando il miglior risultato di sempre e consolidando la propria posizione nel mercato italiano. Abbiamo raccolto i frutti degli investimenti fatti in questi anni e capitalizzato la fiducia dei nostri clienti, sia mandanti che acquirenti. A crescere non è stato solo il numero degli affidamenti, ma anche la percentuale di venduto, la qualità e il valore medio dei beni che ci sono stati consegnati.

Quali sono i principali driver che hanno determinato l’assestamento del mercato dell’arte in Italia?

Il mercato dell’arte in Italia, nel 2023, ha effettivamente registrato una leggera flessione a livello aggregato, rispetto all’anno precedente, ma è opportuno rilevare come il 2022 sia stato un anno straordinario che ha beneficiato dell’effetto “rimbalzo”, dopo un biennio di emergenza sanitaria: pertanto il confronto del mero dato numerico va letto e interpretato con capacità critica. Al di là di questa considerazione, senz’altro l’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse hanno influenzato le vendite, ma – in un mercato di dimensioni limitate come quello italiano, sensibile alle piccole variazioni – i motivi della contrazione vanno ricercati anche nei risultati e nelle scelte strategiche di singoli operatori che – per ragioni naturalmente comprensibili e legittime – possono aver deciso (come di fatto è successo!) di ridurre il numero delle vendite o di delocalizzarle in altri paesi in cui operano. Non leggerei dunque l’assestamento del mercato italiano necessariamente come un trend ribassista.

Quali sono i dipartimenti che hanno avuto maggiore successo nel 2023? E quale profilo hanno e da dove vengono i collezionisti più attivi?

Quasi tutti i nostri dipartimenti hanno registrato una crescita significativa, a doppia cifra, nel corso del 2023. In valore assoluto Arte Moderna e Contemporanea, Gioielli e Orologi ancora una volta sono stati i dipartimenti trainanti, ma in termini percentuali a crescere maggiormente sono stati gli Old Masters e l’Arte del XIX Secolo. È proprio da quest’ultimo settore che viene il nostro top lot dell’anno, il Ritratto femminile di Angelica Kauffmann, battuto nell’asta del 19 ottobre. Se i mandanti sono ancora prevalentemente italiani, gli acquirenti, al contrario, sono in una quota sempre più consistente internazionali: Stati Uniti, Francia e Regno Unito sono i paesi da cui provengono il maggior numero di offerte. Sebbene con marcate differenze in base ai settori collezionistici, la parità di genere nel mercato dell’arte è, ahimè, ancora lontana: a partecipare alle aste sono infatti – in netta prevalenza – uomini, con un’età media superiore ai 55 anni. Cresce tuttavia un nuovo collezionismo, giovane e dinamico, attratto da beni con soglie di accesso contenute – come ad esempio la fotografia, il design o il vino da collezione – o con una forte valenza identitaria e di status symbol, come ad esempio gli orologi.

Quali prospettive vede in merito alla digitalizzazione e al mondo degli NFT, a livello internazionale e a livello italiano, anche in considerazione della crisi degli NFT e dell’introduzione per la prima volta in Italia di una normativa?

È naturalmente bene distinguere il fenomeno della digitalizzazione del mercato da quello della produzione di opere d’arte digitali, spesso impropriamente definite NFT.
La digitalizzazione del mercato è un fenomeno inarrestabile che ha avuto un forte impulso durante la pandemia ma che, anche successivamente ad essa, è rimasto ed è divenuto strutturale nel sistema. Finarte stessa, con grande spirito di resilienza, in una situazione così traumatica, ha saputo adattare il proprio business e ha fatto degli investimenti tecnologici un proprio driver di sviluppo. Continueremo ad investire in tal senso per allargare la nostra clientela verso paesi in cui diversamente non potremmo arrivare. Lo faremo però con la consapevolezza che i collezionisti, e più in generale il pubblico dell’arte, hanno anche il desiderio, più forte che mai, di vivere esperienze reali, a diretto contatto con le opere e con le persone. Non è un caso se, proprio quest’anno abbiamo voluto investire in questa direzione, tornando nella nostra sede storica di Piazzetta Bossi, a Milano, il luogo dove il mercato delle aste è nato nel 1959 e che vogliamo far diventare un luogo vivo di incontro e di scambio dedicato all’arte e al collezionismo.
Fenomeno ben diverso è quello delle opere digitali, che hanno conosciuto, come noto, un momento di grande e repentino successo di mercato, seguito da un crollo altrettanto verticale. Lo sgonfiamento della bolla speculativa – che ne aveva contraddistinto l’ascesa – ha determinato una dura selezione delle opere e degli artisti davvero meritevoli di attenzione, così come l’introduzione di una normativa specifica ha disciplinato un mercato fino a pochissimo tempo fa completamente deregolamentato e caratterizzato da pratiche opportunistiche, se non addirittura fraudolente. Alla luce di ciò, sono convinto che tali opere siano certamente destinate a rimanere – in quanto espressione della sensibilità attuale – ma che siano destinate a rappresentare solo una delle molteplici forme della creatività e della produzione artistica.

Qual è la sua prospettiva sull’andamento del mercato dell’arte in Italia, specialmente alla luce della Brexit e degli sforzi italiani per rilanciare il settore tramite una nuova legislazione che semplifica le procedure per la circolazione dei beni culturali e introduce una serie agevolazioni fiscali?

La Brexit ha avuto un effetto tutt’altro che trascurabile sugli equilibri del mercato dell’arte, spostando il baricentro del mercato europeo su Parigi: se tale spostamento è stata la logica conseguenza di una decisione presa oltremanica, è altrettanto chiaro come la Francia abbia saputo cogliere l’opportunità, creando le giuste condizioni per affermarsi come il paese di elezione del mercato, in ambito comunitario, mixando sapientemente attrattività fiscale, valorizzazione del sistema e marketing territoriale. Da questa esperienza ritengo che dovremmo trarre ispirazione: il modello è senz’altro replicabile e consentirebbe all’Italia di giocare un ruolo di maggiore rilievo e di non diventare, in prospettiva, solo mercato di approvvigionamento dei grandi player internazionali. Qualcosa, in tal senso, si sta finalmente muovendo: il dialogo fra gli attori del mercato e gli apparati governativi è ormai costante e l’auspicio è che le trattative in essere – in materia soprattutto di circolazione internazionale dei beni e di fiscalità – rendano finalmente il nostro paese più competitivo. Il Gruppo Apollo – di cui l’ANCA, Associazione Nazionale Case d’Asta fa parte – sta svolgendo in tal senso un lavoro meritorio, portando avanti con equilibrio e rigore, istanze ragionevoli, condivise e fortemente volute da tutti gli operatori del settore.

Ci può fare, inoltre, una breve panoramica sugli effetti dell’evoluzione del conflitto israelo-palestinese sulla domanda dei beni da collezione, nonché sull’offerta, parlando quindi della disponibilità dei collezionisti alla vendita? Le aste del 2023 sembrano avere avuto risultati in chiaroscuro.

Il conflitto israelo-palestinese è scoppiato nell’ultima parte dell’anno e, benché fosse ampiamente prevedibile, si è trasformato in una crisi internazionale solo successivamente. Considerata la fisiologica inerzia del mercato dell’arte, non ritengo che i risultati del 2023 siano stati influenzati più di tanto da questo conflitto. Senz’altro la situazione mediorientale contribuisce in modo significativo al quadro di instabilità geopolitica internazionale con cui invece il mercato si dovrà confrontare nel 2024: l’incertezza derivante dal conflitto israelo-palestinese – così come dalla situazione in Ucraina o dai venti di guerra a Taiwan – avranno certamente, a livello aggregato, impatti sul mercato dell’arte, ma ritengo che ad accusare maggiormente il colpo saranno le grandi piazze internazionali e la fascia più alta del mercato.

Guardando al mercato italiano, esistono particolari differenze rispetto ai trend del mercato internazionale?
Personalmente non rilevo particolari differenze fra i macro-trend del mercato internazionale e quelli del nostro mercato, a maggior ragione perché la digitalizzazione dei canali di vendita ha in gran parte abbattuto le frontiere geografiche e ha contribuito a generare e alimentare trend che possiamo definire a tutti gli effetti globali. Al netto delle propensioni verso determinati artisti o correnti, magari più affini alle specifiche culture e identità nazionali, le differenze sono principalmente in termini di volume delle vendite e di valore medio dei beni. Uno dei pochi elementi che rilevo nel mercato anglosassone e che non ritrovo, al contrario, in Italia – così come, peraltro, nel resto dell’Europa – è la contaminazione fra mercato primario e mercato secondario che, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, consente, ad esempio, ad artisti molto giovani di essere proposti e venduti in asta, talvolta anche senza essere rappresentati e sostenuti da gallerie di riferimento.

Quali sono le prospettive per il 2024, anche in considerazione dell’attuale contesto macro-economico?
Come detto in precedenza, ritengo che il contesto geopolitico rappresenti la principale minaccia per il mercato dell’arte nel 2024. Con questa premessa, esprimo però un cauto ottimismo: il mercato è solido e continua a rappresentare un sicuro baluardo per chi intende coltivare una passione collezionistica e al contempo diversificare il proprio patrimonio, investendo in beni reali. La raccolta di mandati in questi primi mesi dell’anno ce lo sta confermando!

Un altro successo per l’asta dedicata alla fotografia

Il dipartimento centra un nuovo primato italiano raggiungendo quasi mezzo milione con un'unica asta e fa segnare anche record italiani di aggiudicazione per Robert Mapplethorpe, Erwin Olaf e Riccardo Moncalvo

Dopo l’ottimo risultato ottenuto nel primo appuntamento del 2024 dedicato all’asta tematica Unveiled Beauty, il dipartimento di Fotografia centra il secondo trionfo dell’anno totalizzando un venduto che si assesta a € 460.000 € superando il risultato record per un’asta di fotografia in Italia ottenuto lo scorso anno.

Il successo è attestato anche dai numeri in percentuale con il 70% dei lotti venduti e il 98% sul totale delle riserve; in poco più di un mese il dipartimento con due vendite sfiora € 600.000 di fatturato.  

AUTORI VARI – Viaggio in Italia, 1984

L’asta, già dinamica fin nei giorni dell’esposizione, è stata vivace dal primo lotto, il fotolibro Viaggio in Italia, con la partecipazione sia in sala che ai telefoni e alle piattaforme, che con una base d’asta di 800 € è stato aggiudicato a € 3.100. Nelle prime battute dell’asta gli autori italiani sono i veri protagonisti: tutti aggiudicati i lavori di Gabriele Basilico Dunkerque e Beirut, venduti a € 6.400 ciascuno; di Franco Fontana ben 14 opere su 16 trovano un nuovo acquirente, mentre di Luigi Ghirri si segnalano il raro cibachrome opaco Ravenna al lotto 43 (venduto a € 10.200) e i più iconici Parigi e Reggio Emilia, venduti rispettivamente a € 8.900 e € 7.700. 

GABRIELE BASILICO – Dunkerque, 1985

Sorprendenti anche i risultati degli autori stranieri, con la fotografia americana vera protagonista: dopo una gara frizzante tra telefoni e piattaforme Rebecca and Janet di Nan Goldin viene aggiudicata a € 15.200 (da una stima di partenza di € 4.000 – 6.000); Gregory Crewdson, Production Still, sulla scia degli ultimi ottimi risultati precedenti di Finarte, raggiunge i € 6.400; Thomas in The Circle di Robert Mapplethorpe, vero top lot dell’asta, si assesta poco sopra la stima massima, a € 35.400. Per l’autore americano si tratta del record italiano: mai una sua opera era stata venduta nel nostro paese a tale cifra. Record italiano anche per Erwin Olaf, con Fashion Victim venduta a € 7.700.

ROBERT MAPPLETHORPE – Thomas in a Circle, 1987

Benissimo anche la fotografia tedesca, con le tre opere di autori della scuola di Dusseldorf tutte aggiudicate. La Defense di Gursky in particolare va oltre il doppio della partenza assestandosi a € 12.700.  Anche gli autori francesi e quelli vicini alla corrente del Surrealismo raggiungono ottime cifre, da Florence Henri a Brassai, da Funke a Man Ray, con Ostrich Egg aggiudicata a 5.800 €. 

ANDREAS GURSKY – La Défense, Panorama, 1987

Tornando agli autori italiani sono molti quelli che fanno nientemeno che sold out: Ferdinando Scianna, Paolo Monti, Fulvio Roiter, Maurizio Galimberti, e, soprattutto Riccardo Moncalvo: Il Muro è il record assoluto per l’autore torinese e l’aggiudicazione finale è di € 2.800. 

Moncalvo e molti altri autori italiani e internazionali saranno presenti nel prossimo appuntamento con la fotografia da Finarte, previsto per lunedì 17 e martedì 18 giugno. Verranno presentati all’incanto lavori con una partenza d’asta inferiore ai 1.000 euro, nell’ormai tradizionale appuntamento Fotografia: Under 1K

Il ritrovato interesse per la figurazione

Ottimo risultato per la prima asta dell'anno di Arte Figurativa tra XIX e XX secolo di Finarte che, oltre alla sua sede storica, ha ritrovato anche un mercato che storicamente le appartiene

Che ci fosse un ritrovato interesse per la figurazione, lo si era percepito anche dal mercato del moderno, sempre più attento alle istanze della così detta retroguardia, ma che tutto ciò potesse sfociare in un’asta di grande entusiasmo e partecipazione, davvero ci permette di affermare che per l’Otto-Novecento entriamo in una nuova stagione di mercato.


Oltre ai risultati più prevedibili, come il magnifico pastello di Federico Zandomeneghi (€ 61.830) o lo scorcio veneziano di Rubens Santoro (€ 35.370), è tornato a brillare l’astro di Giovanni Carnovali detto Il Piccio, autentico e puro genio del nostro romanticismo, con un raro quanto straordinario paesaggio (€ 94.590).

GIOVANNI CARNOVALI, DETTO IL PICCIO – Panorama fluviale con la Sacra Famiglia (lungo l’Adda), 1859


Hanno fatto poi segnare cifre ragguardevoli pittori di prima fascia, come Guglielmo Ciardi e il suo dolomitico dipinto raffigurante Cimon della Pala (€ 20.250), Pietro Ronzoni (€ 12.060) o Giacomo Trecourt (€ 20.250), ma anche comprimari che da tempo non registravano performance così impattanti: Francesco Vinea e le sue ammalianti Fumatrici (€ 22.360), Giovanni Sottocornola e l’iconico pastello Ritratto di ragazza (€ 11.430), passando per Arturo Rietti sempre per rimanere sui pastellisti (€ 7.020), e le Venezie meno scontate di Gennaro Favai o Italico Brass (€ 4.288 e € 3.612).

ARTURO RIETTI – Ritratto di Nella Doria Cambon


Dimenticato dal mercato, Romano Valori – record price per l’artista (€ 9.120) – ha idealmente suggellato questa prima asta di Finarte nella ritrovata via Bossi: la maison non ha ritrovato quindi solo la sua sede storica, ma un mercato che storicamente le appartiene.

ROMANO VALORI – Pensosa, 1911

Il Dipartimento di Arte figurativa tra XIX e XX Secolo sta già selezionando quadri e opere d’arte risalenti al periodo compreso tra primi anni del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. Tra i lotti in asta si enumerano sculture in terracottamarmo o bronzo, e opere d’arte esemplari delle diverse tecniche pittoriche, dal disegno all’acquarello, all’olio su tela, selezionate e raccolte meticolosamente.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti

Un nuovo codice ritrovato della Commedia

Un nuovo significativo manoscritto si aggiunge alla tradizione della Commedia dantesca: un codice eccezionale rilegato modernamente in marocchino naturale, contenente il poema nella sua forma quasi integrale

Manoscritto cartaceo della Commedia, comprendente in fine il Capitolo attribuito a Pietro Alighieri e il Capitolo di Busone Raffaelli da Gubbio, per complessive 93 carte su 94 (manca la carta 25 comprendente i versi 34-139 del Canto XXIX e i versi 1-57 del Canto XXX), disposto su due colonne, 42 righe per pagina, misure 40 x 27 cm.

La scrittura appare nell’insieme di una sola mano, databile tra la fine del XIV secolo e i primi due decenni del XV. Elegante e raffinata la disposizione del testo con rubriche in rosso. Il codice, scritto in Italia, presenta caratteristiche fiorentine.

Appartiene con ragionevole certezza alla famiglia dei codici danteschi definita “gruppo dei Cento”, distinta dai codici Strozziani e dalla sezione dei codici derivati dal Vaticano. Il codice presenta tuttavia non poche originali caratteristiche, che il raffronto testuale con altri della stessa famiglia rende via via più evidenti (ma la ricerca è ancora in fieri); sarà assolutamente necessario uno studio più approfondito dei suoi rapporti con l’intera tradizione, anche alla luce delle recenti acquisizioni ecdotiche emerse dalle recenti edizioni critiche di Giorgio Inglese (Carocci, 2016) e di Paolo Trovato (Libreria Universitaria, 2022).

Dal punto di vista linguistico, una prima ispezione consente di confermare l’ipotesi che il codice sia di mano colta toscana, come è testimoniato dal comportamento delle vocali “o”  ed “e” toniche (dittongate e talora risolte nel monottongo) dal comportamento delle consonanti doppie (perlopiù conservate), dal comportamento delle palatali (sempre conservate, “c”, “g”, “sci” etc.) dalla scrittura della palatale “l” (=lli), etc. Ottimo stato di conservazione, legatura moderna in pieno marocchino naturale.

Codici interi della Commedia non compaiono sul mercato antiquario da decenni; negli ultimi anni si segnalano aggiudicazioni internazionali di singole carte presso Christie’s e Sotheby’s, spesso utilizzate come fogli di rinforzo in legature. L’eccezionalità del ritrovamento è data da almeno tre aspetti: per l’altezza cronologica del manoscritto (fine XIV-Inizi XV secocolo); per la sua completezza quasi assoluta; per il suo stato di conservazione.

Ogni nuovo testimone – si sa – può recare lezioni che modificano il testo tràdito, per cui anche questo manoscritto accuratamente collazionato con il testo critico della Commedia potrebbe di certo riservare importanti sorprese.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti del Dipartimento di Libri, Autografi e Stampe.

I top lot di Finarte del 2023 del settore Arte

Quest'anno due opere a pari merito si sono contese il primato nella classifica dei lotti più importanti venduti in asta

La prima opera arriva dal catalogo dell’asta di Arte Moderna e Contemporanea del 9 novembre Rain di Jean Fautrier venduta in asta a € 248.090. Alla stessa cifra si posiziona anche un’opera dell’asta di Arte Figurativa tra XIX e XX Secolo, un ritratto ritrovato di Angelica Kauffmann del 1804.

Jean Fautrier Rain, 1959 / Angelica Kauffmann Ritratto femminile, 1804

Importante anche il risultato per Antonio Ligabue che si posiziona al secondo posto con ben due opere, l’autoritratto del 1960 e Gatto con topo venduti a € 223.690. Un momento di grande ritorno per uno dei più importanti artisti Naïf del XX secolo.

Un ottimo risultato anche per il Dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi che nel 2023 vede una crescita del 20% sull’aggiudicato superando abbondantemente il milione di venduto e si fa notare anche per due importanti aggiudicazioni: Diogene e Alessandro Magno di Giovanni Battista Langetti e il fantastico dipinto di Jan Soens Autoritratto del pittore con i due figli (opera aggiudicata agli Uffizi ed esposta all’interno del Museo della collezione Autoritratti inaugurata lo scorso 10 luglio).

Giovanni Battista Langetti Diogene e Alessandro Magno / Jan Soens Autoritratto del pittore con i due figli

Miglior risultato di sempre per il Dipartimento di Fotografia di Finarte con € 1.250.000 di venduto nel 2023, record italiano per le aste del settore. Il top lot è stato un lavoro di 33 stampe di Luigi Ghirri, Modena, dalla serie ‘KM 0,250’ venduto in asta a € 37.890. Risultati eccellenti anche per gli autori internazionali come Cindy Sherman, Peter Beard e Gregory Crewdson che ha segnato anche il suo record italiano.

Luigi Ghirri Modena, dalla serie ‘KM 0,250’ (dettaglio), 1973 /

Importanti risultati si sono visti anche per il Dipartimento di Fumetti e Tavole Originali con l’aggiudicazione di La telefonata di Hugo Pratt del 1965 per € 31.200 che raggiunge cosi la tavola di Erik Larsen Spider-Man – Revenge of the Sinister Six aggiudicata nel 2021 alla stessa cifra.

Tutti i Dipartimenti dei settori dell’arte hanno visto una forte crescita nel 2023 in termini di risultati confermando il trend positivo con vendite che ci mostrano come i collezionisti rispondano sempre con partecipazione alla qualità delle opere e alla loro storicizzazione. Oltre ai maestri stranieri di livello internazionale, la nostra proposta rimane aperta alla ricerca della storia e dell’espressività, cercando di valorizzare il nostro patrimonio artistico culturale e aprendoci a collezionisti e investitori sempre interessati e stimolanti.

Finarte da gennaio torna in Piazzetta Bossi

Dopo dieci anni dal suo rilancio Finarte riaprirà le porte della sua storica sede di Piazzetta Bossi

Il 15 gennaio Finarte tornerà nella sede di Piazzetta Bossi, luogo che dal 1969 al 2010 è stato l’iconica casa del marchio. La notizia è stata accolta con grande entusiasmo da parte dei nostri clienti, collezionisti e appassionati d’arte, che hanno sempre associato questo luogo a momenti indimenticabili e lo ricordano come palcoscenico di aste straordinarie e incontri culturali significativi.

Con la riapertura di Piazzetta Bossi, Finarte intende continuare a consolidare la sua posizione come leader delle aste in Italia e mira a rafforzare la sua presenza nel panorama artistico internazionale, offrendo un nuovo spazio iconico e di valore per la vendita di opere d’arte, gioielli e oggetti di pregio.

L’apertura delle porte di Piazzetta Bossi segna un nuovo capitolo nella storia di Finarte, promettendo un futuro ricco di appassionanti aste e scoperte artistiche nella cornice suggestiva e storica che ha fatto la storia della casa d’aste.

Chiusura uffici

Consulta le date di chiusura del periodo festivo

I nostri uffici di Milano rimarranno chiusi per le festività dal 30 dicembre al 14 gennaio e riapriranno il 15 gennaio nella nuova sede di Piazzetta Bossi in Via dei Bossi 2.

I nostri uffici di Roma invece rimarranno chiusi dal 27 dicembre e riapriranno lunedì 8 gennaio.

Dante, questo sconosciuto

Forse non tutti sanno (o non lo ricordano) che Dante Alighieri non ha scritto solo la famosa Commedia.

Dante oltre ad essere il grande poeta assoluto che tutti conosciamo, fu anche uno straordinario filosofo, politico, linguista, addirittura pre-scienziato. La sua produzione spazia tra generi diversi, alcuni letteralmente ideati da lui o da lui letteralmente rivoluzionati, in un’epoca in cui pensiero e scrittura ancora dovevano trovare forme nuove ed adatte ad esprimere la modernità. Perché la Firenze del Trecento era davvero una metropoli moderna, attiva, vivace intellettualmente. Un faro di civiltà dove Dante nacque, visse e si formò. E in quell’humus produsse i suoi capolavori: usiamo il plurale perché non solo la Commedia, ma anche altre sue opere hanno segnato la storia e lo sviluppo del pensiero occidentale.

DANTE ALIGHIERI Convivio, 1490

Pensiamo al Convivio (lotto 1 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Già dal titolo è chiaro lo scopo dell’opera: si tratta di proporre un “banchetto” dove ognuno si ciba di ciò che più gli piace e i piatti sono assaggi della sapienza – le canzoni – accompagnati dal pane, ossia dal commento in prosa. Il tutto espresso in lingua volgare, in quella lingua destinata al grande pubblico che ignorava il latino ma che non per questo non desiderava di attingere alla conoscenza.

Come dichiara nelle righe iniziali, “tutti gli huomini naturalmente desiderano di sapere” ma sono da diverse ragioni impediti. Un Dante magnanimo e democratico cerca in questo modo di offrire ai suoi lettori il pane degli angeli: “O beati quelli pochi che seggono a quella mensa: dove il pane degli angeli si mangia et miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo…”. Opera del Dante più maturo, scritta agli inizi del Trecento forse al Bologna, il Convivio ha molto in comune con opere precedenti quale la Vita Nova, ma da questa si distacca perché sostituisce all’amore per una donna, l’amore per il sapere. Da Beatrice insomma alla “donna gentile” simbolo della Filosofia. E il trattato, un prosimetro come la Vita Nova (cioè un testo misto di versi e prosa), racchiude come in una grande summa medievale tutti i temi del tempo: cosmologia, metafisica, politica e tanto altro.

DANTE ALIGHIERI, BOCCACCIO, GIOVANNI Vita Nuova – Origine, vita, studi e costumi del chiarissimo Dante Allighieri…fatta, e compilata dall’inclito m. Giouanni Boccaccio, 1576

Ho menzionato la Vita Nova, l’altro celebre prosimetro in questo caso giovanile di Dante, la cui prima edizione uscirà tardi nel Cinquecento (lotto 10 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe). Opera giovanile composta di 31 liriche, scelte fra quelle scritte fra il 1283 e il 1295 e collegate da un commento in prosa che presenta le ragioni delle poesie, sia interne che esterne, viste come un discorso unitario, svolto nella continuità progressiva di una storia poetica e spirituale. Dall’amore disinteressato per Beatrice, creatura venuta “di cielo in terra a miracol mostrare”, fino ad una radicale “renovatio” della vita spirituale del poeta che lo indurrà a produrre rime nuove, intrise di un più profondo intelletto d’amore. Opera di non facile comprensione perché fortemente allusiva, ma proprio per questo sempre affascinante e stimolante. Un’opera che dialoga con tutta la coeva produzione poetica toscana, degli amici Cavalcanti, Guinizelli, Guittone etc., per inserirsi in un filone poetico da cui però immediatamente staccarsi verso nuovi obiettivi, che condurranno alla Commedia.

DANTE ALIGHIERI Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di m. Cino & di m. Girardo Nouello, 1518

Le rime di Dante sono da subito circolate manoscritte e, in modo disorganico, in varie raccolte a stampa. Una di queste porta il titolo Canzoni di Dante. Madrigali del detto. Madrigali di M.Cino e di M.Girardo Novello. Una raccolta rara e preziosa stampata a Milano nel 1518 (lotto 12 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), per celebrare per la prima volta “Dante come poeta lirico in maniera indipendente rispetto alla Commedia”. È esistita dunque una fama solida e consolidata anche del Dante minore, soprattutto lirico, tramandata da raccolte come queste. Si tratta di un’edizione chiaramente popolare, per tipo di formato, impaginazione, carattere adottato. Una raccolta di rime destinata al grande pubblico del volgare, attirato dal nome già ampiamente famoso, ma anche da una produzione che si proponeva in alternativa al modello Petrarca. Insomma, al Dante delle terzine della Commedia si sovrapponeva un Dante “innamorato”, autore di liriche che potevano ben circolare a fianco dei versi immortali della Commedia per essere lette a sé stanti, imparate a memoria, gustate per una certa immediata fruibilità.

Ma insieme al Dante lirico, agli inizi del Cinquecento la stampa scopre anche altre opere dantesche, strategiche nel panorama culturale italiano. Nel 1529 un intellettuale vicentino, Gian Giorgio Trissino, decide di offrire al grande pubblico del volgare la prima traduzione del De Vulgari Eloquentia (lotto 11 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), il trattato di Dante sulla lingua. Scritto in latino e pubblicato nella sua veste originaria la prima volta solo nel 1577, quando Trissino decise di darne una traduzione in volgare nel 1529 sarà per una precisa ragione strategica: erano gli anni in cui si discuteva in Italia quale forma dovesse assumere la lingua italiana, a quali modelli ispirarsi tra i vari dialetti parlati, e l’opinione di Dante in materia era davvero preziosa e importante. Una nazione ancora inesistente (l’Italia del Cinquecento era un coacervo di Stati e staterelli in perenne lotta tra loro) cercava però di darsi prima ancora di un’unità politica (che sarebbe giunta oltre tre secoli dopo!), un’unità linguistica. Una lingua comune da tutti compresa e scritta, prima ancora che parlata. La traduzione di Trissino del 1529 serviva a fornire un ulteriore spunto al dibattito linguistico, che non era dibattito tra addetti ai lavori ma discussione viva, sentita a più livelli, perché una nazione si riconosce innanzi tutto da una lingua comune e l’Italia in questo fu nazione letteraria molto prima che politica.

DANTE ALIGHIERI, ALCIATI, ANDREA De formula romani Imperi – De Monarchia, 1559

E di politica Dante se ne intendeva, come dimostra non solo il significato intrinsecamente politico sotteso alla Commedia, ma soprattutto il suo Monarchia (lotto 26 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), un trattato in tre libri di argomento politico, scritto da Dante in lingua latina. Composto con l’intento di difendere i diritti dell’Impero contro le pretese della Chiesa e l’ostilità dei guelfi, puntava a dimostrare – a coloro che volevano la distruzione dell’Impero – che esso era necessario per la felicità del genere umano; in secondo luogo opponeva a coloro che indebitamente aspiravano a sostituirsi all’imperatore, che soltanto il romano Impero era tale di diritto, perché voluto dalla divina Provvidenza; e finalmente, contro la dottrina ierocratica che riservava alla Chiesa il diritto di ratificare con la “confirmatio” la scelta degli elettori, conferendo legalmente all’eletto la corona di rex Romanorum e il diritto di amministrare l’Impero, Dante sostiene che l’imperatore riceve la sua autorità direttamente da Dio, e non dalle mani del pontefice. Una visione moderna, in linea con il suo pensiero politico, volta a sottolineare la divisione tra i poteri, tra Impero e Chiesa, tra potere divino e umano. Una posizione che però, forse in pochi lo sanno, causò a Dante l’accusa di eresia. Nel 1327 Bertrando del Poggetto, nominato cardinale e legato pontificio nell’Italia centrale da suo zio e protettore, il papa avignonese Giovanni XXII, avrebbe voluto dare pubblicamente alle fiamme le ossa di Dante, riuscendo però nel 1329 a far bruciare sul rogo a Bologna il suo trattato politico, la Monarchia, accusata di eresia. Damnatio proseguita nei secoli successivi, sia con la proibizione della Divina Commedia, poi messa dall’Inquisizione nell’Index librorum expurgantorum del 1613 (se ne poteva consultare una breve versione espurgata, cioè orribilmente censurata e mutilata), sia con la condanna ufficiale della Monarchia, relegata nel primo Index librorum prohibitorum del 1559, e lì confinata fino a quando l’Index fu finalmente soppresso, nel 1966, dopo oltre 4 secoli. E dunque il pensiero politico di Dante non fu mai ortodosso alla Chiesa, perché il sommo poeta fu storicamente il primo teorico occidentale della separazione tra politica e religione. E la Commedia e altri suoi scritti pullulano di feroci invettive antiecclesiastiche e antipapali.

DANTE ALIGHIERI Questio florulenta ac perutilis de duobus elementis aquae & terrae tractans […], 1508

Pochi forse sanno, infine, che Dante fu autore anche di un trattato pseudo-scientifico di natura Fisica, impostato secondo il modello medievale della “quaestio”, ovvero si pone una domanda e si cerca razionalmente di sviscerare il problema, argomentando con ragioni e dimostrazioni. Il metodo è scientifico ma le basi fisiche su cui si fonda ovviamente risentono della visione del mondo tutta medievale di Dante. Ma quel che conta è la forza argomentativa, non solo retorica, posta in essere da Dante nella sua Quaestio de aqua et terra (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe).

“Cardine del modello cosmologico accettato dall’autore della Quaestio è l’identificazione del centro della Terra con il centro dell’universo. Intorno al centro si dispongono ordinatamente le sfere degli elementi terra, acqua, aria e fuoco che compongono il mondo sublunare. L’acqua sarebbe perciò esterna alla terra, o in altre parole dovrebbe ricoprirla uniformemente: ma poiché questo non avviene la questione è se la terra emersa, cioè la parte abitabile del globo, possa essere più alta (o più ‛ esterna ‘) rispetto alla superficie dell’acqua – e in tal caso occorre giustificare, individuandone la causa finale e la causa efficiente, l’infrazione delle premesse teoretiche; ovvero se l’acqua rimanga più alta – e in tal caso è necessario demolire o almeno reinterpretare ciò che l’esperienza dei sensi manifesta in contrario. L’autore della Quaestio si attiene alla prima soluzione, impegnandosi perciò a controbattere gli argomenti addotti a favore della seconda tesi nella discussione avvenuta a Mantova: e si osservi fin d’ora che altre tesi riconducibili a principi cosmologici differenti (per esempio che terra e acqua formino un’unica sfera di cui l’acqua occupa le cavità) rimangono assolutamente eterogenee rispetto all’ambito entro il quale si affrontano le tesi contemplate nell’operetta”. (Treccani on line, sub vocis).  

BOCCACCIO, GIOVANNI Vita di Dante Alighieri poeta fiorentino, composta per messer Giouanni Boccaccio, 1544

Un Dante dunque che non finisce di stupirci anche oltre la Commedia, e questo anche i suoi contemporanei l’avevano ben capito: si veda la celebre Vita di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio (lotto 13 della prossima asta di Libri, Autografi e Stampe), dove uno dei suoi più ammiratori ne traccia una biografia fedele, puntuale ma anche entusiasticamente ammirata. E questa profonda ammirazione per il multiforme ingegno dantesco, nei secoli, non si è mai affievolita.

Tutti questi libri verranno battuti in asta il 15 dicembre e li trovate all’interno del catalogo di Libri, Autografi e Stampe.