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Francesco Diofebi
(Narni 1781 - Roma 1851)
Veduta interna della chiesa inferiore della Basilica di San Francesco ad Assisi, 1825 circa
Stima
€ 2.000 - 3.000
Lotto venduto
€ 9.510
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Informazioni
cm 64 x 51
Esposizione
Bibliografia
L. Moreschini, Francesco Diofebi (1781-1851). Un pittore a Roma nella comunità artistica internazionale, Roma 2012, p. 42 fig. 30, 44, 118.
Presentata nel 2006 da Maria Teresa Caracciolo e Bruno Mantura nella mostra Arte in Umbria nell'Ottocento come opera di pittore anonimo vicino a François-Marius Granet, la tela, non firmata, è stata successivamente da Laura Moreschini attribuita a Francesco Diofebi. Raffigurante una funzione religiosa all'interno della cappella di Sant'Antonio da Padova nella chiesa inferiore della basilica assisiate, il dipinto presenta infatti tutte le caratteristiche riscontrabili nella produzione dell'artista umbro.
Giunto a Roma nel 1800, Diofebi si forma nel clima del neoclassicismo capitolino tra lo studio di Vincenzo Ferreri, quello di Gaspare Landi e, successivamente, quello di Vincenzo Camuccini. Sin da subito, tuttavia, si orienta non in direzione della pittura di storia ma verso il folklore locale, gli interni di dimore private e gli interni di chiese con scene di devozione, soggetti questi molto richiesti soprattutto dagli aristocratici stranieri in visita a Roma. Nella raffigurazione degli interni di luoghi sacri il suo referente principale è François-Marius Granet con i due dipinti realizzati nel 1821 dedicati alla basilica inferiore di Assisi - uno conservato al Museo Granet di Aix-en-Provence e l'altro, di maggiori dimensioni, al Louvre dopo essere stato esposto con successo al Salon del 1822 - che Diofebi potrebbe aver visto nello studio romano dell'artista. Le opere di Granet, il quale aveva basato la sua popolarità soprattutto su interni di chiese e chiostri, in cui il ricordo dei maestri del Seicento olandese si combinava con la sensibilità romantica verso le architetture medievali, l'arte dei primitivi, l'espressione dei sentimenti religiosi, avevano avuto anche in Italia molta risonanza, generando una rinnovata attenzione per la basilica francescana. Sulla falsariga delle opere di Granet, in questa veduta Diofebi organizza la scena su più piani prospettici seguendo un asse focale centrale, con l'aprirsi della cappella di Sant'Antonio nei vani retrostanti della navata destra fino all'altare della parete di fondo, secondo uno schema che si ritrova ad esempio anche nell'Interno della basilica di San Lorenzo fuori le mura (1943, Philadelphia, Collezione Levinsohon). Peculiare di Diofebi è poi l'attenzione con cui è resa la struttura gotica e la decorazione interna, la tavolozza impostata sui toni chiari, nonché la sintetica definizione delle figure, che, come in Granet, appaiono piccole rispetto al vasto amplificarsi della navata. Tipico dell'artista è inoltre il gioco delle luci e delle ombre a definire il susseguirsi degli spazi, con il fascio di luce naturale che entra da sinistra, accende i ceri e la veste dell'officiante e inonda gli affreschi della parete di fronte, e, infine, la scelta di raffigurare un aspetto secondario dell'edificio sacro: non quindi gli affreschi di Giotto, bensì, in controtendenza al gusto neoclassico e purista del tempo, la decorazione secentesca di Cesare Sermei (ben riconoscibile, nella parete di fronte, è l'affresco raffigurante il Miracolo della mula).