Ringraziamo la professoressa Raffaella Morselli per aver suggerito l’attribuzione, dopo aver visionato l'opera dal vivo.
Seconda la studiosa, il dipinto costituisce una bellissima ed inedita prova che va ad arricchire il corpus di Giovan Giacomo Sementi, stretto collaboratore di Guido Reni durante il suo soggiorno romano. Le influenze reniane emergono chiaramente nella figura della santa che recupera alcuni celebri modelli del maestro, per esempio quello della Santa Cecilia commissionata dal cardinal Paolo Emilio Sfondrati, passata nella collezione del cardinal Scipione Caffarelli-Borghese e che oggi è conservata al Norton Simon Museum (inv. F.1973.23.P). Guarda a questa composizione un’altra opera di Sementi del periodo bolognese, il Martirio di Santa Vittoria (Milano, Pinacoteca di Brera) che, nella figura della martire, offre un termine di confronto con la Santa Cecilia in esame. Era prassi per gli artisti operanti nella bottega di Reni non solo affiancare e sostituire il maestro ma anche produrre fedeli versioni delle sue composizioni più fortunate, esercizio dovuto all’esigente richiesta dei numerosi collezionisti (M. Francucci, Giovanni Giacomo Sementi, tra Bologna e Roma, in “Paragone”, anno LXVI, 123-124, settembre-novembre 2015, pp. 21-22).
A seguito del trasferimento del pittore a Roma nel 1624, la matrice bolognese viene liberamente reinterpretata con elementi di influenza romana, permettendo a Sementi di raggiungere alti esiti “in cui la perfezione ideale del mondo reniano si contamina con suggestioni naturaliste, avvalendosi comunque di colori sgargianti e giungendo a forgiare un nuovo accattivante immaginario” (M. Francucci, op. cit., p. 27, sul periodo romano del pittore, cfr. G. Serafinelli, L’ultimo soggiorno romano di Giovan Giacomo Sementi, collaboratore di Guido Reni: alcune novità e una conferma documentaria sulla sua data di morte, in "Valori tattili", 2015, n. 5-6, p. 300).
La prof.ssa Morselli suggerisce, in particolare, un confronto con altre due opere eseguite da Sementi a Roma: l’Allegoria della Vanità (Torino, Galleria Sabauda) e la Flora (Modena, collezione bancaria).