Stima
€ 3.000 - 5.000
Lotto venduto
€ 10.770
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Informazioni
cm 62 x 53
Provenienza
Bibliografia
Il dipinto è apparso sul mercato antiquario romano nel 1988 con giusta attribuzione a Forabosco.
È stato pubblicato da Massimo Pulini (Il racconto malinconico di Girolamo Forabosco, in "Arte Documento", 23, 2007, pp. 163 fig. 4, 169 nota 3) che ne conferma l’attribuzione e il soggetto allegorico, ponendo l’opera a confronto con un’altra versione di dimensioni più ridotte (cm 32,5 x 40,5) già sul mercato antiquario londinese (Sotheby’s, Londra, 16 aprile 2002, lotto 338,come scuola fiorentina), istituendo inoltre un confronto con la Maddalena già Milano collezione Luigi Koelliker.
Dichiarando di non aver visionato l’opera in oggetto, giudicata quindi in una ben modesta riproduzione, nella sua recente monografia Chiara Marin (Girolamo Forabosco, Sommacampagna Verona, 2015, pp. 165, cat. 34 fig. 44; 303 cat. A26 fig. 150) esprime un’attribuzione dubitativa, e non si avvede della presenza del bocciolo di rosa in mano alla protagonista e delle rose tra i capelli a confermare il preciso carattere allegorico di questo ritratto. La studiosa propone in alternativa un accostamento a Marco Liberi, per cui cita Amore che benda una giovane del Museo Civico di Padova e la Santa Apollonia della collezione Schönborn di Pommesfelden (U. Ruggeri, Pietro e Marco Liberi pittori nella Venezia del Seicento, Rimini 1996, pp. 293 fig. M 29, 297 fig. M 37). Nel contempo Marin riconosce la piena autografia di Forabosco della versione apparsa a Londra nel 2002, con una datazione al 1646-1648, appoggiata a quella del Sant’Antonio della Sacrestia dei Prebendati del Duomo di Padova (per il quale cfr. G. Fossaluzza, I dipinti della cattedrale di Padova del Sei e Settecento: osservazioni, proposte e ipotesi, in La cattedrale di Padova: archeologia, storia, arte, architettura, Roma 2016, pp. 423-427, fig. 67, con anticipazione ai primi anni Trenta).
L’esame diretto del dipinto, a giudizio di chi scrive, consente di fugare ogni dubbio circa l’autografia. All’opposto, si conferma trattarsi di un dipinto pienamente autografo di Girolamo Forabosco e opera significativa del suo catalogo per invenzione, qualità stilistica e conservazione che risulta più che buona. In mancanza di un’adeguata documentazione, invece, non si può dire altrettanto per la versione già a Londra nel 2002, comunque autografa e da non disgiungere quanto a cronologia al dipinto qui presentato. Pertanto si conferma pienamente l’appartenenza di questo dipinto a Forabosco, con datazione alla seconda metà degli anni Cinquanta, facendo riferimento alle pale della chiesa di San Nicola da Tolentino di Venezia. L’opera assume importanza anche perché sta fra i primi esempi di quel genere che caratterizza questa fase l’arte di Forabosco, quando in modo affatto personale sa trasporre l’analisi ritrattistica e psicologica in una dimensione allegorica, nella quale trova spazio una misurata e attraente sensualità.
Convergono in un linguaggio perfettamente coerente e maturo i molti riferimenti formali del percorso di Forabosco, il neotizianismo di base appreso dal Padovanino, un virtuosismo cromatico alla Liberi che si avverte specie nella qualificazione come marezzata del fondo e dei capelli; nella sofisticatezza espressiva si avverte un’assonanza con l’opera di Cagnacci presente a Venezia, mentre un'influenza di Bernardo Strozzi si coglie nella struttura plastica.