Manoscritto cartaceo di 62 cc., 285 x 210 mm., datato e sottoscritto in fine 2 luglio 1439, vergato in una scrittura umanistica elementare con fitte glosse marginali, grande capolettera iniziale C in inchiostro rosso, altre capitali nel testo sempre in rosso, rigatura a lapis, le carte iniziali e finali un po' brunite, volume a fascicoli sciolti non legati.
Bel manoscritto pre-umanistico di uno dei testi chiave dell'antichità, vero punto di congiunzione tra la classicità, il medioevo e l'umanesimo. "L'opera infatti, composta in cinque libri e articolata come una satura menippea in una successione alternata di ? prose ' e di ? metri ' (questi ultimi sono in sostanza degl'inni di varia fattura metrica), dopo aver mostrato nel libro I la natura del male consistente nello smarrimento del vero fine dell'uomo, tratta nel libro II della fortuna e dimostra la stoltezza di chi si lamenta di essa, data l'essenziale precarietà dei suoi beni, discute nel III della vera felicità che non può essere riposta che in Dio, nel IV del grave problema costituito dall'apparente contraddizione fra l'esistenza divina e l'esistenza del male, nel V del libero arbitrio, e quindi della possibile conciliazione fra la credenza nella provvidenza divina e nella libertà concessa all'uomo....Boezio costituì attraverso i secoli del Medioevo il tramite fra Aristotele, Platone e i neoplatonici, e il pensiero cristiano, poiché gran parte delle opere di quegli autori fu conosciuta attraverso la traduzione e la divulgazione da lui fatta. " (Treccani on line, sub vocis)
Specialist Notes
Bel manoscritto pre-umanistico di uno dei testi chiave dell'antichità, vero punto di congiunzione tra la classicità, il medioevo e l'umanesimo. "L'opera infatti, composta in cinque libri e articolata come una satura menippea in una successione alternata di ‛ prose ' e di ‛ metri ' (questi ultimi sono in sostanza degl'inni di varia fattura metrica), dopo aver mostrato nel libro I la natura del male consistente nello smarrimento del vero fine dell'uomo, tratta nel libro II della fortuna e dimostra la stoltezza di chi si lamenta di essa, data l'essenziale precarietà dei suoi beni, discute nel III della vera felicità che non può essere riposta che in Dio, nel IV del grave problema costituito dall'apparente contraddizione fra l'esistenza divina e l'esistenza del male, nel V del libero arbitrio, e quindi della possibile conciliazione fra la credenza nella provvidenza divina e nella libertà concessa all'uomo....Boezio costituì attraverso i secoli del Medioevo il tramite fra Aristotele, Platone e i neoplatonici, e il pensiero cristiano, poiché gran parte delle opere di quegli autori fu conosciuta attraverso la traduzione e la divulgazione da lui fatta. " (Treccani on line, sub vocis)
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