Stima
€ 1.000 - 1.500
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Informazioni
cm 35,2 x 48,5
firmato e datato in basso a sinistra: U. Prencipe - 1918
Sul retro, firma, titolo e data di mano dell'artista.
Esposizione
Lucca, Fondazione Ragghianti, 2014.
Bibliografia
Umberto Prencipe e la Toscana. Tra tradizione e modernità, catalogo della mostra a cura di T. Sacchi Lodispoto e S. Spinazzè, Lucca, Fondazione Ragghianti, 28 febbraio - 22 giugno 2014, p. 67 n. 13.
Alla fine del 1914 Umberto Prencipe si trasferisce a Lucca per insegnare incisione nel locale Istituto di Belle Arti. Nonostante l'incarico duri solo un anno, l'artista rimane in Toscana fino al 1921, dipingendo tra Lucca e la campagna versiliese. Protetta da possenti mura medievali, percorsa da vie silenziose intervallate da antiche chiese e torri austere, la cittadina toscana appare a Prencipe come un nuovo, prezioso hortus conclusus dove mettere ancora una volta a frutto la sua peculiare sensibilità trasfigurante. Anche Lucca era stata, d'altra parte, inclusa da d'Annunzio nel selezionato gruppo delle ventisei città del silenzio italiane. Come già a Orvieto, anche negli anni toscani, per tradurre al meglio la suggestione visionaria dei luoghi e il senso di profonda consonanza con essi, Prencipe utilizza spesso, sia in pittura che in incisione, ambientazioni notturne o crepuscolari. Ne è un esempio questo dipinto dedicato alla Piazza Napoleone, un motivo più volte ripetuto nel 1918. Insieme agli altri dipinti noti [1], si tratta probabilmente di uno studio per un quadro di maggiori dimensioni acquistato dalla Regina Madre alla mostra romana degli Amatori e Cultori del 1919, attualmente disperso e di cui non sono note fotografie.
Sullo sfondo di un gruppo di alti platani con i rami secchi protesi verso un cielo crepuscolare gli edifici appaiono presenze spettrali, il cui senso di inquietudine è amplificato dalla misteriosa accensione della porta sullo sfondo. Una parvenza fantasmatica assume in lontananza anche il monumento a Maria Luisa di Borbone, reso a veloci e sintetiche pennellate, mentre un forte segno di solitudine è nella presenza delle panchine vuote in primo piano.
Del motivo esiste anche la versione realizzata in incisione nel 1917 [2],in cui, grazie al sapiente uso dell'acquatinta, che stempera l'immagine in un'atmosfera sulfurea, Prencipe ne accentua il carattere di apparizione.
Si tratta di una delle ultime opere ancora legate ai modi della cultura simbolista, che Prencipe già in questi anni tenderà ad abbandonare a favore di un rapporto più diretto con il dato naturale, incoraggiato dal clima della Secessione e dalle amicizie coltivate negli anni toscani, in particolare quella con il pittore Alceste Campriani e con la cerchia degli artisti di cultura post macchiaiola.