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Note Specialistiche
Scritta durante l’esilio a Parigi, nell'estate del 1582, il Candelaio è l’unica commedia del filosofo di Nola. L’opera, dalla trama complicatissima, è una satira pungente contro i classicisti, la pedanteria accademica , sulle passioni che affievoliscono o sconvolgono la ragione umana e sulla fortuna che trascina l’uomo a suo piacere . Siamo nella Napoli cinquecentesca. Il Candelaio è un certo Messer Bonifacio che, nonostante sia sposato con Carubina, spasima per la signora Vittoria. Messer Bonifacio, insieme a Manfurio, un pedante grammatico goffo e credulone, e a Bartolomeo, un dilettante alchimista perduto dietro il sogno della fabbrica d’oro, è facile preda di un gruppetto di imbroglioni di vario calibro. Da qui una girandola di vicende teatralmente assai efficaci, scritte in un linguaggio scurrile e dissacratore, dietro le quali si cela, però, la caustica, spietata denuncia del vacuo formalismo cui è degradata la cultura del tardo Cinquecento: lo svenevole, degenerato petrarchismo di Bonifacio, la scienza della natura diventata superstizione e avidità in Bartolomeo, la mania grammaticale di Manfurio. Uno straordinario esempio di ribellione alle convenzioni linguistiche e sociali del tempo, oltre che un tentativo di colpire le credenze di una società ipocrita e ingiusta.
Ma nel Candelaio va anche evidenziato lo stretto rapporto che il linguaggio comico, in quanto linguaggio contrassegnato dalla “doppiezza”, dalla “ambiguità”, dalla compresenza di istanze contraddittorie, si trova ad allacciare con lo spirito generale della nolana filosofia, la quale esprime il proprio nucleo concettuale nelle dottrine della vicissitudine e della coincidentia oppositorum, ossia in una visione contraddittoria e “umbratile” del cosmo, in nessun modo superabile, sfondo imprescindibile dello stesso operare filosofico. E dunque commedia si, ma innervata di un profondo e rivoluzionario spirito filosofico.