Informazioni
Elegante album in marocchino rosso contenente un sonetto di Tasso autografo e olografo indirizzato "Al Sig. Don Vincenzo Caracciolo", 205 x 262 mm., forellini dovuti all'ossidazione dell'inchiostro, a fronte ritratto di Tasso disegnato da Pietro Ermini e inciso da Morghen, nelle carte precedenti altro ritratto di Tasso disegnato da Bernardi e inciso sempre da Morghen; lettera con firma autografa di Leonora d'Este, inviata da Ferrara il 24 marzo 1574 e indirizzata ad Alfonso Duca di Ferrara, una pagina 212 x 320 mm., timbro a secco al verso; lettera autografa e olografa del Duca di Ferrara, Alfonso II d'Este, datata Ferrara, 4 luglio 1566; lettera del Duca di Ferrara, datata Ferrara 7 novembre 1587, indirizzata al Cardinale Santacroce; nell'album altre stampe di personaggi della corte estense, oltre a Tasso.
Il tutto conservato in un elegante album in marocchino rosso, cornice a triplice filetto rosso ai piatti, raffinata dentelle interna dorata, tagli dorati, firmata Sangorski & Sutcliffe, circa 1930, leggermente staccato il piatto superiore.
Note Specialistiche
Si tratta del sonetto autografo n.1491 delle Rime, tràdito da diversi testimoni ma sconosciuto nella presente versione autografa. Indirizzato a Vincenzo Caracciolo, venne originariamente spedito da Tasso insieme ad un altro sonetto mai giunti però al destinatario, come afferma nella lettera 1287 del 12 novembre 1590 [New York, Pierpont Morgan Library, ms. MA 462 33=T]:
“(…) Sono stato defraudato di due altri sonetti scritti a V.S. Del primo, mandatole da Fiorenza per la strada del sig.or Fabritio Caraffa, ho perduta la copia; de l’altro la serbo, e farò prova di ricopiarlo. (…)”
L’attuale ritrovamento riguarda appunto questo secondo sonetto, che doveva accompagnare la missiva n.1281 del 28 settembre 1590. Il testo originale autografo ci consente di individuare con certezza il destinatario del componimento, ancora tra parentesi quadre nell'edizione critica, confermando lezioni e forme già trasmesse dalla tradizione. In entrambe le lettere Tasso invocava l’aiuto degli amici napoletani, le consuete richieste di soccorso alla nobiltà napoletana, avendo già avuto l'assicurazione di una provvisione di 600 scudi l'anno proprio dalla famiglia Caracciolo. Soccorso che non gli era mai giunto.
“Con l'ambiente napoletano - nobili e letterati - egli intesse nel corso degli anni una fitta trama di rapporti epistolari che si intensificano al momento del suo arrivo in città. Qui «richiesto da' congiunti e dagli amici e da molti signori che desideravano ciascuno d'essi di ritenerlo appo se, egli non potendo sodisfar a tutti, e non volendo mancare ad alcuno, determinò di albergare co’ padri del monastero di Monte Oliveto, da' quali era state per opera dell'abbate don Nicolo degli Oddi lungamente atteso, e fuvvi con sommo onore e amorevolezza ricevuto» 13. Nell'immagine della Napoli descritta da Giulio Cesare Capaccio nelle pagine del dialogo in sei giornate tra un "forastiero" e un "cittadino", il monastero di Monteoliveto assume una posizione di forte rilievo, amplificata attraverso il ricordo del soggiorno degli importanti personaggi che 10 avevano eletto a dimora privilegiata. (…)
E, nel convento, è al centro di un élite di intellettuali e nobili che periodicamente vanno a visitarlo, attratti dalla fama del poeta della Gerusalemme. Conosce anche, in questa occasione, Vincenzo e Pier Antonio Caracciolo, rinnova l'amicizia con Ascanio Pignatelli, suo collega a Padova nell'Accademia degli Eterei; peraltro si preoccupa di mantenere rapporti con il principe di Stigliano 19, col duca di Nocera, col marchese di Gerace e con altri notabili della città.” (“Io canto l'arme e '1 cavalier sovrano” Catalogo dei manoscritti e delle edizioni tassiane (secoli XVI-XIX) nella Biblioteca Nazionale di Napoli Mostra bibliografica e iconografica (Napoli, 23 ottobre 1996 - 10 gennaio1997), Napoli, 1996, p.).
Come ben sottolinea Emilio Russo in suo recente contributo del 2016 sull'epistolario tassiano, le varie lettere sono alcune delle “tante tessere del rapporto tassiano con il mondo napoletano”, dove Vincenzo Caracciolo viene celebrato da Tasso con la sua casata in un paio di sonetti del1588 (Rime, 1408 e 1412), e poi assunto come uno dei poli di protezione nell'autunno 1590, dopo il ritorno del Tasso da Firenze a Roma, e nell’ipotesi di un nuovo passaggio a Napoli (si vedano ad esempio le Lettere, 1279 e 1288,indirizzate a Francesco Polverino, e 1282, indirizzata allo stesso Caracciolo; vd. inoltre Rime, 1491-1492).
A fianco del sonetto ritrovato si dispongono altri interessanti documenti dell’epoca, raccolti con cura da un ammiratore anglosassone e conservati entro una prestigiosa legatura d’amatore. In primis la lettera di Leonora d’Este, presunta fiamma amorosa del Tasso, cui la tradizione ottocentesca ha attribuito un ruolo romantico quasi certamente ingiustificato. Tutto nasce da un paio di componimenti poetici a lei dedicati, Prega Dio per la salute di madama Leonora, e la splendida canzone Mentre cha venerar movon le genti; “da quest’ultima canzone partono numerose delle illazioni che hanno fatto del Tasso e della Leonora una coppia dall'amore infelice e travagliato: leggenda che tutto l'Ottocento e buona parte della critica del Novecento hanno accettato e anche alimentato” (Treccani, on line). Di contorno, ma non meno interessanti, le altre due lettere del Duca di Ferrara, a testimoniare il milieu culturale ferrarese che qui voleva essere celebrato. Tasso e i suoi amici, nella splendida cornice della Ferrara di secondo Cinquecento.
Curiosa e intrigante la storia del volume, assemblato certamente in area britannica agli inizi del Novecento da un collezionista cultore di Tasso e appassionato alle vicende della casa d’Este; quindi presente in una vendita dell’antiquario William Schab, Catalogue No. 19. Rare Books and Manuscripts of theXVth, XVIth, and XVIIth Centuries, del 1950 circa. Nel 1955 uscirà la notizia dell’acquisto a Londra del presente volume presso la casa d’aste Sotheby’s da parte di un libraio italiano, identificato poi con Gaspare Casella di Napoli; l’annuncio venne subito diffuso in Italia da un’agenzia Ansa e ripreso da “Il Giornale d’Italia della Domenica” in un pezzo a firma Orazio Carratelli: “Assicurate alla Cultura –Insieme col sonetto del Tasso due lettere personali degli Estensi.” I passaggi successivi non sono noti, ma è evidente che la passione collezionistica ha consentito a questo prezioso testimone tassiano di preservarsi sino ai nostri giorni, mantenendo intatto tutto il suo fascino.