Stima
€ 8.000 - 10.000
Lotto venduto
€ 10.140
I prezzi di vendita comprendono i diritti d'asta
Hai un lotto simile a questo che vorresti vendere?
Informazioni
Note Specialistiche
12 aprile 1950, lettera ad Alessandro Parronchi:
“(…) Mi sono messo a lavorare al Dante da quattro o cinque giorni. Sono appunti di più di dieci anni fa; e da quel tempo non l’avevo più riguardato. Mi viene una cosa diversa, e ora superiore alle mie forze fisiche. Avrei bisogno di rileggermi con calma Dante. (…) Farò quanto mi sarà possibile; ma se non ci arrivo, mi perdonino: Dante non può essere straziato: o mi riesce una cosa non del tutto indegna, o bisognerà rimandare la conferenza. Un abbraccio dal tuo, Ungaretti.”
Quella conferenza non si tenne più, doveva inaugurare un ciclo fiorentino dal titolo Firenze nel Duecento e Trecento, ma saltò. “Dante non può essere straziato” e questo Ungaretti lo sa bene, lui che è stato da sempre lettore di Dante, ma non spesso suo commentatore. Per l’altezza della materia? O forse per lo sforzo titanico, da poeta, di parlare del Poeta? Un po’ tutto questo, una rinuncia allo slancio agonistico nell'affrontare una poesia oltre l’immaginabile. Certo è che non demorde. A Piero Bigongiari, il 10 marzo1952, scrive: “Sto lavorando al Dante, e alla lettura delle tesi, e alle lezioni su Manzoni (…)." Ungaretti aveva preso parte al 47° Congresso della Dante Alighieri su Dante e Ravenna, con un Commento al Primo Canto dell’Inferno pubblicato poi in Paragone, III, 36, dicembre 1952, pp.5-21. Quella lettura era in sostanza il nucleo originale del presente manoscritto, che venne poi pubblicato in forma definitiva in Giuseppe Ungaretti, Il Canto I dell’Inferno, in Letture dantesche, a cura di Giovanni Getto, I Inferno, Sansoni, Firenze 1955, pp.3-23.
Parlando di Dante, Ungaretti parla di sé e della propria poetica, di quella condizione di esule/naufrago, alter Enea/Dante, anche lui scampata al naufragio e all'esilio, in perenne ricerca della “terra promessa”. Questo manoscritto ne è la riprova. Non una bella copia, ma una copia di lavoro fitta di correzioni, revisioni, cancellature e ritocchi, di vario genere. Sin dall'Incipit:“ Nel tentativo d’interpretazione della Divina Commedia che ora mi proverò di fare, mi riferirò specialmente ai primi due Canti dell’Inferno; ma avendoli Dante proposti quasi per prologo della sua opera, s’intende che è interpretazione da estendersi all'intero poema”. Questo lungo, iniziale preambolo, direi programmatico, scompare nella versione definitiva andata in stampa; forse Ungaretti lo riteneva quasi pleonastico, superfluo, o magari troppo didascalico. Chi lo sa. Ai filologi che lavoreranno su queste 26 pagine vergate in inchiostro verde nell'elegante ductus ungarettiano, così fortemente inclinato, l’ardua sentenza. A noi resta il piacere di cogliere nel suo farsi e dispiegarsi il pensiero critico – ma pur sempre Poetico – del più grande poeta del Novecento a servizio del suo illustre antenato trecentesco.