Come ha riconosciuto il professor Emanuele Zappasodi, che ringraziamo, il dipinto proviene dal medesimo polittico al quale appartenevano una serie di altre tavole raffiguranti santi, tutte terminanti con un profilo polilobato e accomunate dal medesimo motivo decorativo nella parte superiore, dallo stesso schema compositivo e dalla raffinata punzonatura del fondo oro e dell'aureola, elementi presenti anche nel San Girolamo qui all’incanto ancora sconosciuto agli studi
Tra le tavole riemerse, appartenenti a questo polittico, si segnala, in primis, il San Domenico del Museo di Castelvecchio a Verona (tempera su tavola, cm 62 x 38,5; G. Romano, scheda in Museo di Castelvecchio. Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi. Dalla fine del X all'inizio del XVI secolo, a cura di P. Marini, G. Peretti, F. Rossi, Cinisello Balsamo 2010, I, pp. 137-138), opera che presenta una complessa storia attributiva e per la quale sono stati ipotizzati, in particolare, i nomi di Stefano da Verona (B. Berenson, Italian pictures of the Renaissance, Oxford 1932, p. 550 e A. Avena, Capolavori della pittura veronese, catalogo della mostra, Verona 1947, pp. 59-60, n. 107) e di Giovanni Badile (M. Boskovits, Arte lombarda del primo Quattrocento: un riesame, in Arte in Lombardia tra Gotico e Rinascimento, catalogo della mostra, Milano 1988, p. 36, p. 32 fig. 27, p. 48 nota 83); da questi maestri, l'ambito attributivo si è poi spostato alla cerchia di Michele Giambono (E. Moench Scherer, Verona in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, a cura di M. Lucco, Milano 1989, I, p. 172, fig. 247).
A Boskovits va il merito di aver individuato una prima tavola gemella del San Domenico veronese, ovvero un Santo papa apparso sul mercato nel 1974 in un'asta londinese (Bonhams, 28 marzo 1974, lotto 25, tavola, cm 63,5 x 39,4) con un'attribuzione a Paolo da Brescia e provenienza dalla collezione Marshall.
Gli studi sul polittico, che furono avviati sempre dallo stesso Boskovits, contano oggi sulla presenza di due ulteriori tavole: una Santa Dorotea e un San Vincenzo Ferrer, già Firenze, presso l'antiquario Stefano Bardini (E. Fahy, L’archivio storico fotografico di Stefano Bardini. Dipinti, disegni, miniature, stampe, Firenze 2000, p. 17, n. 55). Va così definendosi gradualmente la ricostruzione di quello che doveva essere un grande polittico domenicano, composto da almeno dieci tavole disposte su due livelli (G. Romano, ibidem, p. 138) e si aggiunge ora un nuovo e importante tassello grazie alla scoperta di questo inedito San Girolamo che, per l’evidente affinità stilistica e compositiva con le altre quattro tavole (San Domenico, Santo papa, Santa Dorotea e San Vincenzo Ferrer), si ipotizza provenire dallo stesso nucleo. Come ci suggerisce il professor Emanuele Zappasodi, a queste tavole va aggiunta anche la Maddalena conservata nella chiesa di Saint-Luois-en-l’Île di Parigi, ancora sfuggita agli studi.
Circa la questione attributiva, la critica oggi ritiene che il nome dell’autore del polittico - e quindi anche della tavola in esame - sia da ricercare in ambito piemontese per i "caratteri di incisiva espressività e di esplicita, aspra evidenza" che connotano le diverse parti (G. Romano, ibidem, p. 138) e, in particolare, nella cultura pittorica che, rielaborando la lezione di Giacomo Jacquerio (Torino, 1375 circa -1453), si sviluppa tra il 1450 e il 1470.