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Dipinti Antichi

martedì 27 novembre 2018, ore 11:00 • Roma

262

Jacopo Vignali

(Pratovecchio 1592 - Firenze 1664)

L'asina di Balaam

Stima

€ 30.000 - 50.000

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Informazioni

olio su tela, cm 180 x 228 REFERENZE: Fototeca Federico Zeri, busta 0530; fasc. 3; scheda 53017, con attribuzione a Jacopo Vignali o copia, collezione privata, Roma.
Questo importante dipinto fiorentino raffigurante l’episodio veterotestamentario dell’Asina di Balaam e l’Angelo, è da attribuirsi a Jacopo Vignali, come ci conferma il prof. Sandro Bellesi, cui siamo grati per l’autorevole parere. Ci troviamo di fronte a una versione, di qualità pittorica decisamente alta, che Vignali dovette replicare almeno altre due volte. Un esemplare con la medesima composizione, di dimensioni inferiori, già presente in collezione privata fiorentina e proveniente dal mercato antiquario di New York, fu stimato da Federico Zeri come autografo. Un’ulteriore replica si trovava originariamente nella Villa Gerini a Sesto Fiorentino, già di proprietà della Cariprato, in seguito acquisita nella raccolta della Banca Popolare di Vicenza, dove attualmente si conserva. La scena qui rappresentata, rara e curiosamente bizzarra, attinge da una fonte biblica densa di mistero e di spiritualità. L’episodio è tratto dal Libro dei Numeri XXII, 1-35, dove si narra come Balak re di Moab, intimorito dalle tribù israelitiche che andavano accampandosi presso il suo territorio inviò propri messi presso l’indovino e profeta Balaam, affinché egli, maledicendo gli Israeliti, ne supportasse l’olocausto, per il quale Balak, da solo, non riteneva avere forze sufficienti. Balaam accolse i messaggeri e ne accettò il pagamento e gli onori, tuttavia Jahveh vietò a Balaam la maledizione contro gli Israeliti, poiché essi costituivano proprio il popolo benedetto. Balak di Moab inviò allora altri messaggeri, più autorevoli e promise a Balaam premi ancora maggiori; quest’ultimo perseverò nel rifiuto, sempre demandando alla volontà di Dio la scelta da farsi. Sorprendentemente Dio, stavolta, gli disse di seguire gli ambasciatori verso Moab, e di seguire i suoi ordini. Balaam sellò allora la propria fedele asina e, accompagnato da due servitori, si mise in viaggio. Ecco che l’Angelo di Dio, brandendo una grande spada, sbarrò la strada al piccolo convoglio. Soltanto l’asinella ebbe la facoltà prodigiosa di poter scorgere l’angelo. Balaam, ignaro, la percosse a più riprese con violenza e l’asina poté solo accovacciarsi sotto le cieche percosse del padrone. A quel punto Dio aprì miracolosamente la bocca dell’animale e l’asina interrogò Balaam sulla sua furia, rammentandogli la sua abituale fedeltà; colta con stupore la straordinarietà del fatto, lo stregone-indovino sembrò calmarsi ed ecco che Dio aprì finalmente gli occhi di Balaam, svelandogli la presenza dell’angelo guerriero (Numeri XXII, 31-33). Balaam giurò allora rinnovata obbedienza all’angelo e, per suo tramite, a Dio. Nel prosieguo della narrazione, nonostante l’insistenza di Balak, il popolo degli Israeliti viene sempre più esaltato e benedetto. L’asina è una sorta di alter ego inconscio dello stregone, simbolo della sua anima più sensibile e riposta e l’episodio segna il punto di svolta del suo innalzamento spirituale e della sua trasformazione dalla stregoneria al misticismo. Allo stesso modo in Ovidio e in Apuleio, secoli dopo, l’immagine della creatura asinina segnerà la fatale transizione simbolica attraverso cui l’uomo diventa capace di vedere, ascoltare e per questo agire nella verità. Tutta la poetica del racconto biblico è imperniata sul tema sottile della capacità di vedere. Nel nostro dipinto questo tema sacro e magico a un tempo si rivela assolutamente centrale: tirando le due diagonali dagli estremi della grande tela, il cui centro geometrico e prospettico coincide esattamente con l’occhio dell’asina.

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