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Old Master Paintings

Tuesday 27 November 2018, 11:00 AM • Rome

264

Cesare Dandini (Firenze 1596 – 1657)

Educazione alla Virtù

Estimate

€ 30.000 - 50.000

Sold

€ 55.000

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Information

Education to the Virtue oil on canvas, 82,5 x 65,5 cm
Il dipinto qui posto all’incanto sembra emblematico proprio della ricercatezza e della aulicità tipiche della pittura di Cesare Dandini ma al tempo stesso della sua radicale, sorgiva modernità. Il suo è un modus pingendi che fa innanzitutto della fisicità carnale e delle levigate fisionomie gli specchi segreti dei più reconditi, impenetrabili pensieri, riflesso di una sensualità inquieta e talvolta torbida, non meno che di una iniziatica spiritualità. Il seno sferico e prorompente, a malapena celato dal sontuoso panneggio e la corona d’alloro della figura femminile alata, potrebbero alludere non solo alla Virtù ma anche alla Verità; il bimbo significativamente sospeso tra slancio e ritrosia potrebbe dunque alludere non tanto all’infanzia in senso letterale ma a quella condizione umana di radicale debolezza e fragilità - ricca però di immense virtù potenziali - entro cui l’anima naviga incessantemente, desiderosa tuttavia di poter infine abbracciare un porto sereno e sicuro. La nostra Educazione alla Virtù, studiata a fondo e appassionatamente descritta da Bellesi (1996, pp. 125-126), si distingue in maniera paradigmatica, nella sua chiara ascendenza dai canoni ispiratori della “bellezza alloriana”, per quel carattere vagamente misterioso, quel senso apertamente allegorico tipici dei quadri da stanza (Ibid., p. 23) la cui voga aristocratica venne introdotta a Firenze dal Dolci e dal Furini. Sono indimenticabili e, si può aggiungere, inconfondibili, le figure femminili dipinte da Cesare Dandini, ora languide e capziose, ora eteree, regali, ora enigmatiche, ma sempre di una bellezza al limite della pura idealizzazione, eleganti, senza tempo. Il carattere onirico e lunare dell’arte del Dandini culmina qui in una concezione figurativa intrisa di sottile e colto intellettualismo, in cui le raffinatissime, sublimate introversioni sembrano anticipare, sotto molti aspetti, l’aura insieme classica ed eclettica della cultura simbolista. Profonde analogie stilistiche legano la fisionomia della nostra Virtù a quella della Madonna che dona il Rosario a San Domenico e Santi (del 1641), realizzata per la Chiesa di San Giacomo d’Altopascio a Pontremoli. La figura del bimbo richiama con evidenza quella che ricorre nella Allegoria della Carità, oggi conservata al Metropolitan Museum di New York (Bellesi, 1996, p. 126), e ancor più nella criptica Allegoria in collezione privata ad Algeri (Ibid., p. 59). Sorprendenti sono le soluzioni cromatiche del nostro dipinto che, unite al virtuosismo esecutivo estremo dei panneggi, si direbbero legate alle suggestioni che il Dandini ebbe a recepire, durante la sua breve ma intensa permanenza a Roma, dalla mirabile pittura di Simon Vouet. Quei bianchi nivei, artici, quel verde giada tanto insolito, si accompagnano nel nostro dipinto a tinte violacee, al blu cobalto, con minimi tocchi di carminio e di rame (le labbra, i capelli) che rendono l’allegoria femminile della Virtù simile a una creatura iperborea, sorta di sfolgorante ibrido tra una fenice variopinta e un angelo. Bellesi sottolinea infine le affinità di carattere del nostro dipinto, che data intorno al 1645, con la celebre Madonna della Rosa oggi a Marsiglia e con la Allegoria della Virtù al Louvre, entrambe del Vouet. Nella serie dei dipinti autografi del Dandini riportati in monografia, si nota un’altra Figura femminile con corona di alloro abbracciata ad un bimbo (Bellesi, 1996, scheda 93, p.148) che, sebbene in chiave più intimista e sentimentale, richiama con ogni evidenza la stessa simbologia.