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Automotive / Private Sales

1972 Dino 246 GT (Pininfarina)

telaio n. 05356, motore n. 05356

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Informazioni

• Una storia a bordo pista, nei paddock Ferrari.
• Ex Bruno Bonvecchi, pilota Abarth e amico dei capi meccanici Ferrari F1.
• 2 soli proprietari registrati, Bonvecchi per oltre 45 anni.
• Matching numbers.
• Serie “E”, la più evoluta.
• Restauro completo in corso, presso noto specialista.

Note Specialistiche

L’esemplare sn 05356 è una 246 GT dell’ultima serie “E”, la più evoluta, completata nel dicembre 1972 in Bianco Polo Park con interni neri; viene targata (Milano) nel 1973. Primo proprietario fu l’imprenditore Armando Marino. Nel 1976, la Dino ritornò, con pochi chilometri all’attivo, nella concessionaria Crepaldi di Milano. Bruno Bonvecchi, meccanico-ricambista e pilota Abarth, la acquistò grazie alla segnalazione dell’amico Giulio Borsari, storico capo meccanico della Scuderia Ferrari di Formula 1. La Dino rimase con Bonvecchi per oltre 45 anni; immagini dell’epoca la ritraggono nei pressi dei paddock Ferrari che Bonvecchi frequentava assiduamente. Grazie all’amico Borsari, Bonvecchi recupera un emblema del cavallino rampante, preso avventurosamente dalla Ferrari 312 di Mike Parkes, che installa sulla Dino. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, Bonvecchi rivernicia la vettura in rosso; la possiede e cura fino ai giorni nostri, quando la cede all’attuale proprietario. L’auto è attualmente in fase di completo restauro, che sta ripristinando l’originale livrea bianca, presso un noto specialista. Testimonia il percorso dell’auto, una importante raccolta di documenti.
La Dino 246 è una sportiva a motore centrale-posteriore stradale (evoluzione del modello 206 GT). Il nome Dino era un omaggio allo scomparso figlio di Enzo Ferrari, mentre la sigla 246 indicava la cilindrata di 2,4 litri ed il numero di 6 cilindri. La Dino 246 venne prodotta in versioni coupé (GT) e spider (GTS) tra il 1969 e il 1973. L’iconica linea della carrozzeria fu opera del designer Pininfarina Aldo Brovarone, assemblata però in Scaglietti; il motore, derivato dall'ultimo propulsore sportivo progettato da Alfredo (Dino) Ferrari, era un V6 di 65° trasversale, primo motore di questo tipo montato su un veicolo di Maranello. Per questo venne considerata una sorta di "baby" Ferrari, ma le sue prestazioni erano paragonabili a quelle di modelli con motori più frazionati ed il pubblico ne decretò il successo con una produzione di 2487 esemplari, numeri importanti per quel periodo. La vettura, che aveva come principale avversaria la coeva Porsche 911S, era capace di raggiungere i 235 km/h e di coprire lo 0 a 100 Km/h in 7,2 secondi. La Dino 246 GT venne prodotta in tre versioni durante il corso degli anni. La prima fu la versione "L" costruita tra il 1969 e il 1971 che manteneva il fissaggio a "gallettone" delle ruote sul nuovo telaio allungato (rispetto alla 206). Nel 1971 venne lanciata la versione "M" con nuovi cerchi in lega con fissaggio a 5 bulloni e gomme 205/70 VR 14, carreggiata posteriore più larga di 30 mm e nuovi freni a disco ATE, insieme a nuovi interni più ricchi. Nel 1972 fu lanciata la definitiva versione "E" che aveva, invece, un cambio completamente riprogettato, diversi carburatori Weber doppio corpo e paraurti leggermente diversi e più spigolosi. Con la serie “E”, il comportamento di guida e la praticità quotidiana sono completamente sviluppati. Con la serie “E” debutta anche la versione spider GTS.L’esemplare qui proposto in trattativa privata, con telaio no. 05356, è una 246 GT dell’ultima serie “E”; è stata terminata nel dicembre 1972 e destinata al mercato italiano, in versione con guida a sinistra. Sebbene la paletta di colori offerta fosse molto ricca e personalizzabile, una gran parte di Dino 246 venne ordinata nel classico Rosso Chiaro. Questo esemplare è uno dei 247 verniciati in origine di colore Bianco Polo Park (20-W-152), in questo caso abbinato a interni in finta pelle (Skai) di colore nero (161). L’auto riceve le sue prime targhe (MI R97771) nel 1973. Primo proprietario fu l’imprenditore Armando Marino che l’acquistò per la moglie. Essa tuttavia, secondo voci, non legò molto con la bianca vettura: sembra che sul pavé delle strade milanesi avesse qualche problema a gestire la rabbiosa Ferrari. La Dino ritornò, con pochi chilometri all’attivo, nell’esposizione della concessionaria ufficiale Crepaldi di Milano, con delega a vendere, nel marzo 1976. In quel periodo, Bruno Bonvecchi, meccanico-ricambista e pilota Abarth, residente a Mainz in Germania, cercava un bell’esemplare di Dino ed acquistò questo esemplare in condizioni immacolate, grazie alla segnalazione dell’amico Giulio Borsari, lo storico capo meccanico della Scuderia Ferrari di Formula 1 dal 1964 al 1973. Esaminando i documenti dell’epoca allegati all’auto, tra Crepaldi e Bonvecchi fu intermediario Klaus Kahle, quale importatore in Germania della vettura. La Dino rimase con Bonvecchi per molti anni ed immagini dell’epoca la ritraggono nei pressi dei paddock Ferrari che Bonvecchi e la moglie Eveline frequentavano assiduamente, accanto ai capomeccanici Giulio Borsari ed Ermanno Cuoghi, il meccanico di fiducia di Niki Lauda. Grazie all’amico Borsari, Bonvecchi recupera anche un emblema del cavallino rampante che installa sulla Dino; un dettaglio non originale, quindi, ma prezioso: è preso avventurosamente dalla Ferrari 312 di Mike Parkes, a seguito di un incidente in prova. Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80, con la scusa di rinfrescare tracce del tempo e dell’uso sulla carrozzeria, Bonvecchi rivernicia l’auto nel suo prediletto Rosso. Meccanicamente, ne cura sempre personalmente la manutenzione, con la collaborazione dell’assistenza autorizzata della casa di Maranello. Durante la sua proprietà la vettura viene immatricolata con targhe diverse: MZ-07075, MZ-B 938, MZ-BB 246, MZ-RR 181. Bonvecchi possiede e cura la Dino fino ai giorni nostri, quindi per oltre 45 anni. L’auto è attualmente in fase di completo restauro, che sta ripristinando l’originale livrea bianca, presso un noto specialista. Accompagnano e testimoniano il percorso di quest’auto, una importante raccolta di documenti, molti in originale e alcuni in copia, come: Tüv tedesco, fatture, libretti, certificati, foglio complementare originale italiano.

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