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Arte del XIX Secolo

mercoledì 01 dicembre 2021, ore 15:00 • Roma

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Vittorio Grassi

(Roma 1878 - 1958)

Allegoria primaverile, primi anni Venti

Stima

€ 15.000 - 20.000

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Informazioni

olio su legno
cm 263 x 146

firmato a destra verso il basso: VITTORIO / GRASSI


L’Allegoria primaverile rappresenta un unicum nella produzione dell’artista, sia per il soggetto, sia per le dimensioni del supporto. È infatti solo nei primissimi anni Dieci del secolo scorso che l’artista romano si cimentò con la grande dimensione, firmando la Veduta di Roma, dipinta per l’Esposizione Internazionale, cm 450 x 310, patrimonio della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, e il bozzetto con cui partecipò al Concorso per il manifesto Roma 1911- Feste Commemorative della proclamazione del Regno d’Italia (vinse Duilio Cambellotti con Le Aquile e L'antica via Appia), cm 200 x 96, in collezione privata, già Galleria d’Arte Alessio Ponti. Entrambe le opere hanno in comune con l’Allegoria primaverile l’enfatizzazione degli effetti della luce naturale che il Grassi amava catturare nei diversi momenti della giornata. Se nella Veduta di Roma è la luce ranciato-dorata del tramonto a definire i volumi e l’aura della città, ricostruita fedelmente da un disegno del Codice Escurialense di scuola del Ghirlandaio (1490 c.), nel bozzetto del manifesto è invece il riverbero lunare a illuminare il verde bluastro dei Dioscuri con i loro candidi cavalli, resi come una fascinosa apparizione di un ‘antico’ che si immagina essere ancora presente. Nell’Allegoria primaverile è invece la piena luce del giorno a permettere ad ogni elemento scelto di ottenere una sorta di autonomia, tecnicamente resa grazie ad un divisionismo libero ispirato a quello di Giacomo Balla di cui Grassi era amico. Intorno alla figura femminile c’è un profluvio di fiori e sullo sfondo, quasi ad evocare i limiti di una scena che però non ha lontananze, una fioritura di oleandri, mentre a terra una moltitudine di piccoli fiori bianchi, una sorta di pattern omogeneo, accoglie la figura femminile. Ecco che la stesura cromatica dei soggetti, resa per filamenti ‘divisi’, obbedisce ad un ritmo avvolgente che si irradia dal centro in cui è collocata la perlacea figura femminile allo sfondo con il verde degli oleandri, al prato sottostante, memore di quell’osservazione minuta e sperimentale che caratterizzò gli studi dell’artista sulla luce. Vittorio Grassi fu molto interessato a studiare i fenomeni visivi per ridurre e sintetizzare il colore nei rapporti e nei volumi, sensibile ad una colorazione basata sul calcolo dei valori pittorici per raggiungere gradatamente, gli effetti del pieno sole, la trasparenza delle ombre, il respiro dell’atmosfera, come ebbe a sottolineare Piero Scarpa su «Il Messaggero dell’arte» (24.3.1924). L’interesse di Vittorio Grassi per i fiori, per gli elementi naturali, gli deriva da una intensa attività en plein air, e non solo con i XXV della Campagna Romana, ma anche per una personale adesione al preraffaellismo, il cui acme è rappresentato dalle sue quaranta illustrazioni per il codice della Vita Nuova di Dante Alighieri, al quale lavorò dal 1917 al 1921, l’anno della pubblicazione che celebrava il sesto centenario della morte di Dante Alighieri, e stampato in 1321 esemplari per ribadirne la commemorazione. L’Allegoria primaverile, databile ai primissimi anni Venti, considerato il tema e la dimensione, farebbe ipotizzare una precisa committenza e collocazione (salone di un albergo?) e forse anche l’appartenenza ad una serie più complessa (le stagioni?). L’opera, da quando venne dipinta, non è stata mai esposta se non nello studio dello scultore e medaglista Torquato Tamagnini (Perugia, 1886-Roma, 1965) che l’acquistò come è testimoniato dalla memoria dei suoi congiunti. Che il Tamagnini sia nato a Perugia può significare che abbia conosciuto le opere di Grassi quando l’artista, impiegato presso la sede umbra della Banca d’Italia, partecipò a diverse collettive cittadine.

   

Francesco Tetro (maggio 2021)

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