Raccontare la storia di vita di qualcuno è sempre affascinante ma può risultare piuttosto complicato, se non si ha avuto la possibilità di conoscerlo. A volte, sono gli oggetti che quella persona ha posseduto, collezionato, amato, a raccontare qualcosa del suo percorso, mentre altre sono gli affetti con cui ha condiviso una parte di vita o la vita intera, quelle persone con cui ha percorso un pezzettino di strada a livello personale e professionale.
Nel caso di Bruno Mantura, studioso d’arte, critico e funzionario della Galleria d’arte Moderna di Roma (dal 1970 al 1997), abbiamo avuto la fortuna di poter conoscere, grazie a coloro che ci hanno raccontato la sua storia, sia il lato umano che quello di critico e collezionista: una parte della sua raccolta di pitture, sculture e opere grafiche, sarà infatti protagonista di un’asta che si terrà il 23 marzo a Roma.
Roma è stata la sua città: vi arrivò da Gerusalemme, dov’era nato nel 1936, e poco dopo la laurea approdò alla Galleria Nazionale. A quel tempo aveva iniziato a interessarsi ai grandi maestri del Novecento con particolare attenzione al dopoguerra, promuovendo una serie di rassegne monografiche dedicate a Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Fausto Pirandello, Afro, Leoncillo e Fausto Melotti.
All’attività di funzionario aveva, nel contempo, affiancato la promozione del lavoro degli artisti italiani sia nel nostro territorio, attraverso esposizioni presso spazi pubblici e privati (Carlo Lorenzetti, Luca Patella, Giulio Paolini, Sandro Chia, per fare alcuni esempi), sia all’estero, ricoprendo il prestigioso ruolo di commissario per la partecipazione degli artisti italiani alla Biennale di San Paolo (del 1975 al 1983), alla Triennale d’arte di Delhi (1978), alla Biennale di Alessandria d’Egitto (1978, 1982, 1984) e alla Biennale di Parigi (1980).
Negli anni Ottanta, esplorando i depositi della Galleria Nazionale, Bruno Mantura iniziò ad interessarsi all’arte italiana di fine Ottocento e inizio Novecento, sulla quale in quel periodo pesavano ancora forti pregiudizi. Invece, proprio da quelle opere, prese forma la sua collezione: i prezzi erano buoni, era un gusto nuovo e non c’era ancora un vero e proprio mercato che quegli artisti che secondo lui erano stati troppo a lungo dimenticati, offuscati dai grandi movimenti innovatori dell’inizio del secolo.
Allo stesso tempo, Mantura non smise mai di appassionarsi all’arte contemporanea: tra il 1984 e il 1996 dedicò, nelle vesti di curatore, alcune fondamentali rassegne nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto.
“Quello che lo portava a collezionare non erano né i valori assoluti della storia dell’arte, né gli interessi di mercato, ma dei veri e propri colpi di fulmine. Era il piacere per la bellezza in sé per sé” – Sabrina Spinazzè, storica dell’arte
Negli anni, Mantura raccolse anche moltissime opere di grafica, per la quale provava un trasporto irresistibile. Affascinato dalla raffinatezza dell’esecuzione o il carattere inconsueto di alcuni soggetti, quei “colpi di fulmine” scattavano indipendentemente dalla conoscenza del nome dell’autore o dalle logiche della storia dell’arte. Collezionava opere di artisti anonimi, per poi riuscire, con studio e arguzia, a ricondurli a un ambito o a un’attribuzione convincente.
Anche la scultura, passione nata fin dagli anni dell’università, ebbe un ruolo chiave nella sua raccolta: nomi della metà del ‘900 (Aurelio Mistruzzi, Publio Morbiducci) convivevano con i maestri dell’Ottocento e del primo Novecento (Filippo ed Ettore Ferrari, Francesco Jerace, Ercole Rosa, Enrico Quattrini, Emilio Musso, Leonardo Bistolfi).
Seguivano poi l’immaginario romantico con preziose illustrazioni da Dante e Petrarca, i temi letterari in bilico tra pittura di storia, i ritratti di uomini illustri e affascinanti sconosciuti; la pittura religiosa, documentata da un notevole nucleo di studi e bozzetti, che coprono un periodo piuttosto lungo, compreso tra purismo (Francesco Coghetti, Nicola Consoni, Domenico Tojetti), tendenze realistiche (Cesare Fracassini, Giuseppe Sciuti) e simbolismo (Frederick Goodall, Mario Barberis); gli studi e modelli per monumenti e decorazioni di edifici pubblici e ancora il paesaggio in tutte le sue declinazioni, dagli schizzi di viaggio, esempio tra tutti Palme di Johann Jakob Frey, realizzato durante un viaggio in Egitto nel 1842 e fortunosamente scampato a un attacco di predoni, al realismo napoletano di Michele Cammarano fino alle visioni simboliste di Umberto Prencipe.
Le opere in asta da Finarte il prossimo 23 marzo provengono dall’abitazione romana di Bruno Mantura a Campo de’ Fiori: per anni invasa da tutte le sue opere d’arte, dipinti, grafiche, sculture ma anche libri, tanti libri, così tanti che occupavano, in realtà, ogni spazio della sua vita.
Una casa che porta in sé la memoria dell’arte, del bello e dell’insaziabile curiosità di una delle personalità più rappresentative del mondo della cultura italiana del Novecento.
Bruno Mantura è scomparso nel 2019.
Ringraziamo Jean-Louis Provoyeur, Teresa Sacchi Lodispoto e Sabrina Spinazzé per le loro preziose informazioni.
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martedì 23 marzo 2021, ore 15:00 • Roma