Vi ricordate il jingle di una pubblicità di qualche anno fa? “Per fare una grande parete ci vuole un grande pennello” protagonista un improbabile imbianchino in bicicletta a bloccare il traffico con una gigantesca pennellessa legata alla schiena. Uno spot, sicuramente azzeccato, basato su una forte carica di ironia.
Per alcune tecniche artistiche in realtà servono effettivamente degli strumenti “speciali” se si vogliono realizzare delle opere di notevoli dimensioni, mi riferisco alle tecniche di stampa e di serigrafia che per superare dimensioni standard come il 50 x 70 cm o il 100 x 70 cm, abbisognano di materiali ad “hoc” a cominciare dei fogli, che devono essere realizzati appositamente a mano da maestri cartai, ai telai per la serigrafia o ai torchi, tutte strumentazione che per poter realizzare grandi opere devono essere fuori scala.
Come sempre i giusti attrezzi non servono a nulla se però la mano che li guida non è salda e sicura, con l’aumentare delle dimensioni crescono anche le difficoltà di realizzazione.
Ad esempio in una xilografia (ma vale anche per tutte le altre tecniche) ogni singolo colore ha una sua lastra, in cui è riportata la porzione di disegno di quella specifica tinta, la difficoltà è posizionare e stampare correttamente le varie lastre per ottenere la composizione finale corretta decisa dall’artista. Questa fase si chiama tenere il “registro” e se è già difficile mantenerlo su un foglio 50 x 70 cm provate solamente a immaginare la difficoltà di tenerlo su un foglio di 200 x 350 cm.
Per fortuna degli artisti, esistono dei “maestri” come, ad esempio, i componenti della famiglia Berardinelli che presso il loro laboratorio non solo posseggono le risorse per realizzare stampe di grandi dimensioni, ma ne conoscono ogni singolo segreto per sfruttarle al massimo e ottenere dei veri e propri capolavori di cui alcuni esempi saranno, assieme alle opere stampate in altri eccellenti studi, in asta il prossimo 24 settembre.
Per chi ama la natura sono perfette le acqueforti- acquetinte di Davide Benati, l’artista di Reggio Emilia che dedica la sua ricerca pittorica nel rappresentare l’essenza di fiori e piante in tutti i colori della natura con effetti “acquerellati”, dal lotto 15 al 19 , le sue cromie danno vita a intuizioni di papaveri, calle e paludi su fogli che superano il metro.
Se Benati nelle sue opere sfiora solamente l’astrazione Piero Dorazio nelle sue composizioni ne fa una scelta totalizzante. Un inno di segni e colori, veri e propri ritmi che danno vita a movimenti sinfonici. Musica per gli occhi che ad esempio al lotto 56, Composizione rossa, del 1992, raggiunge i 126,5 x 63,5 cm, o, al lotto 59, la Composizione a rombi, del 1990 di ben 84 x 213 cm.
Se i colori sono perfetti per rappresentare il mondo che ci circonda e le visioni di alcuni il bianco e nero usato da Mimmo Paladino nelle sue lino incisioni deflagra davanti ai nostri occhi in tutta la sua potenza, come in Atlantico, del 1987, opera composta da 6 fogli di 204,5 x 75 cm ciascuno, in cui scheletri, ombre, corpi, navi, volatili, scale verso il cielo, si susseguono per creare una moderna mitologia con la stessa forza dei graffiti primitivi. Miti e storie di cui Paladino continua ad essere cantore nei lotti 113, 114 e 115 con rispettivamente Dedalus (1984), Elpodbomool (1984) e Small Town (1990/91).
Spesso, nei miti vi sono come protagonisti, anche, degli animali a rappresentazione di caratteristiche umane. Proprio come nelle opere di Concetto Pozzati, ai lotti 126 e 127, due serigrafie a colori, di 100 x 125 cm e 100 x 122 cm, in cui una Tartaruga e un Rinoceronte, sono i protagonisti delle composizioni e sembrano mandarci dei messaggi di attenzione verso l’ambiente che ci circonda per loro e noi stessi.
Un ambiente fatto anche da città, case, grattacieli, come quelli che sembrano emergere dalle opere di Mario Radice. Edifici sezionati dalle stanze multicolori e chi, avendone la possibilità, non vorrebbe vivere nei celesti e rosa della Composizione al lotto 130, del 1933, o nei toni della terra del lotto 131, del 1985.
In tutte le case c’è un tavolo e, spesso, imbandito per un pasto, un artista, Daniel Spoerri ha fatto, proprio, di questo oggetto il fulcro di parte della sua poetica esponendo dei veri tavoli con fissati gli oggetti e i resti dei pasti consumati. A conferma di questa ricerca il lotto 149, una acquaforte e acquatinta, con soggetto una ripresa dall’alto di piatti, posate, bicchieri, tovagliette e riviste d’arte, s’intravede una copia ad esempio del magazine “Flash Art”. Una riflessione sul tempo, il suo trascorrere e le sue tracce.
Come tracce sono le protagoniste delle opere di Emilio Scanavino, anche se di natura totalmente diverse, come si può vedere al lotto 142, qui dei segni simili a cuciture solcano la superficie tripartita del foglio, sembrano la rappresentazione dei movimenti di atomi nello spazio che si intersecano e sfiorano fino a scontrarsi ed esplodere in macchie di un colore intensissimo, esplosioni di pura energia.
L’energia dei gesti è quella che invece emerge dalle opere di Emilio Vedova, una pittura apparentemente violenta, che racchiude in sé ogni momento e movimento della sua creazione la mappa di un determinato attimo. Il trittico al lotto 173, rappresenta nelle sue forme, proprio, il tempo e le forze intercorse tra l’artista e la lastra di stampa dall’inizio al compimento dell’opera.
Come si suol dire non sempre le dimensioni contano, ma, in alcuni casi permettono agli artisti di amplificare le proprie idee raggiungendo risultati ed effetti inaspettati anche per loro. Approfittatene.
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giovedì 24 settembre 2020, ore 16:00 • Roma