Annualmente circa 15.000 asteroidi e corpi celesti transitano vicino alla nostra Terra. Più o meno grandi, si avvicinano e passano oltre, per fortuna, snobbandoci come se non fossimo abbastanza interessanti per loro.
Al contrario, il cielo e i suoi confini hanno da sempre affascinato il genere umano. Lo studio di alcune delle regole che governano l’universo hanno portato al processo di Galileo Galilei, tanto ben narrato da Bertolt Brecht.
Nella società moderna, le teorie di mondi e spazi infiniti di Giordano Bruno non scioccherebbero più nessuno e lui sarebbe salvo. Tanto più che il pensiero del filosofo campano potrebbe nutrire tanta fantascienza moderna, come la serie televisiva Star Trek e i viaggi del suo equipaggio.
Chi non ricorda il suo incipit: “Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell’astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima”.
E a essere tanto ossessionato dall’idea di giungere in terre inesplorate, ai limiti del visibile e di riscriverne le regole, è stato l’artista Giulio Turcato.
Probabilmente se gli avessero concesso di salire su uno degli shuttle diretti al di fuori dell’orbita terreste, o di partecipare alla missione che nel 1969 condusse l’Apollo 11 sulla Luna, sarebbe stato l’uomo più felice del mondo. O forse no, perché il suo intento era di rappresentare cose mai viste dall’occhio umano, usando colori totalmente nuovi e inimmaginabili:
“L’artista è un astronauta che lavora con l’immaginazione”
Fondatore, negli anni Quaranta, del Gruppo Forma 1 con Pietro Consagra, Achille Perilli e Piero Dorazio, Turcato è stato uno dei maggiori esponenti dell’astrattismo informale italiano, basando tutta la sua produzione sul colore.
Una perpetua ricerca coloristica di tinte normalmente impercettibili all’occhio umano, con l’obiettivo di creare un nuovo colore che rappresentasse il futuro dell’uomo. Lo scultore Bruno Vannucci, ad esempio, osservava come le opere dell’artista avessero sempre sfumature diverse da quelle dei tubetti in commercio, cromie che stupivano e continuano a stupire ancora oggi.
L’artista mantovano, grazie alle proprie opere, ha dato vita a un mondo parallelo fatto di “Stelle”, “Itinerari” e “Superfici”, trasformandoli in maniera unica fino a renderli “alieni” materiali semplici come la gommapiuma, la sabbia, i colori a olio.
Superficie Lunare del 1973, presente il 28 maggio nell’Asta di Moderno e Contemporaneo a Roma, è un esempio perfetto della costante spinta in avanti di Turcato. Linee di pura energia arancioni si dispongono su un lago argentato. Un dripping molto diverso da quelli dell’americano Jackson Pollock, perché qui i colori contrapposti si amalgamano su una superficie di gommapiuma.
Cosa ha ispirato Turcato? Potremmo, ad esempio, fantasticare che questo sia l’ingrandimento di un pezzettino di una luna composta in altissima percentuale di mercurio, abitata da esseri filiformi che muovendosi producono energia pulita. Un’immagine che sicuramente a Giulio Turcato non sarebbe dispiaciuta.
Un artista e un uomo con lo sguardo rivolto verso il futuro e l’oltre, un atteggiamento che forse, in questo momento, potremmo fare nostro per spingere lo sguardo al di là del panorama che vediamo dalle finestre di casa nostra per arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima. (Anche solo con la fantasia).