Vedendo per la prima volta la serie di immagini Substrat di Thomas Ruff, ci è subito balzata alla mente la copertina dell’album di esordio dei 13th Floor Elevators. La band americana degli anni Sessanta aveva scelto il proprio nome per due motivi: per la consuetudine di alcuni motel negli States di saltare nella numerazione il 13° piano per scaramazia; in secondo luogo perché il numero 13 in alcune pratiche indiane è il piano dell’illuminazione, il luogo dove risiede l’occhio che tutto vede, il “terzo occhio”.
E quale fotografo meglio di Thomas Ruff ha saputo usare il suo “terzo occhio”, l’obiettivo fotografico, per indagare il mezzo fotografico stesso? Così abbiamo pensato che questa potesse essere la colonna sonora perfetta come sottofondo per le sue immagini (e per leggere questo articolo).
Allievo dei coniugi Becher alla scuola di Düsseldorf e con compagni di scuola del calibro di Andreas Gursky, Thomas Struth, Candida Höfer (anche lei presente in asta il prossimo 17 marzo) e Axel Hütte, Ruff sembra essere l’artista che persegue più degli altri una propria via. Infatti, come lui stesso afferma:
“Loro credevano di aver catturato la realtà, e io credo di aver creato un’immagine”.
Il fotografo tedesco fin dagli esordi non pone il suo sguardo sui soggetti, ma sulla fotografia stessa: il suo interesse primario è quello di esplorare la natura del mezzo fotografico nel tentativo di superarne i limiti.
La serie Portraits, portata avanti per circa cinque anni e in cui ritrae i compagni di scuola e amici, comprende immagini fuori misura, foto segnaletiche di oltre due metri, un efficiente modo per misurare i limiti tecnici di una “buona” riproduzione.
Nella serie Nacht fa uso di obiettivi all’infrarosso per riprendere il paesaggio attorno a casa sua, in un rimando diretto alle immagini notturne trasmesse dai telegiornali durante la Guerra del Golfo.
Un modo di fare fotografia del tutto personale, che nella serie Jpegs lo porta quasi ad appropriarsi delle immagini scaricate dalla rete, rielaborandole in modo tale che se ne disveli la natura intrinseca composta da pixel. Unità grafiche che Ruff ingigantisce fino a far perdere la visione nitida del soggetto catturato in rete, lasciando solo intuire le scene pornografiche o drammatiche. Alcune di loro ritraggono, ad esempio, le torri gemelle durante l’attacco dell’11 settembre 2001.
Con Substrat, serie in asta il prossimo 17 marzo, l’autore si spinge oltre dando in pasto a un calcolatore migliaia di immagini iper colorate di manga e anime, lasciandogliele deformare, distorcere, strizzare, ruotare, fino alla creazione di onde ed esplosioni di colori, dei veri e proprio trip psichedelici. Compito dell’autore è selezionarne i “migliori” e stamparli nel miglior modo possibile.
Un’operazione, la scelta, solo apparentemente semplice. Ruff, infatti, ci vuole guidare verso il suo pensiero:
“Non credo nell’immagine che pretende di raccontare un mondo. Il mondo offerto dalla fotografia sparisce. La fotografia stessa cambia. Ma io posso continuare a indagare i diversi approcci fotografici, non percepisco il limite del tempo”
I “limiti” sono il fulcro delle ricerche di Thomas Ruff. Ed è da qui che forse nasce anche la sua passione per le immagini astronomiche, che colleziona anche. In fondo cosa rappresenta l’idea di infinito meglio di un cielo stellato perso in un nero-blu profondissimo?
Forse lo stesso Ruff potrebbe quindi essere interessato anche agli scatti della Nasa legati alle missioni Apollo 11, che condusse l’umanità sulla Luna nel 1969, e Apollo 14, anche loro disponibili da Finarte. O forse lui preferirebbe la visione dallo spazio delle isole Birmini delle Bahamas. dato che
“osservando l’universo guardiamo un passato di 14 miliardi di anni e uno spazio che non possiamo nemmeno immaginare. Troppo per il nostro piccolo cervello umano”.
Ma al genere umano piace superare i propri limiti o almeno tentarci, come lo stesso Ruff insegna.
Prossima asta
martedì 17 marzo 2020, ore 17:00 • Milano