20 novembre 1494, Venezia
Dai torchi di un illustre tipografo con circa 10 anni di attività alle spalle usciva un libro nuovo, rivoluzionario, impegnativo: la Summa di Luca Pacioli.
Paganino de’ Paganini, un bresciano ormai veneziano da tempo, risiedeva in parrocchia S. Salvatore, calle delle Ballotte per la precisione, nella zona dei tipografi, ed aveva sposato la figlia di un altro illustre stampatore, Francesco Della Fontana, attivo a Venezia addirittura dal 1471. Paganino i libri dunque li sapeva stampare, la sua ampia produzione era rivolta soprattutto verso i libri religiosi e quelli universitari, due mercati sicuri che testimoniano anche i suoi buoni contatti con l’università. Non dovevano impressionarlo le grandi imprese, se nell’aprile del 1495 (ad appena 4 mesi di distanza dalla pubblicazione della Summa) dava alla luce la grande Bibbia in 4 volumi col commento di Niccolò da Lira: una monumentale opera di 1571 pagine, sicuramente il più imponente incunabolo europeo e la prima ad avere il commento ad incorniciare il testo.
Si conobbero a Venezia, Pacioli e il suo editore, in una città dove Luca era di casa; dopo una prima formazione in area toscana, era nato a Borgo Sansepolcro intorno al 1446-’48, si era infatti recato a Venezia entrando al servizio di Antonio Rompiasi, mercante alla Giudecca, occupandosi anche dell’educazione dei suoi figli. Educatore e potenziale mercante: questa fu la prima formazione e la vera vocazione di Pacioli, e questa vocazione traspare tutta nella Summa.
Iniziata a redigere intorno al 1487-88, in realtà fu probabilmente un’opera che aveva in mente da sempre, o meglio da quando nel 1470-’71 conobbe a Roma il suo vero mentore e ispiratore: Leon Battista Alberti. Vissero nella stessa casa per quasi due anni, con lui condivise la passione per la geometria e per i ludi matematici e di sicuro fu lui ad indirizzarlo verso la carriera di insegnante.
La Summa è anche il frutto di anni e anni di docenza, a lungo svolta a Perugia, ma poi in giro per tutta l’Italia e oltre: Zara, Napoli, Roma, Padova e quindi Venezia, dove nel 1494 lo troviamo alle prese con l’edizione appunto della Summa.
Venezia, la città dei tipografi, era il solo posto dove avrebbe trovato le competenze tecniche necessarie per imprimere il suo capolavoro, frutto di anni di studi, insegnamento, ma anche di tenace pratica commerciale esercitata in lungo e largo per la penisola. Perché la Summa, al di là del suo imponente aspetto con oltre 600 pagine fitte e dense di rigorose argomentazioni matematiche, è anche e soprattutto un libro pratico, un’opera destinato a tutti MERCANTI, per contenuti e linguaggio.
Pacioli conosceva il latino ma con un atto rivoluzionario per l’epoca e rischioso per le implicazioni commerciali, decise di comune accordo con Paganino di stamparla in volgare. Questa scelta ne limitava forse la circolazione in ambito solo italiano, ma forse i suoi allievi – che provenivano da ogni parte d’Europa – in realtà già masticavano un po’ di italiano: e allora, la scelta azzardata del volgare italiano poteva invece rivelarsi un’operazione di marketing astuta, per raddoppiare il pubblico dei potenziali acquirenti. I dotti e gli incolti mercanti, entrambi accomunati dal desiderio di sapere, di imparare, teoria e pratica ad un tempo.
Paganino accettò la sfida tecnica di imprimere un volume che ad ogni carta presentava livelli di difficoltà inusuali, con l’adozione di una forma tipografica composita, fatta di una griglia di testo centrale e di una laterale: i margini, solitamente bianchi dello specchio si stampa, sono qui letteralmente invasi da calcoli, operazioni matematiche, teoremi, dimostrazioni e, più avanti, figure geometriche, solidi, poliedri, disegni in proiezione etc. Un libro impegnativo che, secondo recenti studi, occupò Paganino e la sua tipografia per circa un anno: dodici mesi per comporre 308 forme tipografiche, pari a 616 pagine totali, adottando come modello quello di un compositore che compone una forma al giorno e due torcolieri ad imprimere i fogli. La tiratura non la conosciamo, ma per un’impresa tipografica del genere – in cui il costo maggiore era senza dubbio la manodopera impiegata e la carta – Paganino e Luca dovettero pensare in grande: il numero di copie superstiti autorizza a immaginare una tiratura record vicina alle 2000 copie!
Entrambi capirono che bisognava rischiare su questo libro: adottando il volgare come lingua del commercio, si stavano aprendo ad un mercato pressoché infinito, molto più vasto di quello degli studiosi e degli universitari. E allora, anche una tiratura doppia rispetto alle medie dell’epoca era giustificabile… e il tempo diede ragione alla scommessa dei due, perché la Summa fu un long seller di incredibili proporzioni, se già nel 1508 Paganino chiedeva al Senato veneto un prolungamento del copyright continuando a distribuire per oltre vent’anni copie della Summa, fino a decidere addirittura di ristamparla nel 1523 a sue spese, nello stesso formato.
La Summa era un libro atteso, da tempo, era il libro che mancava alla civiltà rinascimentale per dimostrare il fondamento teorico del suo pensiero: quella regola della “divina” proporzione che informa tutto il reale, in tutte le sue diverse forme, perché basata sulle universalissime regole della matematica. Tutta il pensiero antico, da Euclide ad Archimede, tutta la tradizione medievale, da Boezio a Fibonacci, tutta la tradizione umanistica, da Piero della Francesca a Leon Battista Alberti convergono in unico punto della storia: in quel 20 novembre del 1494 quando la Summa fu rilasciata al grande pubblico, un immenso e caleidoscopico contenitore del Pensiero scientifico in tutte le sue forme, che si preparava a fecondare menti per secoli.
E il primo a goderne fu un nuovo amico che Luca Pacioli conobbe a Milano nel 1496, tal Leonardo da Vinci suo conterraneo. A Milano Luca ci va forte del successo della Summa, sull’onda di una celebrità senza precedenti e dietro invito di Ludovico Sforza, che voleva sentire echeggiare la voce del frate matematico nelle aule della sua illustre Universitas. Leonardo pure era stato chiamato da Ludovico ma con ben altri scopi, più pratici, in veste di ingegnere militare e finanche di musico (presenta, per conto di Lorenzo il Magnifico, il suo progetto di una Lira d’argento che lui stesso suonerà al Moro). E Leonardo rimane affascinato dalla personalità e dalle conoscenze di Pacioli, lui che fino ad allora aveva ignorato la matematica e la geometria applicata, che da “omo sanza lettere” non era stato in grado di approfondire i suoi studi perché ignaro del latino, non attendeva altra occasione che conoscere l’autore della Summa: quel libro già lo conosceva molto bene, perché da una nota del Codice Atlantico dichiara di averne acquistata appena uscita una copia per ben 119 ducati! Una cifra alta per le sue finanze, che testimonia con ancora maggior vigore la preziosità e la centralità della Summa nella formazione di Leonardo. Luca a Leonardo lavoreranno assieme a Milano su progetti che noi non conosciamo, Luca non ha lasciato opere – se non i meravigliosi disegni leonardeschi che adornano il suo De divina proportione del 1509 – ma le sue parole e la sua lezione influiranno sul pensiero matematico e scientifico di Leonardo come mai.
La Summa si offre come un testo aperto verso il futuro, perché la sua lezione così variegata e poliedrica ha trasmesso il pensiero di Pacioli al di là del tempo e dello spazio: una civiltà economica si è formata sul trattato XI della partita doppia e sulle tante riflessioni di diritto societario, di gestione e analisi economica, di economia aziendale ante litteram che Luca seppe mirabilmente condensare e spiegare in queste carte.
Tradotto in tutte le lingue del mondo, studiato e reputato come uno dei padri della moderna economia, a Pacioli avrebbe fatto piacere essere ricordato come un diligente maestro che offre il suo libro aperto ai discenti accorsi ad ascoltarlo…ed è questa l’immagine che ci lascia di lui, l’iconografia del frate col libro aperto dinanzi a sé nell’atto di spiegare e dispiegare il suo pensiero. E la sua voce pare ancora di sentirla tra le aule universitarie, nelle corti d’Italia come tra i crocchi di mercanti veneziani, a dare e prendere lezioni tutto il giorno.
Il lotto verrà battuto nell’asta di Libri, Autografi e Stampe il 20 giugno a Roma.