Diana Vreeland: un’icona della moda del XX secolo

In asta una coppa in argento creata su commissione da Tiffany & Co. per il matrimonio della stilista con Thomas Reed Vreeland

Photograph of Exhibit Developer Diana Vreeland Giving First Lady Betty Ford a Tour of the "American Women of Style" Exhibit at the Metropolitan Museum of Art - Courtesy Gerald R. Ford Presidential Library

La storia di Diana Dalziel Vreeland
Nata a Parigi nel 1903 da una madre americana e un padre britannico, Diana Dalziel Vreeland ha ereditato il fascino e il cosmopolitismo tipici dell’alta società europea dell’epoca. Non fu solo una semplice redattrice, ma una delle figure più influenti del XX secolo, capace di plasmare la moda e la cultura con un’energia ineguagliabile e una visione straordinaria.

Diana Dalziel Vreedland. Foto di This is Glamorous “Great Love Stories – Diana & Reed Vreeland.”

Dopo aver vissuto in vari ambienti élite, la famiglia Dalziel si trasferì negli Stati Uniti alla fine della Prima Guerra Mondiale. Nel 1924, Diana sposò il banchiere Thomas Reed Vreeland. Dopo il matrimonio, la coppia si trasferì a Londra, dove la Vreeland aprì una raffinata boutique per signore, tra i cui clienti vi era anche Wallis Simpson, futura Duchessa di Windsor. In questo periodo, Diana visitò spesso Parigi, dove nel 1926 incontrò Coco Chanel e la sua amica gioielliera Suzanne Belperron. Nel 1937, la Vreeland tornò a New York, dove iniziò la sua carriera come giornalista e redattrice per la rivista di moda Harper’s Bazaar, curando la rubrica Why Don’t You…?, che proponeva idee eccentriche e suggerimenti di stile. Importante firma di Harper’s Bazaar e Vogue, nel 1965 fu ammessa nella Hall of Fame come una delle donne più eleganti del mondo. Dal 1962 al 1972, fu capo redattrice della rivista Vogue America, dove ancora una volta si fece riconoscere per il suo occhio visionario, e l’incredibile influenza sulle tendenze di moda dell’epoca. Il suo famoso motto, “Il brutto è noioso”, riassume perfettamente il suo atteggiamento nei confronti della vita e della creatività.

Diana & Thomas Vreeland. Foto di This is Glamorous “Great Love Stories – Diana & Reed Vreeland.”

La coppa
Durante la celebrazione di matrimonio del 1924, i Vreeland ricevono come dono di nozze una coppa centrotavola di Tiffany & Co. in argento sterling realizzata su commissione.

Tiffany & Co. Coppa centrotavola di rappresentanza, USA, 1924. Base d’asta € 3.000

La coppa è un esempio di raffinatezza e maestria nell’artigianato caratterizzato da una base circolare, un crest inciso e linee essenziali elegantissime. La coppa reca anche un’incisione che celebra l’unione dei due sposi: “DIANA DALZIEL – THOMAS REED VREELAND – MARCH 1 1924”. Sul retro, è presente l’emblema della Scroll & Key, la prestigiosa società segreta dell’Università di Yale, a cui Thomas Reed Vreeland apparteneva. L’emblema “Scroll & Key” raffigura una pergamena e una chiave, accompagnato dalle iniziali “C.S.P.” e “C.C.J.”, sigle adottate dalla confraternita.

Tiffany & Co. Dettaglio di coppa centrotavola di rappresentanza, USA, 1924. Base d’asta € 3.000

Attorno alla base della coppa sono incisi quindici crest ad altorilievo, riportanti i nomi dei membri della delegazione di Vreeland della Scroll & Key. Tra i nomi spiccano quelli di personalità che avrebbero raggiunto successi straordinari, come Godfrey Stillman Rockefeller e Charles Shipman Payson.

Tiffany & Co. Dettaglio di coppa centrotavola di rappresentanza, USA, 1924. Base d’asta € 3.000

Fondata nel 1842, la confraternita di Scroll & Key si distinse per il suo spirito intellettuale e letterario, selezionando ogni anno quindici membri della classe junior per ricoprire ruoli di leadership. La coppa centrotavola è infatti anche un simbolo di un’unione tra due famiglie di grande prestigio e un legame con una delle più esclusive istituzioni universitarie d’America. Tiffany & Co. ha trasformato questo argento in un tributo che unisce arte, storia e tradizione.

Visualizza il catalogo completo dell’Asta di Argenti Antichi e del XX Secolo

Foto di copertina: Photograph of Exhibit Developer Diana Vreeland Giving First Lady Betty Ford a Tour of the “American Women of Style” Exhibit at the Metropolitan Museum of Art – Courtesy Gerald R. Ford Presidential Library

Fotografie che ci portano in viaggio tra paesaggi e cultura italiana

Scatti d'autore in asta il 15 ottobre di luoghi significativi che hanno caratterizzato la visione fotografica sull'Italia.

Ma l’Italia è davvero quello che convenzionalmente viene ancora chiamato il Bel Paese con buona pace dell’abate Stoppani e di Petrarca? Se lo è chiesto Luigi Ghirri nel 1984 progettando quella mostra corredata da un bel libro-catalogo diventata poi famosa proprio perché già nel titolo “Viaggio in Italia” promuoveva una visione diversa e contemporanea del paesaggio nostrano. Per questa e altre ragioni possiamo qui fare il punto con una riflessione che indaga sui luoghi più significativi che hanno caratterizzato la visione fotografica sull’Italia.  

MICHAEL MCKENNA. Ferro da Gondola, Venice, 2006. Stima € € 1.500 – 2.500

Ci sono città, e Venezia è una di quelle, che hanno stabilito con la fotografia un rapporto stretto e profondo. Si è arrivati al punto che alcune immagini sono diventate delle vere e proprie icone di quel luogo magico e unico. Questo ha riguardato autori locali come Fulvio Roiter (di cui qui si propongono alcune immagini a colori da lui stesso particolarmente amate – Lotto 11, 12 e 13) come anche altri che qui, pur non essendoci nati, sono stati a lungo di casa come Gianni Berengo Gardin e Paolo Monti (Lotto 17). Ma Venezia ha coinvolto anche fotografi come il paesaggista Michael Kenna (Lotto 16) e Franco Fontana, che l’ha a lungo frequentata realizzando sempre immagini non convenzionali e soffermandosi sugli aspetti più innovativi offerti dalla città (Lotto 18).  

FRANCO FONTANA. Venezia, 1979. Stima € 800 – 1.200. PAOLO MONTI. L’angelo della morte, Venezia, 1951. Stima € 600 – 800.

Alla silenziosa eleganza di Riccardo Moncalvo, Milano contrappone la sua austerità (Lotto 9). I fotografi, infatti, l’hanno sempre vista come lo spazio dove vivere la quotidianità di strade e scalinate colte da Luigi Ghirri (Lotto 5) e Riccardo Moncalvo stesso, ma anche dove sono ben presenti i segni di quella industriale che Gabriele Basilico, in una indagine ormai diventata famosissima, ha interpretato in “Ritratti di fabbriche”. Il leggendario dinamismo cittadino lo si ritrova perfino in una piazza del Duomo che ora si fa spettacolare nella ripresa della Galleria realizzata da Ugo Mulas (Lotto 8), ora sorprendente nella fila di passanti che cammina rapida sfidando l’ostacolo della Grande Nevicata del 1985 in una piacevolissima ripresa di Virgilio Carnisio (Lotto 7). 

GABRIELE BASILICO. Milano, Rubattino, anni 1980. Stima € 1.500 – 2.500

VIRGILIO CARNISIO. Piazza del Duomo, Milano, 1985. Stima € 600 – 800

Alla bellezza ben esibita di RomaLuigi Ghirri (Lotto 25) la sottolinea nei Castelli, Mario De Biasi la trova nelle architetture del centro – alle suggestive contraddizioni di Napoli dove possono convivere il ragazzino seduto per strada ripreso da Mario De Biasi (Lotto 27) e le splendide sculture cui Mimmo Jodice ha conferito una fortissima vitalità (Lotto 30).

MARIO DE BIASI. Napoli, 1954. Stima € 1.000 – 1.500

Al di là delle città, ci sono in Italia spazi regionali che sono stati oggetto di attente osservazioni che li hanno resi famosi in tutto il mondo. L’Emilia per la sua immagine ha così potuto contare su grandi fotografi, da Franco Fontana a Luigi Ghirri (Lotto 21), ma anche su Gianni Berengo Gardin che nel 1975 ritornò a Luzzara per riprendere il filo del discorso iniziato vent’anni prima da Paul Strand che quel luogo aveva trasformato nel simbolo della vitalità che animava i paesi di quell’area della Pianura Padana (Lotto 126). Il fotografo americano e quello italiano erano stati accompagnati da Cesare Zavattini e dall’editrice Einaudi che nel 1955 aveva pubblicato “Un paese” e nel 1975 “Un paese vent’anni dopo”.

FRANCO FONTANA. Correggio, 2004. Stima € 1.000 – 1.500

LUIGI GHIRRI. Modena, 1971. Stima € 2.000 – 3.000

Basta scendere di pochi km e ci si ritrova nelle Marche dove i segni della visione di Mario Giacomelli sono così forti da fare specchio: chi conosce le opere del fotografo di Senigallia le ritrova in quei paesaggi collinari, chi ha confidenza solo con questi ultimi si sorprende di come si sono trasporti in queste intense immagini.

MARIO GIACOMELLI. Presa di coscienza sulla natura, 1975/1985. Stima € 1.800 – 2.500

Altra grande terra di fotografi è la Sicilia: se chi la visita ne coglie i cromatismi abbaglianti come ha fatto un grande maestro del colore come Franco Fontana (Lotto 33 e 34), chi la conosce per esserci vissuto come Enzo Sellerio e Ferdinando Scianna preferisce i toni smorzati di un bianco e nero classico. 

ENZO SELLERIO. Palermo, uscita dai Cantieri Navali, 1962. Stima € 1.200 – 1.600

FERDINANDO SCIANNA. Moisseiev, Tarantella Siciliana, 1966. Stima € 600 – 800

di Roberto Mutti

Scopri il catalogo completo dell’Asta di Fotografia che si terrà a Milano il 15 ottobre

Erté: Il Maestro dell’Art Déco e dell’eleganza senza tempo

Dalle copertine di Harper’s Bazaar alla moda e al teatro, l'arte poliedrica di Romain De Tirtoff conquista il mondo.

Talentuoso artista di origine russa, conosciuto con lo pseudonimo Erté (la pronuncia francese delle sue iniziali R.T.), Romain De Tirtoff si trasferisce a Parigi all’inizio degli anni ’10.

Nel 1913 inizia a collaborare con lo stilista Paul Poiret; nel 1915 ottiene il suo primo contratto con Harper’s Bazaar, la prestigiosa rivista per la quale realizzerà più di 200 copertine fra il 1915 e il 1938.

Ladislaus Czettel. Éventail, anni 20. Stima € 500 – 900

Le illustrazioni di Erté vengono pubblicate su numerose altre testate, fra cui Illustrated London News, Ladies’ Home Journal e Vogue. Ma sono i suoi disegni di moda a renderlo celebre in tutto il mondo: le sue delicate e sofisticate figure, di uno stile immediatamente riconoscibile, costituiranno un’inesauribile fonte d’ispirazione per la moda successiva, rendendolo a tutti gli effetti uno dei padri dell’Art Déco.

Erté (Romain de Tirtoff). Tigre – Danceurs, anni 70. Stima € 1.200 – 2.500

Oltre all’illustrazione ed alla moda, Erté brilla in numerosi campi delle arti applicate: realizza gioielli, arredamenti d’interni, scenografie e costumi teatrali e cinematografici. Le sue opere sono esposte nelle più prestigiose collezioni museali di tutto il mondo, dal Metropolitan Museum of Art di New York al Victoria & Albert Museum di Londra.

Ladislaus Czettel. Folies Bergère – La grande folie, 1928. Stima € 550 – 900.

Con quasi 100 disegni originali tra costumi di moda, scenografie teatrali e illustrazioni editoriali, siamo orgogliosi di presentare la più grande asta mai dedicata al padre dell’Art Déco.

Il catalogo dell’asta presenta una selezione dei più importanti costumisti dei mitici Music Hall parigini, artisti che con le loro opere hanno rivoluzionato lo stile dei primi decenni del XX secolo, artisti come Charles GesmarLadislaus Czettel e Freddy Wittop che hanno dato vita a quella époque d’or rimasta nell’immaginario collettivo di intere generazioni.

Scopri il catalogo completo dell’asta di Erté e il Paris Music Hall che si svolgerà il 25 ottobre a Milano.Visita il nostro sito per il catalogo completo.

Ritratti di donne tra Otto e Novecento: modelle, ideali ed eroine

Donne al centro della raffigurazione nella prossima asta del 25 settembre di Arte Figurativa: modelle realmente esistite o frutto di un ideale femminile, dall’accento esotico o dal temperamento volitivo.

Dal magnifico ritratto di Luigi Trecourt, che Fernando Mazzocca così ci descrive: “Il bel volto della nostra signora, ritratta frontalmente e in una posa di grande effetto con la mano che viene in primo piano appoggiata sulla spalliera della seggiola, ricorda da vicino una delle due figure del quadro pavese – suo capolavoro – , quella che sta in piedi dietro all’altra invece seduta. Vi ritroviamo la stessa dolcezza di modellato e una ricerca espressiva improntata ad un pacato naturalismo caratteristico dei ritratti a noi noti del pittore” (lotto 83), alla mascolina schermitrice di Gaetano Previati al passo con la moda dell’epoca di una scherma al femminile (lotto 3), troviamo una pittrice che idealizza una donna orientale. Stiamo parlando di Sofia Grancini, figura attualmente refrattaria agli studi.

Luigi Trecourt. Ritratto femminile. Stima € 2.500 – 4.000. Gateano Previati. Schermitrice. Stima € 800 – 1.200

Impostata secondo i canoni della scuola braidense, allieva evidentemente del pittore Bertini e degli scapigliati ad esso collegati (Cremona, Ranzoni ma anche una certa sfrontatezza di Tallone), la figura dell’Odalisca dimostra una pittrice matura capace di mescolare con grande consapevolezza di mezzi le cromie anche più accese (lotto 45).

Sofia Grancini. Odalisca. Stima € 1.000 – 1.500

Singolari le due donne di Giovanni Battista Galizzi, pittore eminentemente frescante in spazi chiesastici, che qui si lascia andare a due piccanti declinazioni del femminile: una danzatrice dai lineamenti misteriosi e una modella, La Nigra, che qualche grattacapo coniugale gli procurò (lotti 138, 140).

Giovanni Battista Galizzi. Danzatrice del ventre. Stima € 1.200 – 1.500 e La nigra (la modella). Stima € 1.200 – 1.500.

Protagonista indiscusso della raffigurazione femminile è Giuseppe Amisani, che raccoglie l’eredità boldiniana e che si impone al grande pubblico proprio nel 1912 con il ritratto dell’attrice Lyda Borelli; stessa data del nostro sontuoso ritratto in costume (lotto 81).

Giuseppe Amisani. Ritratto di giovane elegante, 1912. Stima € 3.500 – 5.000

Chiude la rassegna il cremonese Antonio Rizzi il quale, a Firenze al culmine della sua maturità, tra simbolismo e realismo, dispone in un pacato paesaggio lombardo-veneto le sue monumentali matrone michelangiolesche (lotto 143).

Antonio Rizzi. Concerto, 1931. Stima € 5.000 – 7.000

Scopri il catalogo completo dell’asta di Arte Figurativa tra XIX e XX Secolo che si svolgerà il 25 settembre a Milano.

“Disegni Scomparsi” : il racconto di Francesco Altan

Disegni figli del tempo, prodotti tra il 1968 ed il 1970, che mostrano lo sviluppo creativo del più importante fumettista, vignettista e autore satirico italiano. Ed è stato proprio lui in prima persona a raccontarci la loro vera storia.

Questo gruppo di disegni risale agli anni 1968-70, periodo in cui ho vissuto a Roma nell’intervallo fra il mio primo e secondo viaggio in Brasile. All’epoca lavoravo per la rivista Playmen, pubblicando vignette e illustrazioni dei racconti, che firmavo con lo pseudonimo “Panzoust”. Per questi lavori usavo chine, nere e colorate, spesso utilizzando la “penna d’oca” che era fissata al tappo delle bottigliette d’inchiostro.

Parallelamente mi piaceva sperimentare diversi strumenti di disegno: matite, pastelli a cera e olio, in qualche caso tempera e acquerello. Molto spesso il tratto era suggerito dal tipo di strumento e dal supporto cartaceo.

Un buon numero di disegni sono fatti con la tecnica del monotipo, segnando con una punta un foglio di carta leggera posata su un vetro coperto con inchiostro da stampa, che produce un segno simile a un’incisione.

Cominciai anche ad usare, oltre al pennino, il Rapidograph, che diventerà in seguito il mio strumento di base per le vignette e i fumetti. Parlo di “Disegni scomparsi” perché effettivamente li ho persi di vista da quell’epoca fino a un paio d’anni fa, quando sono riapparsi dopo un percorso per lo meno tortuoso.

Disegni Scomparsi è anche il titolo dell’appuntamento per gli amanti del mondo dei fumetti e delle tavole originali del vignettista e autore satirico italiano Altan, un’asta che si terrà a Milano martedì 17 settembre presso la sede di Milano e che sarà preceduta da una fantastica esposizione.

> Scopri il Catalogo Completo dell’Asta

Record italiano per l’opera simbolo di Marcel Duchamp

L.H.O.O.Q, del 1964 dell’artista Francese raggiunge il Record Italiano affermando il successo del dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea.

Henri-Robert-Marcel Duchamp rappresenta uno dei principali esponenti del dadaismo e dell’arte concettuale. L’opera mostra lo spirito avanguardista di Duchamp ed è considerata un punto di riferimento dell’arte del XX secolo.

Con una stima in catalogo di € 100.000 – € 150.000, il capo lavoro L.H.O.O.Q dell’artista francese, è stato battuto all’asta all’importante cifra di € 321.290 durante la giornata del 27 giugno 2024. L’aggiudicazione è record price per l’artista e uno dei miglior risultati per il Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea.

L.H.O.O.Q. di Duchamp sfida le visioni tradizionali e riconsidera un classico utilizzando uno schizzo a matita di baffi e pizzetto. Il titolo dell’opera usa un gioco di parole e, unito all’immagine rivisitata della Gioconda, mostra l’umorismo irriverente di Duchamp e la sua messa in discussione della sacralità dell’arte.

GIANFRANCO BARUCHELLO
Marcel Duchamp in 20 fotografie di Gianfranco Baruchello

L.H.O.O.Q. è anche ampiamente discusso nella letteratura critica. È presente in Marcel Duchamp. Proposte e ricordi (Milano, Ed. Galeria Schwarz, 1965) di Pierre de Massot, creato appositamente per il n. 13 della prima edizione di questo saggio. Arturo Schwarz parla di quest’opera anche nel suo catalogo ragionato The Complete Works of Marcel Duchamp (Londra, Ed. Thames & Hudson, 1969, n. 261e, pp. 476-477), e nella sua edizione rivista e ampliata (New York, Delano Greenidge Editions, 2000, n. 369f, pp. 670-671). Questa replica è stata realizzata per essere inserita nel libro di Pierre de Massot Marcel Duchamp.

MARCEL DUCHAMP
L.H.O.O.Q., 1964

Quest’opera d’arte non solo rappresenta un momento significativo del Dadaismo e Surrealismo, ma è stata anche un precursore dell’arte concettuale successiva.

Il Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea sta selezionando opere per le prossime aste. Se desiderate richiedere informazioni sulla possibilità di mettere in vendita uno dei vostri beni in una delle nostre aste potete contattare i nostri esperti per una prima valutazione gratuita e confidenziale:

Dipartimento di Arte Moderna e Contemporanea
modernoecontemporaneo@finarte.it

Un’importante collezione di vini di Bordeaux: una vera e propria enciclopedia delle migliori annate

Nel catalogo d'asta troverete 600 bottiglie con quelle che a oggi vengono definite le annate di produzione eccellenti tra il 1990 e il 2000

La collezione che proporremo in asta il 20 giugno è una vera e propria enciclopedia dei vini di Bordeaux in oltre 100 lotti e si concentra in prevalenza su annate di produzione definite eccellenti, come la 1995, o addirittura leggendarie come la 1996 e la 2000. Nella grande varietà delle etichette, vale la pena metterne in evidenza alcune, partendo dalle etichette mitiche, tre fra le quattro definite Premier Cru dalla classificazione del 1855, e quelle che hanno raggiunto la celebrità in tempi relativamente recenti.

Chateau Lafite Rothschild

CHATEAU LAFITE ROTHSCHILD 1996
Francia – Bordeaux

Chateau Lafite Rothschild, Pauillac, uno dei vini più ricercati al mondo, è in prevalenza Cabernet Sauvignon; l’azienda fu fondata alla fine del 1600 e a metà del ‘700 il vino era conosciuto come “il vino del Re” e nel 1787 Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti lo includeva nella propria lista dei migliori vini del Medoc insieme a Margaux, La Tour Segur e Haut-Brion; proprietà della famiglia Rotschild dal 1868, dalla metà degli anni ’90 è spesso considerato il migliore interprete nella regione in ogni singola annata; le annate proposte in asta sono l’ottima 1998 e le leggendarie 1995 e 1996; la 1996 è stata ampiamente celebrata dalla critica, che le ha attribuito da più parti il punteggio pieno di 100 centesimi;

Chateau Latour

CHATEAU LATOUR 1996
Francia – Bordeaux

Chateau Latour, Pauillac, è fra i più famosi produttori al mondo; l’azienda, fondata nel 1670, è attualmente proprietà di uno degli uomini più ricchi al mondo, François Pinault ed è una delle gemme più preziose del gruppo Artemis, che comprende straordinarie cantine in tutto il mondo. Il vino, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene prodotto dalle vigne più vecchie, con un’età media di 60 anni; in asta in diversi formati abbiamo la straordinaria annata 1996, oggi nel pieno della sua espressività;

Chateau Margaux, Margaux, considerato il più elegante tra i grandi vini di Bordeaux, viene prodotto in una proprietà che risale al dodicesimo secolo; la London Gazette pubblicizza nel 1705 l’asta di 230 botti di “Margose” e Thomas Jefferson individua nel 1787 Margaux come uno dei quattro vigneti di prima qualità; questa storica tradizione di eccellenza fa di Chateau Margaux uno dei vini da sempre più ricercati al mondo; in asta viene proposta la mitica annata 1996, nei formati classico e Magnum;

Chateau Mouton Rothschild, Pauillac, è il vino più ricercato al mondo; la famiglia Rotschild acquisì la proprietà nel 1853, ne determinò la crescita fino ad ottenerne la promozione a Premier Cru Classé  dal 1973; l’etichetta è affidata ogni anno ad un artista diverso, in asta vengono presentate l’eccellente annata 1995 in un lotto di 4 bottiglie e in un secondo lotto in combinazione con la 1994;

Le Pin

LE PIN 1996
Francia – Bordeaux

Le Pin, Pomerol, da una proprietà di meno di tre ettari creata nel 1979, è un Merlot in purezza che in breve tempo si è inserito nel Gotha dei vini più cari del mondo; ricco ed estremamente concentrato, ha ottenuto regolarmente recensioni di assoluta eccellenza dalla stampa internazionale; proponiamo in asta una bottiglia della spettacolare annata 1996;

Petrus, Pomerol, il più costoso dei vini di Bordeaux, Merlot in purezza, è protagonista nelle collezioni di vini più importanti e regolarmente battuto alle aste; in questa asta siamo orgogliosi di proporre due superbe Magnum dell’annata 1995, che ha riportato valutazioni della critica straordinarie, fra le quali i 96/100 di Parker, e un lotto del 1993.

La collezione prosegue poi con una selezione molto attenta di etichette di assoluta eccellenza, eccole in ordine di apparizione: Chateau Angelus, etichetta considerata dalla critica fra le migliori del territorio di Saint Emilion, viene proposto in Magnum e formato standard nell’annata 1994 e in una prestigiosa cassa originale nella leggendaria annata 2000;

Chateau Ausone, ancora Saint Emilion, è un vino prodotto in quantità limitate e regolarmente oggetto di altissime valutazioni della critica, con il picco dei 100/100 di Parker nell’annata 2000;di grande interesse il lotto della mitica annata 2000 che affianca Chateau Beychevelle, prestigioso rappresentante dell’appellazione Saint Julien a prevalenza Cabernet Sauvignon, e  Sociando-Mallet, dell’Haut-Medoc, a base Merlot e Cabernet Sauvignon;

Chateau Branaire-Ducru, Saint Julien, 1996 e 2000, al punto di maturazione ideale per apprezzare la massima espressività di due annate mitiche;

Chateau Calon-Segur, fra le tre etichette con le migliori valutazioni del territorio di Saint-Estephe, in una delle annate migliori degli ultimi trent’anni;

Chateau Canon La Gaffeliere, Saint Emilion, in prevalenza da uve Merlot e Cabernet Franc, noto per la sua eleganza e proposto in una grande annata;

Château La Fleur-Pétrus, Pomerol, a prevalenza Merlot, è noto per la sua raffinatezza ed eleganza e capacità di affrontare lunghissimi invecchiamenti conservando la propria vitalità; sempre oggetto di valutazioni altissime, l’annata 1995 non fa eccezioni;

Cos d’Estournel, Saint Estephe, vino principale di un’azienda dalla tradizione centenaria, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene proposto in tre lotti, due della leggendaria annata 1996 e un terzo con una interessante combinazione 1995-1996;

Château Ducru-Beaucaillou rappresenta la quintessenza dell’appellazione Saint-Julien, con il suo colore profondo, la sua potente maturazione e la grandissima longevità; viene presentato in modo articolato, con lotti in formato Magnum, nelle straordinarie annate 1995 e 1996;

CHATEAU DUCRU BEAUCAILLOU 1996 (6 BT)
Francia – Bordeaux

Chateau Gazin, dell’appellazione  Pomerol, si basa prevalentemente sul Merlot e viene proposto nella grande annata 1995 e nelle mitiche 1989 e 1990, pronte ad esprimere ora nel modo migliore le proprie caratteristiche;

Chateau Grand-Puy-Lacoste, Pauillac, a prevalenza Cabernet Sauvignon, si distingue per il palato vellutato e gli aromi di sigaro e cassis e ancora una volta presentato in un’annata straordinaria, la 1996;

Château Gruaud Larose, Saint Julien, un classico nato a metà del 1700, a prevalenza Cabernet Sauvignon, proposto in due lotti dalle bottiglie bellissime, nelle annate 1996 e 2000, memorabili;

Chateau Haut-Bailly, Pessac-Leognan, da una casa fondata nel 1600 è fra i più antichi di Bordeaux, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene sempre ben accolto dalla critica: l’annata 1995 ha ricevuto molti giudizi lusinghieri e voti sempre superiori ai 90/100;

Chateau La Mission Haut-Brion, Pessac-Leognan, è noto per l’intensità del suo frutto, la rotondità al palato e i tannini di seta; ha sempre ottenuto valutazioni eccellenti da parte di Robert Parker che ha attribuito 95/100 all’annata 1995;

Château du Tertre, Margaux, viene prodotto da una delle aziende più antiche di Bordeaux, con oltre 1000 anni di storia; prevalentemente a base Cabernet Sauvignon viene prodotto da vecchie vigne dalle radici molto profonde, è proposto in asta i tre differenti annate: 1995, 1996 e 1998;

Chateau L’Eglise-Clinet, Pomerol, Merlot dalle più vecchie vigne dell’appellazione, ha conquistato i favori della critica ottenendo punteggi straordinari, il 96/100 di Parker per l’annata 1998, proposta in asta insieme alla 1993;

Chateau Leoville Barton, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon, si trova sempre più spesso ai vertici delle valutazioni dei Bordeaux; in asta una cassa sigillata di 3 Magnum della spettacolare 2000 e diverse configurazioni delle annate mitiche 1995, 1996 e 2000;

Chateau Leoville Poyferre, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon nella mitica annata 1996;Chateau Leoville-Las Cases ‘Grand Vin de Leoville’, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon dalla più grande delle tre Leoville, ha valutazioni altissime, in particolare le annate in asta hanno ottenuto 96/100 e 95/100 da Parker rispettivamente per le annate 1996 e 1995;

Chateau L’Evangile, Pomerol, si ritrova spesso fra i migliori dell’appellazione, in asta è proposto nell’annata 1994 e nella leggendaria 1995;

Chateau Monbousquet, Saint-Emilion, Merlot e Cabernet Franc presentato in asta nell’annata 1999 e nella spettacolare 1996;

Chateau Montrose, Saint-Estephe, a prevalenza Cabernet Sauvignon e Merlot, ha acquistato una grande reputazione e viene proposto in asta in annate straordinarie, 1995, 1996 e 2000 e anche in formato Magnum;

Chateau Pavie, Saint-Emilion, dalla tenuta più estesa delle tre Pavie, è un vino a prevalenza Merlot presentato in diversi lotti dell’annata 1999;

Chateau Pavie Macquin, Saint-Emilion, anch’esso a prevalenza Merlot, proposto in Magnum della splendida annata 1998 e in una cassa da 12 del 1999;

Chateau Peby Faugeres, Saint-Emilion, ricco Merlot che ha raggiunto valutazioni altissime, addirittura 100/100 da Parker, proposto in asta nella prima annata, la 1998, realizzata con una selezione delle migliori vecchie vigne della tenuta;

Chateau Pichon-Longueville au Baron de Pichon-Longueville, Pauillac, combinazione di potenza ed eleganza viene proposto nell’annata mitica 1996;

Chateau Pichon Longueville Comtesse de Lalande, Pauillac, situato fra l’altro Pichon-Longueville e Chateau Latour, viene proposto in asta in annate con punteggi straordinari, in particolare 96/100 per la 1995 e 97/100 per la 1996;

Chateau Pontet-Canet, Pauillac, di grande eleganza e ottimo riscontro della critica, viene proposto nelle annate 1994, 1995 e 1996, con valutazioni sempre alte e crescenti;

Chateau Sociando-Mallet, Haut-Medoc, vino strutturato dalle grandi potenzialità di invecchiamento, proposto in formato classico e Magnum nelle straordinarie annate 1995 e 1996;

Chateau Troplong Mondot, Saint-Emilion, è un vino molto concetrato e longevo e in asta viene proposto nell’annata 1994;

Chateau Trotanoy, Pomerol, è uno dei vini più costosi  di Bordeaux, ha uno stile ricco e grandi potenzialità di invecchiamento, viene proposto in asta nell’annata 1995 e 1998, eccellenti;

Vieux Chateau Certan, Pomerol, è un vino a base Merlot dal colore intenso e alte valutazioni della critica, viene proposto nell’annata 1998, che ha meritato 95/100 da Parker

Scopri il catalogo completo dell’asta che si terrà a Milano il 19 e 20 giugno

Czerny’s: venticinque anni di eccellenza

Una casa d'aste che è un punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. Ripercorriamo insieme la sua storia.

Nel mondo delle aste, in poche possono vantare la stessa dedizione e competenza di Czerny’s. Fondata nel 1999, la casa d’aste ha costruito una reputazione solida come punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. In occasione del suo 25° anniversario, ripercorriamo le tappe salienti di questo straordinario successo che verrà celebrato anche con una importante asta il 20 e il 21 giugno a Sarzana.

Le Origini

Czerny’s nasce dall’iniziativa di un gruppo di esperti appassionati di armi antiche (tra cui Michael Czerny – attuale Amministratore Delegato, e Germano Mancioli noto oplologo e appassionato del settore), decisi a creare una piattaforma dedicata alla valorizzazione e alla commercializzazione di questi preziosi manufatti. Sin dai suoi inizi, la casa d’asta ha puntato sulla qualità, selezionando accuratamente ogni pezzo e fornendo ai clienti una garanzia di affidabilità e competenza.

Negli anni, Czerny’s ha gestito alcune delle aste più memorabili nel settore delle armi antiche.

Pugnale khanjar dell’India Moghul del XVIII Secolo (a sinistra) / Raro pendente dell’Ordine di San Stanislao del XIX Secolo (a destra)

Vogliamo citare fra i pezzi recentemente aggiudicati un notevole pugnale khanjar dell’India Moghul con impugnatura in giada e pietre dure, databile al XVIII Secolo, venduto per € 48.000 € (diritti d’asta inclusi), un raro pendente dell’Ordine di San Stanislao in oro e smalti del XIX Secolo aggiudicato per € 52.000 (diritti d’asta inclusi).

Una notevole armatura completa da uomo d’arme, di produzione italiana, del tardo XVI Secolo, venduta per € 62.000 (diritti d’asta inclusi) e per finire un eccezionale scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II, seconda metà del XVI Secolo, per i combattimenti a cavallo che si praticavano presso la corte di Spagna, venduto per € 274.000 (diritti inclusi).

I cataloghi di Czerny’s includono armi da fuoco antiche, armi bianche, armature e accessori militari, ognuno con una storia unica da raccontare e da sempre rappresentano un vero e proprio feticcio per i collezionisti di tutto il mondo.

Scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II (a sinistra) / Armatura completa di produzione italiana, del tardo XVI Secolo (a destra)

Per l’asta del suo 25° anniversario Czerny’s propone, oltre a una vasta collezione di armi del Vecchio West, una notevole selezione di copricapi militari, fra i quali una pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica, un rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I, che fu brevemente Re di Spagna (1871-1873), e uno straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II. Oltre a questi sono presenti foto d’epoca, dipinti e altri interessanti oggetti di militaria.

Pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica (a sinistra) / Rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I (al centro) / Straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II

Innovazione e Tradizione

Uno degli aspetti che contraddistingue Czerny’s è anche la capacità di coniugare tradizione e innovazione. La casa d’aste è stata una delle prime nel settore ad implementare servizi innovativi come cataloghi online, live-bidding dal suo portale web (ora anche tramite la app proprietaria per iphone e andorid) e aste a tempo permettendo così ai collezionisti di partecipare da ogni angolo del globo. Questo approccio moderno ha permesso a Czerny’s di ampliare la propria base di clienti, mantenendo al contempo l’attenzione per i dettagli e la cura artigianale che da sempre la caratterizzano.

Difatti un altro punto di eccellenza per Czerny’s è da sempre il reparto fotografico e editoriale, che garantisce immagini di alta qualità per ogni pezzo in vendita e la cura meticolosa nella presentazione dei cataloghi.

Per questo importante anniversario Czerny’s vuole celebrare non solo i propri successi, ma anche la comunità di collezionisti e appassionati che ha contribuito a costruire e della quale è orgogliosa di fare parte. Ogni asta è un punto di incontro per esperti e neofiti, un’opportunità per scambiare conoscenze e condividere la passione per l’oplologia e la storia militare.

La mission è sempre chiara e invariate nel tempo: promuovere la conoscenza e la conservazione delle armi antiche, offrendo al contempo un servizio di eccellenza.

Conclusione

Il 25° anniversario della Casa d’Asta di Armi Antiche Czernys è un traguardo significativo che riflette la passione, la dedizione e la competenza di un team che ha saputo trasformare una passione in una realtà di successo. Celebrando il passato e guardando con entusiasmo al futuro, Czerny’s continua a essere un faro nel mondo delle armi antiche, un luogo dove storia e arte si incontrano per creare qualcosa di davvero speciale.

> Scopri i cataloghi delle importanti aste che si terranno a Sarzana il 19-20-21 giugno

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta Sirani

I due dipinti della pittrice bolognese ottengono un importante record d'asta affermando il trend positivo per il settore dei dipinti antichi

I due capolavori, provenienti dalla collezione del letterato Malvasia e dichiarati di eccezionale interesse storico-artistico, rappresentano una rara testimonianza del talento dell’artista, che nonostante il brevissimo periodo di attività – morì forse avvelenata a soli 27 anni – fu una delle rare donne pittrici nel Seicento a conquistare un ruolo di assoluto rilievo, ottenendo fama e ricchezza pari a quelle dei suoi colleghi uomini.

Con una stima in catalogo di € 120.000-180.000, sono stati venduti in asta ieri 28 maggio, all’importante cifra di € 492.090. L’aggiudicazione è record price per l’artista e miglior risultato di sempre per il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Liberalità (a sinistra) e Allegoria dell’Onore (a destra)

I dipinti in catalogo facevano parte di una serie di sette opere, di analoghe misure e soggetti, documentate nell’inventario della collezione di Carlo Cesare Malvasia, celebre storiografo bolognese, autore della Felsina pittrice, Vite de’ pittori bolognesi, edita nel 1678.

Nell’inventario, redatto post mortem nel 1694, i dipinti sono descritti con cornice liscia tinta di berrettino, ovvero di rosso porpora:

“… un quadro, o sia ottangolo con cornice lissia, tinta di berrettino, con una figura che versa una cornucopia con fiori, et asta in mano […] Un quadro, o sia otangolo con cornice lissia tinta di berrettino, rapresenta una Dona meza figura che hà in mano un bacile di danari”.

Questo preciso riscontro documentario è molto utile perché ci permette anche di datare le eccezionali cornici che ancora oggi accompagnano le opere; nell’inventario di Cesare Alberto Malvasia, fratello ed erede di Carlo, redatto nel 1697, infatti le tele sono descritte entro cornici barocche intagliate: “con cornici a fogliami rilevati e dorati”. Si tratta evidentemente delle stesse che possiamo ammirare tuttora e che costituiscono quindi parte integrante e imprescindibile di questi capolavori.

Il passaggio della collezione Malvasia al successivo erede, Cornelio Gaetano, ne decretò la dispersione, poiché alla sua morte, nel 1718, l’intera quadreria fu smembrata e venduta a diversi collezionisti e mercanti europei.

I dipinti in asta ricomparvero sul mercato antiquario inglese, dove furono acquistati nel 1972 da un collezionista privato bolognese, nella collezione dei cui eredi si trovano tutt’oggi. Tutti i quadri della serie rappresentano figure allegoriche puntualmente derivate dall‘Iconologia di Cesare Ripa, testo a cui Elisabetta poteva facilmente attingere, essendo presente nella biblioteca del padre, Giovanni Andrea Sirani (Bologna 1610 – 1670), noto pittore allievo e collaboratore di Guido Reni.

Questi dipinti sono citati anche nel diario di lavoro della pittrice, la Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, all’anno 1657, data che infatti si legge sotto la firma nel quadro raffigurante l‘Allegoria della Liberalità. Fu proprio Malvasia a pubblicare, nel 1678, il testo di Elisabetta; e forse in quell’occasione il padre Giovanni Andrea donò allo storiografo le sette tele che costituivano la serie ispirata all‘Iconologia di Ripa.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Fama (a sinistra) e Allegoria della Virtù (a destra)

Come già anticipato, la serie fu smembrata e andò dispersa nel XVIII secolo. Oltre alle due qui presentate, se ne conoscono solo altre due, raffiguranti Allegoria della Virtù e Allegoria della Fama, anch’esse firmate e datate 1657. Già in collezione privata a Parigi, queste ultime furono acquistate nel 2010 da Altomani & Sons  e messe in vendita all’asta Sotheby’s a New York il 26 gennaio 2012 (lotto 51), dove rimasero invendute. Rientrate in Italia in regime di temporanea importazione, furono vendute ad un ignoto collezionista.

I due dipinti venduti in asta rappresentano quindi gli unici esemplari fruibili della serie, assumendo così un ruolo di eccezionale rarità e importanza non solo nella produzione pittorica di Elisabetta, ma anche quali testimonianza della storia del collezionismo e del gusto della Bologna barocca.

Tra il 1657 e il 1658, infatti, la Sirani elabora uno stile più maturo e personale, superando i modelli paterni, ancora fortemente legati alla maniera di Guido Reni. La serie delle Allegorie è un tassello importante nella carriera della pittrice, perché ne documenta l’esordio nella produzione di quadri da stanza, che dal 1660 saranno fonte di grande successo anche internazionale, come dimostrano le committenze di regnanti e diplomatici in Italia e in Europa. In quegli stessi anni Elisabetta inizia a rielaborare le novità introdotte da altri maestri, soprattutto Guercino, che sarà di grande ispirazione nella fase più matura dell’artista e il cui influsso è ben leggibile nel dipinto raffigurante Allegoria dell’Onore, qui presentato.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria dell’Onore

L’elaborazione dei diversi linguaggi figurativi che in quel periodo caratterizzano la produzione artistica bolognese ed emiliana, rende la pittrice parte attiva della trasmissione dei modi di Guido Reni, Simone Cantarini, Flaminio Torre e Guercino alle generazioni successive, da Gian Gioseffo del Sole a Donato Creti.In particolare, nei dipinti qui offerti, la Sirani, pur ispirandosi alle indicazioni iconografiche di Cesare Ripa, “inventa” le sue Allegorie cercando la sua cifra stilistica personale nella minuziosa e raffinata descrizione dei particolari: nella Liberalità la vaporosa grazia delle stoffe avvolgenti, le ricercate passamanerie decorate di perle, la sensualità dei capelli biondi sciolti sul candore della scollatura; nell‘Onore il paesaggio e il cielo, in cui nuvole di un grigio tempestoso lasciano intravedere un tramonto che si accende su uno scorcio di mare solcato da una vela solitaria. Anche i fiori nella cornucopia sono resi con una sensibilità descrittiva che denuncia una particolare attenzione al genere della natura morta.

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta emerge pienamente in queste due opere, facendoci rimpiangere gli altri capolavori che ella avrebbe potuto realizzare, se non fosse stata colpita da una morte così precoce. Nonostante il brevissimo periodo di attività, infatti, la Sirani fu una delle rarissime donne pittrici nel Seicento ad assurgere ad un ruolo di primo piano nel panorama artistico dell’epoca.

Con questa brillante vendita il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi di Finarte supera il 100% del valore delle riserve dell’asta, affermando il trend positivo già ottenuto nel 2023.

Report sul mercato dell’arte e dei beni da collezione

Il 9 maggio scorso Deloitte ha presentato la sua consueta analisi alla quale quest'anno ha partecipato anche il nuovo Amministratore Delegato di Finarte Alessandro Guerrini

Il mercato dell’arte nel 2023: ci potrebbe dare un commento di sintesi?

Il 2023 è stato un anno molto positivo per il Gruppo Finarte, che per la prima volta considera nel proprio perimetro anche Czerny’s – casa d’asta leader a livello internazionale nel settore delle armi antiche – acquisita nel novembre del 2022. Il Gruppo ha intermediato vendite per circa 35 milioni di euro (+25% rispetto all’anno precedente), realizzando il miglior risultato di sempre e consolidando la propria posizione nel mercato italiano. Abbiamo raccolto i frutti degli investimenti fatti in questi anni e capitalizzato la fiducia dei nostri clienti, sia mandanti che acquirenti. A crescere non è stato solo il numero degli affidamenti, ma anche la percentuale di venduto, la qualità e il valore medio dei beni che ci sono stati consegnati.

Quali sono i principali driver che hanno determinato l’assestamento del mercato dell’arte in Italia?

Il mercato dell’arte in Italia, nel 2023, ha effettivamente registrato una leggera flessione a livello aggregato, rispetto all’anno precedente, ma è opportuno rilevare come il 2022 sia stato un anno straordinario che ha beneficiato dell’effetto “rimbalzo”, dopo un biennio di emergenza sanitaria: pertanto il confronto del mero dato numerico va letto e interpretato con capacità critica. Al di là di questa considerazione, senz’altro l’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse hanno influenzato le vendite, ma – in un mercato di dimensioni limitate come quello italiano, sensibile alle piccole variazioni – i motivi della contrazione vanno ricercati anche nei risultati e nelle scelte strategiche di singoli operatori che – per ragioni naturalmente comprensibili e legittime – possono aver deciso (come di fatto è successo!) di ridurre il numero delle vendite o di delocalizzarle in altri paesi in cui operano. Non leggerei dunque l’assestamento del mercato italiano necessariamente come un trend ribassista.

Quali sono i dipartimenti che hanno avuto maggiore successo nel 2023? E quale profilo hanno e da dove vengono i collezionisti più attivi?

Quasi tutti i nostri dipartimenti hanno registrato una crescita significativa, a doppia cifra, nel corso del 2023. In valore assoluto Arte Moderna e Contemporanea, Gioielli e Orologi ancora una volta sono stati i dipartimenti trainanti, ma in termini percentuali a crescere maggiormente sono stati gli Old Masters e l’Arte del XIX Secolo. È proprio da quest’ultimo settore che viene il nostro top lot dell’anno, il Ritratto femminile di Angelica Kauffmann, battuto nell’asta del 19 ottobre. Se i mandanti sono ancora prevalentemente italiani, gli acquirenti, al contrario, sono in una quota sempre più consistente internazionali: Stati Uniti, Francia e Regno Unito sono i paesi da cui provengono il maggior numero di offerte. Sebbene con marcate differenze in base ai settori collezionistici, la parità di genere nel mercato dell’arte è, ahimè, ancora lontana: a partecipare alle aste sono infatti – in netta prevalenza – uomini, con un’età media superiore ai 55 anni. Cresce tuttavia un nuovo collezionismo, giovane e dinamico, attratto da beni con soglie di accesso contenute – come ad esempio la fotografia, il design o il vino da collezione – o con una forte valenza identitaria e di status symbol, come ad esempio gli orologi.

Quali prospettive vede in merito alla digitalizzazione e al mondo degli NFT, a livello internazionale e a livello italiano, anche in considerazione della crisi degli NFT e dell’introduzione per la prima volta in Italia di una normativa?

È naturalmente bene distinguere il fenomeno della digitalizzazione del mercato da quello della produzione di opere d’arte digitali, spesso impropriamente definite NFT.
La digitalizzazione del mercato è un fenomeno inarrestabile che ha avuto un forte impulso durante la pandemia ma che, anche successivamente ad essa, è rimasto ed è divenuto strutturale nel sistema. Finarte stessa, con grande spirito di resilienza, in una situazione così traumatica, ha saputo adattare il proprio business e ha fatto degli investimenti tecnologici un proprio driver di sviluppo. Continueremo ad investire in tal senso per allargare la nostra clientela verso paesi in cui diversamente non potremmo arrivare. Lo faremo però con la consapevolezza che i collezionisti, e più in generale il pubblico dell’arte, hanno anche il desiderio, più forte che mai, di vivere esperienze reali, a diretto contatto con le opere e con le persone. Non è un caso se, proprio quest’anno abbiamo voluto investire in questa direzione, tornando nella nostra sede storica di Piazzetta Bossi, a Milano, il luogo dove il mercato delle aste è nato nel 1959 e che vogliamo far diventare un luogo vivo di incontro e di scambio dedicato all’arte e al collezionismo.
Fenomeno ben diverso è quello delle opere digitali, che hanno conosciuto, come noto, un momento di grande e repentino successo di mercato, seguito da un crollo altrettanto verticale. Lo sgonfiamento della bolla speculativa – che ne aveva contraddistinto l’ascesa – ha determinato una dura selezione delle opere e degli artisti davvero meritevoli di attenzione, così come l’introduzione di una normativa specifica ha disciplinato un mercato fino a pochissimo tempo fa completamente deregolamentato e caratterizzato da pratiche opportunistiche, se non addirittura fraudolente. Alla luce di ciò, sono convinto che tali opere siano certamente destinate a rimanere – in quanto espressione della sensibilità attuale – ma che siano destinate a rappresentare solo una delle molteplici forme della creatività e della produzione artistica.

Qual è la sua prospettiva sull’andamento del mercato dell’arte in Italia, specialmente alla luce della Brexit e degli sforzi italiani per rilanciare il settore tramite una nuova legislazione che semplifica le procedure per la circolazione dei beni culturali e introduce una serie agevolazioni fiscali?

La Brexit ha avuto un effetto tutt’altro che trascurabile sugli equilibri del mercato dell’arte, spostando il baricentro del mercato europeo su Parigi: se tale spostamento è stata la logica conseguenza di una decisione presa oltremanica, è altrettanto chiaro come la Francia abbia saputo cogliere l’opportunità, creando le giuste condizioni per affermarsi come il paese di elezione del mercato, in ambito comunitario, mixando sapientemente attrattività fiscale, valorizzazione del sistema e marketing territoriale. Da questa esperienza ritengo che dovremmo trarre ispirazione: il modello è senz’altro replicabile e consentirebbe all’Italia di giocare un ruolo di maggiore rilievo e di non diventare, in prospettiva, solo mercato di approvvigionamento dei grandi player internazionali. Qualcosa, in tal senso, si sta finalmente muovendo: il dialogo fra gli attori del mercato e gli apparati governativi è ormai costante e l’auspicio è che le trattative in essere – in materia soprattutto di circolazione internazionale dei beni e di fiscalità – rendano finalmente il nostro paese più competitivo. Il Gruppo Apollo – di cui l’ANCA, Associazione Nazionale Case d’Asta fa parte – sta svolgendo in tal senso un lavoro meritorio, portando avanti con equilibrio e rigore, istanze ragionevoli, condivise e fortemente volute da tutti gli operatori del settore.

Ci può fare, inoltre, una breve panoramica sugli effetti dell’evoluzione del conflitto israelo-palestinese sulla domanda dei beni da collezione, nonché sull’offerta, parlando quindi della disponibilità dei collezionisti alla vendita? Le aste del 2023 sembrano avere avuto risultati in chiaroscuro.

Il conflitto israelo-palestinese è scoppiato nell’ultima parte dell’anno e, benché fosse ampiamente prevedibile, si è trasformato in una crisi internazionale solo successivamente. Considerata la fisiologica inerzia del mercato dell’arte, non ritengo che i risultati del 2023 siano stati influenzati più di tanto da questo conflitto. Senz’altro la situazione mediorientale contribuisce in modo significativo al quadro di instabilità geopolitica internazionale con cui invece il mercato si dovrà confrontare nel 2024: l’incertezza derivante dal conflitto israelo-palestinese – così come dalla situazione in Ucraina o dai venti di guerra a Taiwan – avranno certamente, a livello aggregato, impatti sul mercato dell’arte, ma ritengo che ad accusare maggiormente il colpo saranno le grandi piazze internazionali e la fascia più alta del mercato.

Guardando al mercato italiano, esistono particolari differenze rispetto ai trend del mercato internazionale?
Personalmente non rilevo particolari differenze fra i macro-trend del mercato internazionale e quelli del nostro mercato, a maggior ragione perché la digitalizzazione dei canali di vendita ha in gran parte abbattuto le frontiere geografiche e ha contribuito a generare e alimentare trend che possiamo definire a tutti gli effetti globali. Al netto delle propensioni verso determinati artisti o correnti, magari più affini alle specifiche culture e identità nazionali, le differenze sono principalmente in termini di volume delle vendite e di valore medio dei beni. Uno dei pochi elementi che rilevo nel mercato anglosassone e che non ritrovo, al contrario, in Italia – così come, peraltro, nel resto dell’Europa – è la contaminazione fra mercato primario e mercato secondario che, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, consente, ad esempio, ad artisti molto giovani di essere proposti e venduti in asta, talvolta anche senza essere rappresentati e sostenuti da gallerie di riferimento.

Quali sono le prospettive per il 2024, anche in considerazione dell’attuale contesto macro-economico?
Come detto in precedenza, ritengo che il contesto geopolitico rappresenti la principale minaccia per il mercato dell’arte nel 2024. Con questa premessa, esprimo però un cauto ottimismo: il mercato è solido e continua a rappresentare un sicuro baluardo per chi intende coltivare una passione collezionistica e al contempo diversificare il proprio patrimonio, investendo in beni reali. La raccolta di mandati in questi primi mesi dell’anno ce lo sta confermando!