I sei fotografi più cercati sul mercato

L'interesse dei collezionisti verso la fotografia non accenna a diminuire. Ecco i sei nomi più cercati sul mercato, da Gabriele Basilico con i suoi paesaggi suggestivi, a Nobuyoshi Araki che con i suoi scatti ha costruito un vero e proprio immaginario erotico.

Con la sospensione dei grandi eventi artistici come mostre, biennali e fiere internazionali d’Arte, l’unico barometro rimasto a testimoniare il gusto e il trend del mercato dell’arte è rappresentato dalle aste. Ciascuna nel suo settore specifico mostra il polso di un mondo, quello del collezionismo, che può essersi contratto, viste le circostanze mondiali, ma che di certo non è rimasto al palo. L’inizio dell’anno può essere, quindi, un buon momento per analizzare i dati delle ultime edizioni e individuare gli autori protagonisti che hanno realizzato i migliori risultati.  

Uno dei settori che più di ogni altro ha mostrato i margini di crescita più ampi è sicuramente quello della fotografia, sia con autori italiani che internazionali.  

Con il 93% di venduto sui 14 lotti passati in asta nell’arco dell’anno, sicuramente Gabriele Basilico è il campione della categoria del 2020, a dimostrazione di come sempre più si apprezzano i “ritratti” di città del fotografo milanese scomparso nel 2013. La bravura di Basilico risiedeva nella capacità di mettere a nudo le metropoli che cadevano sotto l’occhio della sua macchina fotografica, mettendone in risalto angoli spesso sconosciuti agli stessi abitanti sia con l’uso di un raffinato bianco e nero sia, anche se più raramente, del colore, come per Roma, uno scatto del 2007, lotto 15 dell’asta di marzo 2020, venduto per l’ottima cifra di € 5.855. 

GABRIELE BASILICO, Roma, 2007

Il marchigiano Mario Giacomelli si assesta invece a un 92% di aggiudicato su 12 lotti della serie dedicata ai “Pretini” proposti negli ultimi tre anni. Questo autore è la dimostrazione di come le passioni possano portare a risultati sorprendenti. Tipografo per mestiere e fotografo per diletto, ha passato ogni momento libero della sua vita armato di macchina fotografica a scandagliare territori e luoghi attorno alla sua Senigallia, divenendo in questo modo cantore della campagna. Con le sue vedute aeree di campi coltivati e boschivi e con le testimonianze del mondo di ospizi, case di cura e seminari, ha ricavato una delle sue serie più famose, “i Pretini” appunto, di cui un esemplare è stato aggiudicato per € 9.510 nell’asta di ottobre 2019.  

MARIO GIACOMELLI, Io non ho mani che mi accarezzino il volto (Pretini), 1953/1963

Il paesaggio è sicuramente uno dei soggetti più apprezzati dagli amanti della fotografia se, dopo Basilico e Giacomelli, l’artista con i migliori risultati è Luigi Ghirri. Tra i fotografi italiani più riconosciuti a livello internazionale con mostre e personali nei più importanti musei americani e francesi, realizza, infatti, un ottimo 84% su 25 lotti proposti

L’Italia che emerge dalle sue fotografie è una penisola metafisica, senza tempo, in cui anche l’oggetto e il luogo più banali vengono circonfusi dalla magia della bellezza e dell’unicità del colore. Un autore che, anno dopo anno, si conferma tra i top acquisti per la fotografia tanto da inanellare già nel 2018 un’aggiudicazione per € 11.250 (lotto 242, dicembre 2018), confermata nel 2019 con € 13.899 (lotto 43, ottobre 2019)  e infine con Lucerna dalla serie “Kodachrome, opera del 1971, venduto a settembre del 2020 per € 8.249. 

LUIGI GHIRRI, Lucerna, dalla serie “Kodachrome”, 1971

A concludere la sfilata degli autori italiani più ricercati il napoletano Mimmo Jodice, con una perfomance di tutto rispetto del 72% su 18 lotti passati in asta. Dei quattro fotografi finora qui analizzati è sicuramente il più eclettico, capace di spaziare dal paesaggio alla ritrattistica, dalla fotografia documentativa a progetti sperimentali, con il comun denominatore del bianco e nero usato in maniera tale da mettere in risalto sia i soggetti che la luce che li circonda, forse la vera protagonista delle sue opere. 

Perfetto esempio è Sculptures. Museo Nazionale di Napoli, uno scatto del 1986 venduto nel 2019 per € 6.000, in cui due sculture esposte nel museo si affrontano tra loro, ma a uno sguardo più attento i concorrenti risultano essere tre, con l’ombra di una delle due resa più tangibile del “reale” dal sapiente occhio di Jodice.  

MIMMO JODICE, Sculptures. Museo Nazionale, Napoli, 1986

Tra i fotografi stranieri che hanno ottenuto i migliori risultati sicuramente il ceco Jan Saudek con l’86% di venduto su 14 lotti, tra i quali Marie nr. 142, Model print, 2002 venduto a € 5.100 nel marzo 2020. I suoi ritratti effetto “vintage” con soggetti scabrosi sembrano nascere più che per appagare l’occhio per scioccarlo, ma in realtà sono delle profonde riflessioni sul senso di alcuni temi fondamentali: vita, morte, amore, sesso, bello e brutto. Significato ben compreso dai collezionisti, come dimostrano i risultati ottenuti. 

JAN SAUDEK, Marie nr. 142, Model print, 2002

Sugli stessi temi, ma in chiave più bondage, anche le polaroid di Nobuyoshi Araki. L’autore giapponese e le sue geishe sottomesse o i suoi macro di fiori si attestano a un ottimo 84% su 30 lotti proposti, con prezzi di aggiudicazione costanti e sempre sopra la stima minima. Spiccano alcune aggiudicazioni come il lotto 1 del maggio 2018 a € 3.000, il lotto 93 dell’ottobre 2019 a € 6.360 e per finire il lotto 56 del marzo 2020 venduto a € 2.430.  La fotografia si dimostra un ottimo settore sia per chi voglia avvicinarsi al mondo del collezionismo sia per chi decida di investire in prospettiva.  

NOBUYOSHI ARAKI, Geisha Girl with Watermelon, 1991

Vendi con noi

Il 2020 è stato un anno da incorniciare per il Dipartimento di Fotografia, con un risultato che assesta un +50% rispetto al 2019. Il fatturato totale dell’anno è di 950.000 euro diritti inclusi ed è la prima volta in Italia che si assiste a un tale traguardo nel settore. Le aste dell’anno appena passato sono state contraddistinte dal forte taglio internazionale e dai numerosi record italiani e mondiali, tra i quali Helmut Newton, Henri Cartier-Bresson e Maurizio Galimberti.

Il dipartimento sta ora selezionando opere e intere collezioni da includere nelle prossime aste. Gli esperti sono disponibili su appuntamento, per stime e consulenze gratuite e confidenziali.

Asta di Fotografia: 17 marzo 2021
Termine per la consegna delle opere: 5 febbraio 2021

15 curiosità su quest’anno che si sta per concludere

Dal lotto più con più offerte al dipartimento con più record, dal gioiello con più diamanti al vino più invecchiato battuti in asta, ripercorriamo questo particolare 2020 in numeri, eventi interessanti e curiosità.

Possiamo affermare senza alcun dubbio che il 2020 sia stato un anno senza precedenti. Si è aperto nella totale inconsapevolezza di ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi mesi, ma il lockdown non ci ha trovato impreparati. Le chiusure obbligate dovute alla pandemia hanno imposto a tutti noi del settore la necessità di sviluppare nel più breve tempo possibile dei nuovi modelli di promozione, vendita e partecipazione: il digitale e le aste svolte da remoto sono stati i cardini trainanti di questi dodici mesi. Gli ottimi risultati hanno confermato l’importanza del ruolo dell’online anche nel mondo delle aste, tradizionalmente associate alla presenza in sala, all’adrenalina della paletta e dell’offerta e dal colpo finale del martello. Il 2020 ha aperto a tutti gli effetti una nuova era e noi non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riserverà l’anno in arrivo (a proposito, qui trovate il calendario delle prossime aste!). Ma nel frattempo, abbiamo raccolto alcune curiosità, numeri ed eventi interessanti sull’anno passato.


Numero di lotti venduti
6421

 

Con 12 aste nel primo semestre e 18 aste nel secondo, quest’anno i lotti venduti sono stati 6421. A marzo, proprio all’inizio delle prime restrizioni dovute alla pandemia, si è tenuta l’asta di Fotografia: in una Milano surreale, la sessione ha registrato un riscontro sorprendente, totalizzando un venduto di quasi 400.000 €, registrando un +40% sull’asta di ottobre dell’anno precedente.

Leggi anche: Le aste ai tempi del Coronavirus


Il lotto spedito nel luogo più lontano
SCUOLA ITALIANA, INIZI SECOLO XIX – Salvator Mundi

 

Questo Salvator Mundi, insieme ad altri sei dipinti di alcune delle maggiori Scuole Italiane dal XVI al XVIII secolo, sono stati acquistati dalle isole Hawaii in occasione dell’asta Incanti d’Arte dello scorso febbraio.


Il lotto con il maggior incremento di valore
MAREK SZWARC – Donne, 1939

 

In occasione dell’ultima asta del 2020, Arte Moderna e Contemporanea di Roma dello scorso 18 dicembre, una scultura dell’artista polacco Marek Szwarc, Donne, del 1939, è stata venduta per 27.539 € (oltre 20 volte il suo valore, la stima iniziale era infatti di 1.000 – 1.500 €).


Il Dipartimento con più Record
FOTOGRAFIA

 

Il 2020 è stato un anno da incorniciare per il dipartimento di Fotografia, con un risultato che assesta un +50% rispetto al 2019. Il fatturato totale dell’anno è di 950.000 euro diritti inclusi ed è la prima volta in Italia che si assiste a un tale traguardo nel settore. I record italiani sono stati cinque, tra i quali la provocante Saddle I di Helmut Newton, lotto 116 dell’asta di settembre (illustrata qui sopra), venduta per ben 37.459 €, mentre la museale Duomo Gotico Pungente di Maurizio Galimberti, ha quadruplicato la stima minima, assestandosi a 12.660 € e raggiungendo un record mondiale.


Il lotto con più offerte
LUCIO FONTANA – Crocifisso, 1951

 

Durante l’asta di Arte Moderna e Contemporanea di Milano del 22 ottobre, un Crocifisso in terracotta smaltata del 1951 ha avuto il più alto numero di offerenti: da una base d’asta di 60.000 – 80.000 €, l’opera di Lucio Fontana è stata venduta a 207.459 €.


Il gioiello con più diamanti
Importante collana in platino e diamanti

 

597 diamanti taglio vecchio per 40 carati di magnificenza: questa collana Art Nouveau in platino, realizzata a bavaglino con motivi a festoni e fiocchi nastrati, è il gioiello con il maggior numero di diamanti battuto in asta quest’anno.  Copertina del catalogo della prima Jewelry Week del 2020 (22 – 25 giugno), la collana è stata venduta a 57.299 €.


Il vino più invecchiato
Giacomo Conterno Monfortino Stravecchio, 1937

È del 1937 questo Barolo Giacomo Conterno Monfortino Stravecchio, venduto per 1.920 €  il 5 novembre in occasione dell’Asta di Vini e Distillati. A solo un anno dalla sua nascita, il dipartimento è riuscito a costruire un’importante base di clienti, proponendo cinque aste, migliaia di lotti battuti, e una selezione che spazia dai vini rinomati alle più nascoste rarità.


Il lotto con più clic sul sito
MARIO SCHIFANO – Gigli d’acqua, 1983

 

Quasi 2000 click sul lotto 154 dell’asta di Arte Moderna e Contemporanea di Roma dello scorso 28 maggio, un olio su tela di Mario Schifano del 1983, Gigli d’Acqua, venduto a 15.139 €. Schifano detiene il record di Finarte come autore con più opere in asta (43 in totale) in questo 2020.


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Il lotto più particolare
GUCCI – Originale sacca da giardinaggio

 

Tra i 159 lotti dell’asta di Luxury Fashion del 10 dicembre, uno era davvero ricercato e originale: una sacca da giardinaggio di Gucci, degli anni ’70 in tessuto operato e stampato con profili in pelle, da portare in vita con una cintura. All’interno, anche tre accessori in acciaio e corno: siamo sicuri che sia stato un regalo di Natale apprezzatissimo da un amante del giardinaggio (con stile!). La sacca è stata venduta per 4.343 €.


Il lotto più ingombrante
OSCAR NIEMEYER – Tavolo da riunione, 1980 ca.

6 metri di lunghezza per questo tavolo da riunione con base in acciaio e piano in legno del grande maestro brasiliano Oscar Niemeyer, che esalta le funzioni e i valori dell’arredo direzionale: misure imponenti per spazi prestigiosi. Il lotto è stato battuto il 22 luglio, in occasione della prima asta di Design e Arti Decorative di Finarte.


L’asta durata di più
LIBRI, AUTOGRAFI E STAMPE

 

Con 680 lotti divisi in due tornate, l’asta di Libri, Autografi e Stampe tenutasi a Roma il 18 novembre è durata in totale oltre 9 ore. Tra i lotti proposti in catalogo c’era anche questa lettera di Giacomo Leopardi del 1825, acquisita dalla Biblioteca Nazionale di Napoli.


L’orologio con il quadrante più ricercato
Universal Genève con mappa del Venezuela

Grande successo anche per l’asta di Orologi del 30 novembre: si tratta infatti dell’asta con la percentuale di valore del venduto più alta dell’anno. Tra i lotti in catalogo spiccava questo particolarissimo Universal Genève con mappa del Venezuela in smalto policromo. Il modello, degli anni ‘50, è stato venduto a 4.100 €.


L’Autore più venduto
PORSCHE

 

Sì, non si tratta di un artista ma di un’automobile: la Porsche. Con undici lotti venduti nel 2020, Porsche supera Mario Schifano (non considerando multipli e stampe) e Maria Lai. L’asta Automotive: Finarte 2020 Selection + 1000 Finarte, svoltasi totalmente online dal 28 al 30 ottobre, ha registrato un ottimo risultato con la Giaur 750 Sport del 1950 come top lot dell’anno (venduta a 291.175 €), seguita da due Porsche, la 356 1500 Super del 1952 (232.940 €) e la 911 3.2 Speedster del 1989 (157.234 €).


L’asta più lontana
VINI E DISTILLATI a Hong Kong

 

La “prima” della collaborazione tra Finarte e Gelardini & Romani Wine Auctions è andata in scena domenica 17 maggio: wine lovers divisi da 6 ore di fuso orario si sono contesi oltre 750 lotti più decine di fuori catalogo a partire dalle 11:00 di mattina nella sala gremita del Ciak in the Kitchen di Hong Kong e dalle 5:00 di mattina in Italia sulla piattaforma online di Finarte. L’asta di Vini e Distillati ha portato uno strepitoso risultato con un venduto totale di 550.000 € e una percentuale del 94% di venduto per valore.

Salvo, il cane sciolto dell’arte

Salvo è stato uno dei grandi protagonisti delle aste di Finarte in questo 2020 in chiusura. Il suo percorso artistico concettuale inizia nel 1970 e, tra autoritratti, lapidi, favole di Esopo e paesaggi, la sua produzione è un vero e proprio viaggio tra memoria del mondo e ricordi personali.

Ceci n’est pas un paysage

La Storia dell’Arte non è scritta solamente da gruppi o movimenti e correnti artistiche ma in molti casi lo è da personaggi inclassificabili, che per tutta la vita hanno perseguito e percorso una propria strada personale verso l’opera d’arte.

Tra questi “cani sciolti” si può certamente ascrivere anche Salvo Mangione che per tutta la sua vita, come lui stesso disse, cercò “di fare qualcosa di originale, volevo una voce che fosse soltanto mia”.

Siciliano, nato nel 1947 a Leonforte in provincia di Enna, all’età di 9 anni si sposta con la famiglia Torino, città dove risiederà per tutta la vita e che segnerà il suo percorso artistico grazie a una vivace e attiva scena artistica, all’incontro e all’amicizia con altri artisti come ad esempio alcuni componenti del movimento dell’Arte Povera – Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto – e alla presenza negli anni ’60-’70 di gallerie di primissimo livello come Gian Enzo Sperone, dove il nostro artista debutterà nel 1970.

SALVO, Senza titolo, 1983, Venduto a € 12.659 (Arte Moderna e Contemporanea
Milano, 22 ottobre 2020)

Dotato di una memoria prodigiosa e lettore appassionato, spesso nelle interviste rilasciate, risponde, infatti, ai quesiti con citazioni di autori e filosofi di ogni epoca e formazione; Salvo infonde questa sua ampia cultura in tutte le sue opere, dagli iniziali fotomontaggi, alle opere tridimensionali – le così dette “lapidi“, fino ai quadri che dagli anni Ottanta diverranno il suo marchio di fabbrica dando così vita per tutto il suo percorso artistico a opere “concettuali”.

SALVO, Senza titolo, 1981, venduto € 6.107 (Arte Moderna e Contemporanea Milano, 22 ottobre 2020)

All’inizio, la sua produzione si concentra sul   e la Storia: rappresentativa di questo è la serie di ritratti di fotografie tratte dai quotidiani a cui l’autore sovrappone i suoi lineamenti, non solo un gesto di appropriazionismo ma anche di riflessione sul concetto stesso di tempo, in quanto, anche se non ce ne rendiamo conto, in ogni istante noi viviamo già nella storia e quindi nello stesso “momento” in cui si trovano anche personaggi come Giulio Cesare o Napoleone Bonaparte.

Da qui, è facile per Salvo indossare anche i panni di un artista come Raffaello in una delle sue opere più conosciute: Autoritratto (come Raffaello),  in cui assume, specularmente, la posa del autoritratto dell’autore rinascimentale conservato alla galleria degli Uffizi, dando vita a un dialogo di sguardi tra maestri.

Salvo, Autoritratto (come Raffaello), 1970, fotografia su alluminio, 65 x 49 cm, courtesy Archivio Paul Maenz, Berlino

Dalla storia per immagini alla storia per parole, per Salvo il passo è naturale e breve. Nascono, così, le lapidi di marmo e pietra in cui Salvo fa riportare stralci di poesie e di romanzi, le favole di Esopo o in alcuni casi lunghi elenchi di personaggi storici al cui ultimo posto, immancabilmente, compare il suo nome. Una passione per le liste che si materializzerà anche nelle tele successive in cui la contrapposizione di nomi dipinti di diverso colore farà emergere i confini dell’Italia, letteralmente un riassunto, anche storico, del “Paesaggio Italia”.

SALVO, Ottomania, 1985, venduto € 42.419 (Arte Moderna e Contemporanea, Milano, giovedì 22 ottobre 2020)

Ben presto il paesaggio diviene il soggetto unico della ricerca di Salvo, non un paesaggio tratto dal reale come nelle ricerche degli impressionisti o di un post-impressionista come Cézanne, ma delle idee e sensazioni di luoghi fatti di colori e forme semplificate nella ricerca di un’essenza che portano Salvo a creare quadri paragonabili non a Guerra e Pace di Tolstoj ma a degli haiku giapponesi.

SALVO, Inverno, 2000, venduto a € 36.219 (Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 18 dicembre 2020)

Perfetto esempio di questo i lotti 57, Paesaggio con automobile del 1984/85 e il lotto 211, Inverno del 2000 venduti, all’asta del  18 dicembre, rispettivamente per € 30.019 e € 36.219. Le case, la chiesa, i lampioni, le automobili potrebbero essere state disegnate da un bambino e le tinte innaturali amplificano la sensazione d’irrealtà quasi da sogno.

SALVO, Paesaggio con automobile, 1984/’85, venduto a € 30.109 (Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 18 dicembre 2020)

In un momento come quello attuale, per cui per forza maggiore è sempre più sentita la necessità di viaggiare con la mente, è comprensibile il successo di un artista come Salvo, che lo ha fatto per tutta la vita tra la memoria del mondo e i ricordi personali. D’altronde, come lui stesso affermava:

“Un quadro è un capolinea: è un arrivo (per chi l’ha fatto) e una partenza (per chi lo guarda)”

Digitale e consolidamento. La nuova era delle aste parte dal 2020.

Il 2020 è stato per Finarte un anno di passaggio, che ha imposto nuovi modelli di sviluppo e innovazione delle pratiche di vendita. Ecco le note di Fabio Massimo Bertolo su quest'anno, che si è aperto dentro una crisi ma che ha portato ad una nuova era per il mondo delle aste.

di Fabio Massimo Bertolo

“Il digitale ha salvato le aste arricchendo il pubblico di Finarte, diversificandolo e fidelizzandolo come non mai. Siamo davanti ad una nuova era che si apre dentro una crisi e da questa crisi può trarre il meglio in termini di rinnovamento e innovazione… di un mondo da sempre così tradizionale come le aste.”

Il 2020 per Finarte è stato un anno di passaggio, volto a consolidare alcune posizioni di mercato, ad aprirne di nuove in ambiti non ancora sperimentati ma soprattutto un momento di radicale verifica e innovazione delle pratiche di vendita.

Il lungo lockdown primaverile ha imposto nuovi modelli di sviluppo, che hanno IMPOSTO nuove metodologie di lavoro: il 28 aprile abbiamo svolto, primi in Italia, un’asta di Grafica Contemporanea interamente VIRTUALE, battuta da casa del banditore con piattaforme e telefoni collegati in remoto, attorno ad un tavolo.

ANDY WARHOL, Ladies and Gentleman, Tav.5, 1975

ANDY WARHOL, Ladies and Gentleman, Tav.5, 1975

La smaterializzazione delle vendite si è così compiuta e l’ottimo risultato di aggiudicazioni ha dimostrato che la fase di battuta d’asta può sicuramente svolgersi anche da remoto, connettendo un numero sempre crescente di clienti, attenti come mai era successo alle nostre vendite.
Se dunque una considerazione positiva si può fare su quest’anno, è senz’altro quella di aver accelerato alcuni processi già in atto da anni, di smaterializzazione delle vendite, di concentrazione sul digitale sia in fase di promozione dei lotti che in fase di vendita, di ampliamento della piattaforma clienti per effetto dell’onda digitale che ha pervaso tutte le nostre attività.

 

 

Anche i clienti più riluttanti hanno cominciato a praticare la nostra piattaforma (e le piattaforme connesse) incrementando di molto la partecipazione di bidder nelle nostre aste, sia a livello nazionali che internazionale.
Per Finarte l’adozione di un nuovo medium (integralmente digitale) si è accompagnata anche all’apertura di nuovi reparti, già programmata da tempo e rimandata a causa della chiusura del I semestre. L’asta di Design tenutasi a luglio, quella di Arte Africana tenutasi ad ottobre e le frequenti vendite di Vini hanno rappresentato per Finarte l’apertura verso nuovi settori del collezionismo, e verso una nuova e diversificata clientela.

 

 

Il secondo semestre appare in forte crescita, sia in termini numerici di vendite (18 aste a partire da settembre, un record stagionale!) che di valore totale di aggiudicazioni, un risultato che solo in parte ripagherà il difficile primo semestre.

La grande partecipazione straniera è l’altro dato incontrovertibile che connota il 2020, la conferma di un trend che impone il cambiamento di alcuni modelli di lavoro: l’adozione della lingua inglese per tutti i cataloghi è divenuta una imprescindibile necessità, così come l’arricchimento del corredo fotografico dei lotti per rispondere alle numerose richieste di condition reports dall’estero.

 

 

Le piattaforme on line stanno progressivamente “soppiantando” la sala ed hanno bisogno di una diversa e sempre più attenta gestione; i meccanismi dei rilanci on line, gli starting bids, le notizie di sala sul sito, le descrizioni dei lotti, tutto va rivisto e riadeguato alla nuova dimensione digitale. In questo Finarte si pone all’avanguardia tra le diverse case d’asta italiane, forte di un affiatato e rodato team di lavoro sul web, sul digital, sul web-marketing etc.
A livello di singoli reparti, le migliori performance le hanno ottenute i soliti settori: Arte Moderna e Contemporanea, Gioielli e orologi, Automotive. Un deciso incremento di stranieri si è osservato, ma anche di italiani che hanno scoperto le piattaforme digitali. Non c’è stato un sostanziale incremento della clientela giovanile, se non per alcuni settori quali la Fotografia, i Vini e la Grafica Contemporanea.

 

CINDY SHERMAN, Untitled n.74, 1980 - Venduto € 39.900

CINDY SHERMAN, Untitled n.74, 1980 – Venduto € 39.900

In conclusione, con un sintetico motto, il 2020 si potrebbe così etichettare: il digitale ha salvato le aste arricchendo il pubblico di Finarte, diversificandolo e fidelizzandolo come non mai. Siamo davanti ad una nuova era che si apre dentro una crisi e da questa crisi può trarre il meglio in termini di rinnovamento e innovazione….di un mondo da sempre così tradizionale come le aste.

Circondarsi di cose belle: l’Asta di Arte Moderna e Contemporanea chiude l’anno

Da Maria Lai a Fortunato Depero, Mario Schifano e Achille Perilli, il catalogo dell'asta di Arte Moderna e Contemporanea del 18 dicembre è un inno alle "cose belle" di cui dovremmo circondarci in questo Natale un po' particolare.

Dicembre da sempre è un periodo un po’ “magico” per il Natale, le vacanze di metà anno, gli sport invernali e le feste in famiglia, quest’anno, forse bisognerà essere un po’ più bravi a crearsela da soli la magia, perché no? Circondandosi di cose belle. Un buon momento per implementare la bellezza attorno a noi è sicuramente l’Asta di Arte Moderna e Contemporanea del 18 dicembre a Roma. Vediamo assieme alcune di queste cose belle e impegnate.

Infatti, chissà, se Gino Marotta avrebbe mai sospettato che le sue sculture cinquant’anni dopo sarebbero state apprezzate non solo per le forme ma anche per l’attualità  del loro messaggio, con l’interesse generale sempre più concentrato sulle materie plastiche e il loro utilizzo. 

GINO MAROTTA, Palma, Anni ’70

La sua scelta di utilizzare un materiale “freddo” ed industriale come il perspex per rappresentare brandelli di natura sembra essere ora il miglior manifesto per promuovere un mondo nel contempo più tecnologico e ecosostenibile e i lotti 46 (€ 4.000 – 6.000) e 47 (€ 5.000 -7.000), le sihlouette rispettivamente di una palma e di una giraffa dai colori brillanti sono perfette in questo senso. 

GINO MAROTTA, Giraffa, 1972

Spesso non si considera il fatto che un’opera oltre alla sua forma estetica e alla storia dell’artista che l’ha creata porta con sé anche un vissuto legato ai luoghi dove è stata esposta, ai suoi proprietari, agli occhi di chi l’ha vista e sicuramente un’opera che potrebbe raccontarci mille storie è il Limone di Messina (lotto 136,€ 30.000 – 40.000), opera di Fortunato Depero.

FORTUNATO DEPERO, Il limone. Messina, 1926/27

Nata infatti in una prima versione a collage come copertina per la rivista della camera agrumaria di Messina, è poi divenuta un quadro ad olio per scopi espositivi e pubblicitari e solo un personaggio come Depero poteva raffigurare un limone donandogli dei lineamenti orientaleggianti: gli occhi a mandorla e dei lunghi baffi finissimi da dignitario dell’antica corte cinese. La bravura del rendere più appetibile un prodotto italianissimo come l’agrume giallo, esotizzandolo.  Un genio dell’arte e della comunicazione.

Nel periodo natalizio, tra i regali più gettonati ci sono i libri. I migliori sono sicuramente quelli che aprono la mente e fanno sognare e quale miglior libro ci permetterebbe di farlo se non uno in cui le righe e le storie possono essere letteralmente create da noi, in cui ogni volta che lo sfogliamo la storia cambia con mille ambientazioni e finali diversi. Stiamo parlando di uno dei libri/opere d’arte ricamati da Maria LaiPiccolo libro per Antonio (lotto 144, € 10.000 – 15.000), in cui i fili di cotone danno tridimensionalità e ritmo al flusso di pensieri dell’artista, che ci regala una spartitura su cui sognare le mille e mille storie che la nostra immaginazione saprà suonarci sopra. 

MARIA LAI, Piccolo libro per Antonio, 1989

“Creta, creta mia, materia mia artificiale, ma carica per metafora di tutto ciò che ho visto, amato, di ciò a cui sono stato vicino, delle cose che ho sentito dentro, con cui, in fondo, mi sono, volta per volta, identificato”.

Una vera e propria dichiarazione d’amore questa di Leoncillo. Parole forti e passionali per descrivere un rapporto, quello con la creta, che ha segnato tutta la sua vita, probabilmente molto più di qualsiasi rapporto umano e noi, fortunati, ne possiamo apprezzare i frutti come ad esempio con una delle sue famose cariatidi, lotto 222, (€ 22.000-24.000).

LEONCILLO LEONARDI, Cariatide, 1945

L’algidità e freddezza delle forme classiche dell’iconografia delle cariatidi di epoca greca e romana, qui si scioglie grazie all’espressività e forza del gesto, l’artista attraverso le sue mani gli ha infatti trasmesso quelle tensioni e energie proprie della vita. Un moderno Pigmalione.

Ci sono opere che sembrano nascondere dei misteri e una di queste è l’opera del 1961 di Achille PerilliLa profezia suicida, (lotto 229, € 30.000-40.000). Un quadro che sembra ritrarre un altro quadro al suo interno, di cui l’artista delinea i contorni con segni decisi e immediati.

ACHILLE PERILLI, La profezia suicida, 1961

Un’opera dai tocchi rapidi, giocata sui toni dei grigi, che dimostra la bravura pittorica dell’artista romano e la sua sapienza nel gestire gli equilibri che conducono lo spettatore letteralmente a perdersi nei suoi enigmi. Medesima sensazione che si prova anche al cospetto di altre opere della storia dell’arte come ad esempio “La Sposa messa a nudo dagli scapoli” ai più conosciuta come “Il Grande vetro” di Marcel Duchamp. Provate ad accostarle: non pensate anche a voi che tra loro ci siano degli echi di rimando? Un quadro sicuramente degno dell’attenzione di ogni collezionista.

Catalogo online

L’esposizione dell’asta di Design e Arti Decorative ai Frigoriferi Milanesi

Dopo l’interessante collezione di Design italiano e Arti Decorative del XX Secolo presentata quest’estate con oltre 150 pezzi Made in Italy, Finarte presenta la nuova collezione che raccoglie oltre 400 lotti, con una sezione speciale dedicata ai Vetri.

L’asta di mercoledì 16 dicembre attraverserà il Design italiano a partire dai primi del Novecento fino ad arrivare a pezzi contemporanei di design radicale. L’esposizione ai Frigoriferi Milanesi è aperta fino a martedì 15 e accessibile su appuntamento.

MAX INGRAND, Raro lampadario, 1950 ca.

Un percorso che attraversa il design italiano del Novecento, che permette di ripercorrere le tappe dei Grandi Maestri che l’hanno costellato. Si potranno ammirare alcuni lampadari di pregiata fattura, tra cui un raro Max Ingrand per Fontana Arte degli anni ‘50 (lotto 158, base d’asta € 12.000), fino a pezzi importanti di arredamento come la libreria LIB2 di Ignazio Gardella prodotta per Azucena (lotto 150, base d’asta € 12.000), un tavolo da pranzo a cinque gambe di Gio Ponti, in massello di frassino e punte in ottone (lotto 154, base d’asta € 5.000) e due sgabelli Dado, T20, realizzati nel 1963 da Ettore Sottsass Jr (lotto 234, base d’asta € 4.500).

GIO PONTI, Tavolo da pranzo, 1950 ca.

“E, contro il cielo, opaco e riflettente: i vetri riflettono il cielo. Incielano l’Architettura” (Gio Ponti, Amate l’Architettura)

A chiusura di quest’anno così particolare che tutti abbiamo vissuto, a stretto contatto con l’ambiente domestico delle nostre case, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di ciò che ci circonda. Il vetro, un materiale così affascinante da risultare quasi magico, abbellisce e arricchisce il nostro arredamento, ci riporta alla bellezza del dettaglio e alla riscoperta del continuo cambiamento. Perché il vetro riflette, si modifica e modifica ciò che vi sta intorno.

LALIQUE, Vaso Amiens

La sezione speciale dedicata ai Vetri partirà dalla manifattura francese di Lalique, per arrivare ad una splendida collezione di vetri di Murano, con i grandi nomi di Cappellin, Barovier, Venini, Seguso, e molti altri ancora. In questa sezione spiccano una meravigliosa Figura di Upupa di Toni Zuccheri per Venini, del 1964 (lotto 68, base d’asta € 12.000) e un Importante Vaso Mosaico di Ettore Barovier del 1925 circa (lotto 47, base d’asta € 25.000).

ERCOLE BAROVIER, Importante Vaso Mosaico, 1925 ca.

La proposta del catalogo arriva fino al Design Contemporaneo, con una selezione che comprende le creazioni di Karim Rashid, con Blobject Chair, una poltrona in vetroresina in edizione limitata di 5 pezzi, del 2000 (lotto 402, base d’asta € 6.000) e Studio Superego con un coloratissimo tavolino modello Tormalina, pezzo unico del 2017 in plexiglass policromo (lotto 384, base d’asta € 2.000).

STUDIO SUPEREGO, Tavolino modello Tormalina, 2017

Il Dipartimento di Design italiano del XX Secolo ha una forte specializzazione in articoli del design industriale e delle arti decorative prodotti dal 1900 fino ad oggi. Tutti hanno le caratteristiche di essere pezzi particolari, originali, e di avere come comune denominatore il Made in Italy.

Il lato nascosto di Mario Schifano

Nel suo atelier di Via delle Mantellate a Trastevere, Mario Schifano dedicò una parete al free climbing, personalizzandola con la sua pittura e trasformandola così in una vera e propria opera d’arte. Quella parete di sei metri, che rivela un lato poco conosciuto dell'artista, andrà in asta il prossimo 18 dicembre a Roma.

Ricercando online i ritratti fotografici di Mario Schifano si vede comparire un uomo magro e slanciato, di media altezza, dalla fronte alta con un ciuffo di capelli che, con l’avanzare degli anni, cresce smisuratamente, forse per nascondere una calvizie anche lei in divenire. Pochi sorrisi tiratissimi e forzati, ma uno sguardo perennemente malinconico che buca lo spettatore, sembra quasi pretendere anche da noi che l’osserviamo dopo anni delle scuse per averlo interrotto nella sua pratica più amata: la pittura.

Comprensibilmente irritato quando, come afferma il critico d’arte Flaminio Gualdoni, nelle sue vene non scorreva sangue ma colori. L’immagine di un uomo “normale” che riusciamo a raffigurarci sempre e solamente nel suo studio a dipingere.

Quindi grande è lo stupore nel vedere alcune fotografie, proprio del suo studio, con una parete da free climbing montata a testimoniare un lato inaspettato di Mario Schifano, quello sportivo e appassionato di arrampicata. Sicuramente questo lato “nascosto” non avrebbe creato nessuna reazione in Goffredo Parise e Enzo Siciliano, i due scrittori amici dell’artista che lo descrivevano spesso come “un piccolo puma” e “un gatto smorfioso”, dotato dunque di quell’agilità nervosa alla base proprio di quest’attività sportiva.

Lo studio di Mario Schifano in via delle Mantellate con la parete

Una parete da free climbing di sei metri personalizzata dallo stesso Schifano che l’ha resa, così, una vera e propria opera d’arte, come tutto quello che passava sotto la combinazione del suo estro creativo e delle sue mani. Quale soggetto migliore allora se non la raffigurazione di un paesaggio montano o il ritratto “anemico” di una montagna dettati dalla propria memoria: due casette dal tetto rosso sorgono alla base di una cima altissima e innevata, la prima ha delle ampie vetrate per godere del paesaggio. Alla sua sinistra uno strano tondo giallo con al suo interno dei pois azzurri più piccoli, un gioioso cespuglio fiorito.

 

Una pittura all’apparenza elementare, quasi fanciullesca, dotata però di una forza unica che non può lasciare indifferenti nella sua capacità di comunicare l’essenza stessa delle cose e per questo comprensibile da ogni essere vivente sul pianeta e che ha caratterizzato la sua produzione fin dagli esordi alla fine degli anni Cinquanta. Una qualità unica nelle opere di Mario Schifano, un pittore sicuramente non per necessità ma per vocazione e istinto naturale.

MARIO SCHIFANO, Parete per Free climbing, 1993

Partecipando il 18 dicembre all’asta di Moderno e Contemporaneo di Finarte e aggiudicandovi questa parete da free climbing del 1993 non entrereste, quindi, in possesso solamente di un’opera di Mario Schifano, ma anche di un vero e proprio “pezzo” della sua vita.

La borsa “Boy” di Chanel, storia di un grande amore

La "Boy" di Chanel è una delle it-bag più amate in assoluto. Ideata da Karl Lagerfeld nel 2011, si ispira alla storia d'amore tra Coco e Arthur Boy Capel. Alcuni modelli imperdibili andranno in asta il 10 dicembre in occasione di "Luxury Fashion": un motivo in più per scoprirne le romantiche origini.

Quella relazione durata quasi dieci anni fu il motore della carriera di Chanel e Arthur Boy Capel è considerato il grande amore della vita di Coco Chanel.

Ci sono borse iconiche di cui tutti conosciamo la storia. Come la Birkin di Hermés, nata da un incontro in aereo tra l’attrice Jane Birkin e Jean-Louis Dumas, presidente della maison francese o la 2.55 di Chanel, ideata proprio nel febbraio 1955 e resa celebre dalla catenella della tracolla, ispirata al portachiavi delle suore dell’orfanotrofio in cui trascorse la sua infanzia Gabrielle Coco Chanel.

La storia della “Boy” però, per quanto sia diventata un vero e proprio must have tra le it-bag, è forse meno conosciuta, ma altrettanto degna di nota e tutta da scoprire. 

CHANEL, Borsa Boy 25 cm, 2014

Creata da Karl Lagerfeld nel 2011, quando era alla guida creativa del celebre marchio del lusso francese, questa borsa deve il suo nome ad Arthur “Boy” Capelil grande amore di Gabrielle Chanel. Una relazione intensapassionale ma anche tragica, senza la quale gran parte della storia di Chanel non sarebbe mai stata scritta. 

I due si conobbero tramite Etiènne de Balsan, primo fidanzato ufficiale di Gabrielle, al quale rimase legata otto anni e che per primo credette nelle sue grandi potenzialità, finanziando le sue creazioni e facendo conoscere il suo nome nei circoli borghesi parigini.  

CHANEL, Borsa Boy 25 cm, 2013

Proprio nel castello in cui viveva con Etiènne, a Royallieu nei pressi di Compiègne, Coco incontrò nel 1909 Arthur Capel, colui che sarebbe diventato il grande amore della sua vita. “Boy” (come poi venne soprannominato affettuosamente dalla stessa GabrielleCapel era un ex giocatore di polo, industriale nel settore del carbone e rappresentante dell’alta borghesia inglese.

I due andarono a vivere insieme e nel 1910, Boy contribuì all’apertura del primo atelier di Chanel in Rue Cambon 31dove si trova tutt’oggi la sede della Maison. Quel momento cambiò per sempre la carriera di Gabrielle, che divenne in breve una delle più grandi icone della moda.

Sempre Capel finanziò l’esclusiva boutique a Deauville, in Normandia. Pare che le due C del logo siano in realtà l’intreccio di Chanel e Capel, e non le sole iniziali della stilista. 

CHANEL, Borsa Boy 28 cm, 2013

La loro fu una storia fatta di passione. La coppia era legata dai tanti interessi in comune come la numerologia, la letteratura e la poesia e il supporto di Boy nei confronti di Coco fu una parte fondamentale della loro relazione.

I due però non si sposarono mai: lei, nata in un ospizio per poveri e cresciuta in orfanotrofio, lui, aristocratico inglese che per questioni di rango sposò, nel 1918, un’altra donna, Diana Wyndham, figlia di un Lord. Nonostante il matrimonio, Coco e Boy continuarono a vedersi. Il 1919 cambiò per sempre le sorti del loro amore. Durante un viaggio in auto per raggiungere Coco dopo una lite, Boy perse la vita in un tragico incidente sulla strada per Cannes. Quella relazione durata quasi dieci anni fu il motore della carriera di Chanel e Arthur Boy Capel è considerato unanimemente il grande amore della vita di Coco Chanel.

CHANEL, Borsa Boy 20 cm, 2015

Nel 2011, Karl Lagerfeld pensò di rendere omaggio a questo grande amore e nacque così la celebre “Boy”: la borsa, dalle linee squadrate, semplici e quasi mascoline, è oggi uno degli accessori della Maison più amati in assoluto. Esistono diversi modelli e varianti di colore e materiale, ma tutti sono contraddistinti da un particolare: il grande bottone art déco che Karl Lagerfeld scelse come tratto distintivo della borsa.

Luxury Fashion è un’asta imperdibile per chi ama la moda, le borse iconiche e gli accessori. In catalogo, oltre a quattro modelli “Boy”, spiccano altre meravigliose Chanel, una selezione variegata di Birkin e Kelly e di foulard di Hermés, e tanti altri accessori dei grandi brand del lusso.

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Il direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli ci racconta la lettera di Giacomo Leopardi

La scorsa settimana, la Biblioteca Nazionale di Napoli ha acquisito in asta da Finarte una missiva del celebre poeta, risalente al 1825 e indirizzata ad un amico, il Conte Carlo Emanuele Muzzarelli. La lettera è andata ad arricchire il fondo Leopardiano della prestigiosa istituzione.

“Gli scritti leopardiani permettono al lettore di viaggiare indietro nel tempo, di contestualizzare il periodo storico-politico ed al tempo stesso di scrutare nell’intimo dell’autore, cogliendo le emozioni e tutte le sfumature del suo animo.”

La Biblioteca Nazionale di Napoli ha recentemente arricchito il suo prestigioso fondo Leopardiano grazie all’acquisizione di una lettera di Giacomo Leopardi del 1825 in occasione dell’asta dedicata a Libri, Autografi e Stampe dello scorso mercoledì 18 novembre. 

“A Napoli è conservata – spiega il direttore Gabriele Capone – la quasi totalità del corpus delle opere letterarie, filosofiche e saggistiche leopardiane, ed anche oltre l’80% delle corrispondenze inviate da parenti ed amici allo stesso Leopardi, l’impegno della Biblioteca, pertanto, è da tempo rivolto ad incrementare il nucleo di lettere scritte dallo stesso Leopardi a letterati ed amici per svelarne quegli aspetti artistici, poetici e personali legati anche a specifiche tappe di luoghi e momenti storici”. 

Giacomo Leopardi nel ritratto di S. Ferrazzi, olio su tela, 1820 circa, Casa Leopardi, Recanati

La missiva del poeta è un documento autografo di cui si trovano anche diversi riferimenti in letteratura e che presenta un Leopardi diverso dall’abituale: le righe infatti, testimoniano l’apprezzamento dei versi scritti in suo onore dal Conte Muzzarelli e il poeta accoglie compiaciuto la proposta di farli pubblicare: “Profittando della licenza che Ella me ne ha conceduta, ho fatto stampare qui le sue belle quartine in un foglietto periodico di cui le mando copia.”  

Il Conte, revisore dei conti al tribunale della Sacra Rota, accademico e figura di spicco nell’ambiente culturale romano, dedicò al poeta il componimento “Al Conte Giacomo Leopardi” che fu poi pubblicato proprio nel 1825 sul “Caffè di Petronio”, un periodico settimanale diretto da Pietro Brighenti.

La consegna dell’autografo al Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli Gabriele Capone

Fabio Massimo Bertolo, Senior Specialist del Dipartimento di Libri, Autografi e Stampe, ha avuto l’onore di consegnare la lettera al Direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Gabriele Capone. In quell’occasione, ha avuto modo di approfondire la storia del fondo Leopardiano e di questa nuova acquisizione, facendo qualche domanda al Direttore.

Cosa rappresenta per la Biblioteca Nazionale di Napoli l’acquisizione della Lettera di Leopardi al Conte Muzzarelli?

Rappresenta sicuramente un ulteriore arricchimento per il già prezioso fondo leopardiano custodito dall’Istituto dagli inizi del secolo scorso. La Biblioteca Nazionale di Napoli, deputata ad essere il luogo di conservazione e tutela degli autografi leopardiani, ha anche il compito di implementare la raccolta attivando tutti i canali di ricerca utili alla individuazione di documenti leopardiani in vendita, per poi valutarne, nelle giuste sedi, l’autenticità per una loro eventuale acquisizione.

GIACOMO LEOPARDI, Lettera, 1825

Cosa ci può raccontare del prestigioso Fondo Leopardiano della Biblioteca?

Dopo la morte del poeta gli autografi rimasero in possesso di Antonio Ranieri che ne dispose il passaggio per lascito testamentario alla Biblioteca Nazionale di Napoli, dove poi giunsero solo al termine di una lunga causa legale. Nel 1897 il fondo fu espropriato dallo Stato ed affidato all’esame di una commissione ministeriale, presieduta dal Carducci, insediata nella Biblioteca Casanatense di Roma. Tra gli autografi ritroviamo la maggior parte dei Canti, lo Zibaldone, ora in sei volumi, le Operette morali e diversi altri manoscritti dell’autore.

Documenti di grande interesse sono le testimonianze epistolari e tutto il materiale avantestuale, afferente all’officina leopardiana perché documentano l’evoluzione della scrittura del nostro poeta, dagli anni giovanili al periodo napoletano. Entro le prossime settimane terminerà un imponente attività di digitalizzazione e di metadati delle carte del Recanatese, che consentirà, con modalità ancora da definire, la loro consultazione anche da remoto, attraverso il sito della Biblioteca Nazionale.

“Documenti di grande interesse sono le testimonianze epistolari e tutto il materiale avantestuale, afferente all’officina leopardiana perché documentano l’evoluzione della scrittura del nostro poeta, dagli anni giovanili al periodo napoletano.

Nel Comunicato stampa si legge che la missiva “si rivela utile ad una maggiore comprensione della personalità del poeta”: attraverso la preziosa documentazione raccolta dal fondo in questi anni, qual è la sua interpretazione della “vera personalità” di Giacomo Leopardi?

Gli scritti leopardiani permettono al lettore di viaggiare indietro nel tempo, di contestualizzare il periodo storico-politico ed al tempo stesso di scrutare nell’intimo dell’autore, cogliendo le emozioni e tutte le sfumature del suo animo. I luoghi, gli eventi e i personaggi legati agli autografi del Leopardi costituiscono spesso la chiave di lettura della sua personalità. Dalle interazioni con il mondo che lo circonda si scoprono le ragioni delle sue delusioni, della sofferenza e dei momenti di gioia. Particolarmente toccanti – anzi dolorosi – ci appaiono i contenuti della Lettera alla madre e della Lettera al padre, due momenti molto intimi ed espressivi dei suoi sentimenti più autentici. Anche ad esporli in rare occasioni, mi creda, si sente una sorte di forte disagio.

GIACOMO LEOPARDI, Lettera, 1825

Come rintracciate sul mercato manoscritti e documenti di interesse letterario per la Biblioteca? Avete una risorsa che si occupa attivamente della ricerca?

La Biblioteca è sempre attenta nel rintracciare sul mercato la presenza di documenti leopardiani attraverso la consultazione di cataloghi di vendita in antiquariato forniti all’Istituto da librerie antiquarie e case d’aste. Si ricercano indicazioni sull’esistenza in fondi privati di documenti che abbiano grande interesse e valore storico per l’arricchimento della raccolta leopardiana.

Vi capita spesso di rivolgervi al mondo delle aste per l’acquisto di libri o manoscritti che possano andare ad arricchire la vostra preziosa raccolta?

È alta l’attenzione nella ricerca di documenti di interesse letterario da poter acquisire. Spesso le segnalazioni per acquisti di grande rilievo giungono direttamente al Capo d’Istituto che riceve completa collaborazione durante tutte le fasi dell’acquisizione dal Responsabile dell’Ufficio Acquisti, a sua volta coadiuvato dal personale tecnico-scientifico esperto nel settore. In merito ai compiti istituzionali che le sono attribuiti la Biblioteca Nazionale di Napoli è attenta al mondo delle aste per acquisti librari, anche su diretta segnalazione della Direzione Generale Biblioteche e diritto d’autore e degli altri Uffici periferici del MIBACT. Insomma, cerchiamo ogni volta di fare squadra e portare a casa risultati importanti.

Il fascino del vintage, una selezione di orologi per veri appassionati

Un orologio vintage non è un semplice segnatempo, è molto di più. Un oggetto prezioso da tenere al polso, che racconta la storia delle esperienze vissute nel passato. Ecco una selezione di sei modelli da non perdere.

Ogni epoca ha il suo, con quel gusto retrò ma sempre attuale che lo rende un oggetto prezioso senza tempo. La cosa bella degli orologi vintage è che ogni modello racconta la sua storia: grazie alle particolari caratteristiche estetiche e tecniche infatti, gli orologi del passato sono degli esemplari unici nel loro genere proprio perché risulta difficile trovarne di simili, con quelle stesse peculiarità legate al fascino del tempo che passa.

Se amate gli orologi vintage non perdetevi l’asta del prossimo 30 novembre. Qui vi proponiamo una selezione di sei modelli per veri appassionati.


Lotto 52
OMEGA, anni ’30

Tra i movimenti che hanno fatto la storia dell’orologeria c’è sicuramente il calibro 33.3 di Omega, in questo cronografo realizzato in una delle sue prime versioni a monopulsante. L’orologio presenta una cassa a cerniera, un bellissimo quadrante multiscala a quattro differenti colorazioni, e sfere e numeri in stile Breguet. Questo cronografo é pubblicato sul libro “I cronografi da polso” di Paul White.

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BASE D’ASTA € 3.500


Lotto 62
LONGINES, anni ’40

Longines è sicuramente tra i marchi che più si sono distinti nella realizzazione di modelli solotempo, dalle estetiche più differenti. Ciò che rende unico questo orologio, oltre all’aspetto dai richiami militari, é certamente la patina del quadrante, con una stupenda sfumatura color “creme brulèe” che testimonia il trascorrere degli anni vissuti da questo segnatempo.

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BASE D’ASTA € 500


Lotto 68

JAEGER-LECOULTRE, anni ’50

Raffinato orologio con cassa di forma realizzato da Jaeger-LeCoultre durante gli anni ’50. Questa tipologia di segnatempo rappresenta la testimonianza di un’epoca, dove l’abbigliamento formale era di rigore e gli orologi dovevano avere delle proporzioni contenute e discrete. Grande sperimentazione era però dedicata alle casse che rivisitavano le forme più inusuali, come quella di questo modello che con una costruzione scanalata mette al polso delle geometrie quasi architettoniche.

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BASE D’ASTA € 500


Lotto 89
EBERHARD, anni ’50

L’Eberhard Extra-Fort é sicuramente uno dei cronografi vintage più contemporanei in assoluto, grazie alle sue dimensioni oversized rispetto allo standard dell’epoca. L’orologio presenta una cassa ed un quadrante che sembrano non avere assistito al passare del tempo, avendo mantenuto intatti i volumi, le finiture e le grafiche con cui uscii dalla boutique Eberhard quasi settant’anni fa.

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BASE D’ASTA € 2.200


Lotto 84
OMEGA, anni ’60

L’Omega Seamaster rappresenta forse uno degli orologi più venduti al mondo, per via del suo design universale e intramontabile. Questo modello presenta un bel quadrante dalla finitura satinata, su cui contrastano indici applicati e sfere color bronzo. Il movimento a carica automatica rende l’orologio utilizzabile quotidianamente con nonchalance.

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BASE D’ASTA € 500


Lotto 38
TIFFANY, anni ’60

Elegante orologio modello Baignoire realizzato per Tiffany & Co. dalla Maison Chopard, che firma movimento e cassa lasciando all’azienda americana la personalizzazione del quadrante, che riporta il nome della celebre gioielleria Newyorkese su un fondo con finitura grené e cornice in numeri romani.

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BASE D’ASTA € 1.000


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