Di Cartier ce n’è uno solo

Tutto ebbe inizio nel 1847 a Parigi, quando Louis-François Cartier, allievo gioielliere, decise di rilevare il negozio del proprio maestro, dando così vita al grande Impero del Gioiello.

Se parliamo di alta gioielliera e orologi, Cartier è senza dubbio uno dei marchi più prestigiosi al mondo. D’altronde, se nel 1904 Edoardo VII re d’Inghilterra giunse a proclamare Cartier “Gioielliere dei re, re dei gioiellieri” ufficializzandone il ruolo di fornitore ufficiale della corona inglese, seguito anche dai regnanti di Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, come possiamo noi dubitarne? Basti pensare che nel 2021 i re e regine nel mondo si possono contare sulle dita di una mano, mentre i negozi mono-marca Cartier sono più di 2.000. 

La boutique Cartier a Tokyo, © Simon Launay

Tutto ebbe inizio nel 1847 a Parigi, quando Louis-François Cartier, allievo gioielliere, decise di rilevare il negozio del proprio maestro Adolphe Picard dando vita a un impero del gioiello, aiutato da un innato senso del bello e degli affari. In pochi, ad esempio, sarebbero stati capaci di cogliere un’opportunità come quella offertagli nel 1870 dalla nascita della Comune di Parigi, una forma di governo socialista nato dal basso, a seguito delle pesanti sconfitte francesi nella guerra con l’impero prussiano, e che con la proclamazione della Repubblica privava gli aristocratici dei loro privilegi bloccandogli l’accesso ai propri depositi bancari.

Louis François Cartier, © Atelier Nadar — Fondation de la Haute Horlogerie

Nobili che, privati dei propri averi, per sopravvivere si videro costretti a vendere i loro preziosi proprio a Louis-François Cartier a prezzo più che concorrenziale, fornendogli materie prime per le sue creazioni. Una Repubblica di breve durata, che però fu determinante per gettare le basi della fama e ricchezza di Cartier, pronto a ricominciare a vendere le proprie opere d’arte in oro e pietre preziose nel successivo periodo di euforia e ritorno alla normalità.

Louis-François seppe dare vita a un vero e proprio gusto fatto da un mix di innovazione e classicità, portato avanti successivamente dai tre figli: Jacques che andò a gestire, nel 1909, l’apertura del primo negozio a Londra in New Bond Street 175; Pierre che si occupò della conquista del mercato americano con la sede di New York al n°653 della Fifth Avenue, nel 1917; ma, soprattutto Louis che divenne direttore della casa-madre di Parigi, dal 1899, in rue de la Paix 13.

Tre sedi ancora aperte e in cui trovare i gioielli unici della Maison francese che ha fatto del “su misura” il suo credo. Impossibile, infatti, trovare della linea più alta due gioielli identici. Se la clientela va dall’aristocrazia di tutto il mondo agli attori di Hollywood, dai Maharaja da “Mille e una notte” ai campioni dello sport, un motivo certamente è l’esclusività. Chi seppe dare una marcia in più alla Maison fu sicuramente Louis. Dalla sua mente e da quella dei suoi amici e collaboratori più stretti nacquero, infatti, alcuni dei pezzi iconici ancora tanto amati dal pubblico.

CARTIER, orologio Tortue Monopoussoir 2396, anni 2000, venduto per 27.550 €, asta di Orologi,  novembre 2020

A Jeanne Toussaint, direttrice creativa della gioielleria ma, soprattutto, compagna di vita e musa ispiratrice di Louis, e al suo amore per i felini va fatta risalire la nascita dello stile “animalier” e della prima linea del genere, Panthère del 1914, in cui proprio, la figura di una pantera diviene di volta in volta anello, bracciale o collana. Lanciata a livello pubblicitario da un’immagine creata appositamente dall’artista George Barbier, i gioielli erano un omaggio diretto alla stessa Jeanne il cui soprannome provate a indovinare quale fosse? Giusto, proprio Pantera!

A Louis e alla sua amicizia con il pioniere brasiliano dell’aviazione Alberto Santos-Dumont si deve, invece, la nascita del moderno concetto di orologio da polso. Fino al 1904, infatti, gli uomini per controllare l’ora potevano servirsi solamente di orologi da taschino. Per consentire all’amico aviatore di svolgere più agevolmente questa operazione durante i suoi tentativi di volo, Louis sviluppò il Santos-Dumont, un orologio in oro e acciaio ancora oggi amatissimo. Un modello di Santos da donna è stato battuto in asta a giugno 2020 per € 1.920 (lotto 660).

CARTIER, Orologio da donna Santos, venduto a 1.920 €, Jewelry Week giugno 2020

Nel 1916, furono invece i carri armati progettati dalla Renault per la Prima Guerra Mondiale a ispirare il secondo dei modelli intramontabili di orologeria Cartier, la linea Tank disegnata dallo stesso Louis, che voleva ricordare nelle forme le linee di uno di quei mezzi meccanici, completo di corpo e cingoli visto dall’alto (un particolarissimo Tank Cintrée Doppio Fuso degli anni ‘90 è stato battuto a 13.900 €lo scorso anno, in occasione dell’asta di Orologi).

CARTIER, orologio Tank Cintrée Doppio Fuso, anni ‘90. Venduto a 13.900 €, asta di Orologi, novembre 2020

È invece lo scrittore e intellettuale Jean Cocteau a suggerire, nel 1924, all’amico Louis l’anello Trinity, composto da tre vere in oro bianco, giallo e rosa intrecciate tra loro. Una sintesi al contempo di stabilità e mobilità perfetta per sancire la sua unione con l’autore di “Un diavolo in corpo” Raymond Radiguet. Una linea ancora oggi distribuita in mille varianti e interpretazioni proprio come il lotto 575 dell’asta di dicembre 2020, in cui i cerchi in metallo prezioso sono ulteriormente impreziositi da rubini, zaffiri e diamanti (venduto a € 2.200).

CARTIER, Anello con rubini, zaffiri e diamanti, venduto a 2.816 € , Jewelry Week giugno 2020

L’universo Cartier, a partire dalla direzione di Louis, ha saputo sempre circondarsi di artigiani e disegnatori di altissima qualità e visionari in grado di cogliere tutti i cambiamenti legati alle mode e i movimenti artistici come il Liberty, l’Art Decò, l’espressionismo tedesco, l’esotismo e molti altri ancora.

Per primi hanno introdotto materiali come platino, l’uso di mix di pietre preziose e perle giungendo a creare non solo grandi capolavori come la collana con il diamante Hope, soprannominata “porta-sfortuna” per le strane morti di vari suoi possessori e oggi conservata al Museo di Storia Naturale di Washington o il mitico collier regalato da Richard Burton a Elizabeth Taylor con incastonata una rarissima pietra di quasi 70 carati conosciuto oggi proprio con il nome della coppia di attori, ma anche capolavori forse minori per il valore ma non sicuramente per la fattura, come il lotto 510 dell’asta di giugno: un anello in oro giallo con pietra blu, pietre verdi e diamanti taglio brillante, della collezione Baroda, ispirato all’omonimo mitico stato principesco del Sub-continente indiano (venduto a 2.048 €).

CARTIER, Anello in oro giallo 18K, venduto a 2.048 €, Jewelry Week giugno 2020

Il pendente con zaffiro e diamanti, lotto 519 (venduto a 27.540 €), della stessa asta e perfetto per adornare il collo di una qualsiasi debuttante del mondo dell’aristocrazia di qualsiasi epoca come testimonia, per esempio, nella sua perfetta ricostruzione storica la recente serie tv Bridgerton.

 

CARTIER, pendente con zaffiro e diamanti, venduto a 27.540 €, Jewelry Week dicembre 2020

Sempre a dicembre, in occasione della Jewelry Week, è stata proposta una coppia di orecchini in oro, giada e Corniola, venduti a € 4.500 e disegnati dal designer Aldo Cipullo nel 1972. Un nome che probabilmente ai più non dice nulla, ma che ha segnato la storia più recente della maison: al designer napoletano si deve infatti l’ideazione sia del Love Bracelet che della linea Juste un Clou.

Il primo, del 1969, ispirato dalle cinture di castità, aveva la caratteristica di essere unisex e di avere una chiusura a vite con annesso un cacciavitino, sempre in oro. Fu oggetto di una campagna pubblicitaria in anticipo sui tempi, infatti le prime 25 coppie prodotte vennero donate ad altrettante coppie celebri di attori, musicisti, ecc… decretandone il successo immediato.

Foto di Gary Bernstein del Love Bracelet di Aldo Cipullo al MoMA, New York City / CC BY-SA 4.0

Si narra che alcuni ospedali di New York negli anni Settanta e Ottanta si dotarono del cacciavitino in oro come attrezzo per il pronto intervento, per quanto spesso gli fosse capitato di doverlo rimuovere durante i loro interventi. Se il fulcro del Love Bracelet è una vite, la caratteristica di Juste un Clou è la forma stessa. Il bracciale riproduce, infatti, un chiodo arrotondato, logicamente nei materiali più preziosi possibili: oro, argento e platino. La perfetta nobilitazione di un oggetto povero.

Solo Cartier si è potuto permettere di realizzare gioielli così innovativi perché fa parte del suo DNA da sempre e per questo piace e continuerà a piacere. D’altronde, possedere un Cartier permette di sentirsi parte di una grandissima famiglia e di entrare con lei nella storia della società e del gusto.


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I dipartimenti di Gioielli e Orologi stanno selezionando beni preziosi da includere nelle prossime aste. Gli esperti sono disponibili su appuntamento, per stime e consulenze gratuite e confidenziali.

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Cosa devi sapere se vuoi vendere la tua borsa firmata in asta

I marchi più ricercati ma anche esclusività, qualità e tendenze del mercato. Ecco gli elementi da considerare se stai pensando di vendere in asta la tua borsa firmata o la tua collezione.

Deaccessioning: una parola che negli ultimi tempi sta entrando nel linguaggio comune nel mondo del collezionismo. Cosa significa? Banalmente, vendere un’opera per fare spazio a qualcosa di nuovoforse di più adatto a un particolare momento, di più interessante o semplicemente più di tendenza in un certo periodo. Il deaccessioning è un fenomeno che si può applicare alle collezioni di ogni tipo, che si tratti di arte, orologi, automobili o borse di lusso: a volte è anche il modo migliore per far fruttare un investimento, per trovare fondi che siano utili a nuovi progetti o per far fronte a necessità finanziarie. 

HERMÈS, borsa a tracolla bicolore, venduto per 2.176 € a dicembre 2020

Il concetto di investimento legato alle borse e agli accessori di lusso è un fenomeno piuttosto recente, che ha avuto un boom negli ultimi dieci anni, partendo da alcuni record d’asta di una serie di borse Hermès in pelle di coccodrillo: prima, le luxury handbag erano considerate semplicemente un regalo costoso. Oggi il mercato è in continua crescita e attrae un pubblico sempre più eterogeneo, con gusti diversi in base alla location e all’età dei collezionisti. Il numero di vendite all’asta sempre maggiore, i record da capogiro e la richiesta che non accenna a fermarsi, dimostrano che questo è il momento giusto per vendere. Se hai una collezione di accessori, borse o abiti dei grandi marchi del lusso e stai pensando di venderli, ecco qualche informazione che potrebbe esserti utile. 

Borsa Birkin Horse Shoe (Command Spéciale) 35 cm, 2012, venduta per 8.879 € a dicembre 2020

Le più richieste: Hermès, Louis Vuitton e Chanel 

 

I pezzi iconici sono ovviamente i più richiesti sul mercato. Il loro valore e la loro desiderabilità sono senza tempo e il ritorno economico è assolutamente garantito. Questo processo è determinato sia dalla poca disponibilità nei negozi, sia dalla possibilità di trovare più facilmente dei modelli nelle dimensioni, colore e finiture desiderate, direttamente in asta. Hermès si conferma la marca di pelletteria più venduta, per volume e per valore. I due modelli più richiesti, la Birkin e la Kelly rappresentano il 44% del volume del brand francese venduto all’asta. Al secondo posto dei marchi più venduti Louis Vuitton con la Speedy e la Keepall, seguito da Chanel (la 2.55 ha visto un aumento del prezzo del 70% negli ultimi 5 anni).*

*tutti i dati da LuxPrice-index© via Collector Square

Borsa Constance Mini, 2012, venduta per 8.750 € a marzo 2019

Il valore dell’esclusività  

 

Le edizioni limitate,i modelli realizzati in pelli esotiche, colori particolari o in occasione di collaborazioni con altri brand del lusso diventano “pezzi rari”, poiché le case di moda smettono di produrle in breve tempo. Sono beni che si trovano solo sul secondary market e, in generale, la ricerca di edizioni esclusive rimane al centro della dinamica del mercato. Poi è ovvio che alcuni colori, come il nero e i toni neutri (etoupeetaingris, craie, ecc…) saranno sempre popolari e assolutamente vendibili con grande facilità.

Leggi anche: Luxury Fashion, asta record per il mercato italiano

Borsa Birkin 30 cm, 2012, venduta per 18.750 € a marzo 2019 

La qualità 

 

Mantenere sempre impeccabile la qualità di una borsa è la prima regola per rivenderla al miglior prezzo: quindi, iniziando dalla base, l’artigianalità e la maestria nella realizzazione del modello renderanno sicuramente più facile la resistenza alla prova del tempo. Quando si tratta poi di BNIB (Brand New In Box), quindi di un pezzo mai usato e ancora con la sua scatola originale e la dust bag, il rendimento superiore è assicurato. Migliori sono le condizioni della borsa, maggiore sarà il ritorno economico.

CHANEL, Borsa 19 cm, 2018, venduta per 2.432 € a dicembre 2020

Riedizioni e Social Media

 

La domanda di Dior è aumentata dal 2018, quando il marchio ha rieditato il suo modello Saddle Bag e ha lanciato la Book Tote. Così come per Prada, con il rilancio della collezione in nylon che tanto andava negli anni 2000. Grazie alle tendenze del “revival vintage” e della “logomania” che viaggiano sui social alla velocità della luce, il valore di alcuni modelli specifici tende a riprendere quota molto facilmente. Non solo, anche le variazioni di prezzo retail hanno delle conseguenze sul valore del luxury vintage: Chanel, aumentando i prezzi al dettaglio nel 2020, ha fatto sì che il marchio aumentasse di valore anche nel secondary market. 

Leggi anche: La borsa “Boy” di Chanel, storia di un grande amore

CHANEL, Borsa Boy 28 cm, 2013, venduta per 2.048 € a dicembre 2020

Come faccio a conoscere il valore della mia borsa?

 

Vorresti vendere una borsa firmata o una collezione di accessori in asta? Se vuoi scoprire il valore dei tuoi oggetti preziosi, contatta il Dipartimento di Luxury Fashion per una valutazione gratuita e confidenziale.

 

Gli smeraldi, pietre uniche che si adattano perfettamente a ogni gioiello

Finarte, grazie ai suoi esperti, certifica la qualità delle pietre e dei gioielli in asta e lo dimostrano gli ottimi risultati raggiunti da alcuni pezzi con smeraldi di altissimo pregio.

Nel 1984, un giovanissimo Michael Douglas impersonava l’avventuriero alla ricerca di una fantomatica pietra verde e, alla fine della pellicola e dopo mille peripezie, oltre all’agognato minerale conquistava il cuore della bella scrittrice di romanzi interpretata da Kathleen Turner. Il film era All’inseguimento della Pietra Verde, primo della fortunata trilogia di Robert Zemeckis. In questo film si evince una cosa: a essere preziosi non sono solo i diamanti. L’elemento scatenante di tutta l’avventura era, infatti, uno smeraldo di dimensioni spropositate.

La pietra verde per antonomasia è conosciuta e apprezzata da secoli. Ad esempio, miniere storiche situate in Egitto permettevano a Cleopatra di adornarsene e di farne dono con la sua immagine scolpita ai suoi più alti dignitari.

Per il buddismo il minerale è la perfetta rappresentazione della saggezza, dotato di particolari poteri rilassanti legati alle sue mille sfumature di verde.

Smeraldi (foto via <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Smeraldo" target="_blank">Wikipedia</a>- Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported)

Smeraldi (foto via Wikipedia– Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported)

Tecnicamente lo smeraldo è una pietra ascrivibile alla famiglia dei berilli, da cui si discosta solamente per la presenza, nella sua composizione, di un’impurità, il cromo, che poi è proprio l’elemento chimico che ne determina la particolare colorazione.

Gli smeraldi sono unici, non ne troverete mai due uguali. Questo a causa dei particolari processi geologici che sono alla base della loro creazione, che forzando la coesistenza di elementi normalmente non compatibili tra loro, determinano la presenza di inclusioni e fratture. Imperfezioni dalle particolari forme che ricordano delle piante e che vengono comunemente definite jardin.

Giardini virtuali che per lo smeraldo sono determinanti per svariati motivi. Innanzitutto, perché la loro maggiore o minore presenza e, di conseguenza, la trasparenza della pietra influiscono sulla sua qualità. Nella formula, più alto e uniforme è il grado di trasparenza, maggiore è il valore.

In secondo luogo, dalla forma di queste “imperfezioni” è possibile risalire alla regione di provenienza. Ad esempio, le pietre più belle e dal colore più puro e brillante sono originarie della Colombia, ma centri di produzione sono situati anche in Brasile, in Pakistan e più recentemente in Africa, nelle regioni dello Zimbabwe e dello Zambia.

Infine, il jardin determina anche il taglio e la lavorazione della pietra. Il taglio classico, infatti, a gradini con forma rettangolare, quadrata o ottagonale, è stato ideato proprio per ridurre al minimo le interferenze delle imperfezioni nella visione della pietra ed esaltarne le peculiarità tonali alla luce.

Spesso, per migliorarne l’aspetto, queste bellissime pietre possono essere sottoposte a trattamenti a base di oli naturali o sintetici per colmare le fratture presenti; interventi che devono essere obbligatoriamente reversibili e non coloranti per non alterare le caratteristiche naturali.

Finarte, grazie ai suoi esperti, è la prima a certificare la qualità degli smeraldi e gioielli proposti in asta.

Lo dimostrano gli ottimi risultati raggiunti nell’asta dell’autunno scorso da alcuni pezzi con degli smeraldi di altissimo pregio. Ad esempio, il lotto 674: orecchini in oro bianco, diamanti e smeraldi colombiani di ct 17,68 e 17,32 venduti per € 49.800; o il lotto successivo, il 675, un anello in oro bianco abbellito da uno smeraldo colombiano di taglio quadrato a gradini di ct 15,23 venduto a € 23.800.

Lo smeraldo è una pietra che si adatta perfettamente a ogni tipologia di gioiello, che sia anello, spilla o collana, come ad esempio quella al lotto 714 in oro, diamanti taglio brillante e tre gocce cabochon di smeraldo venduta a € 15.100.

Questo perché se un diamante è per sempre, leggenda vuole che lo smeraldo sia la pietra dell’amore e che sia sufficiente bisbigliargli il nome della persona desiderata per conquistarla. Provare per credere… o, nel peggior dei casi, consolarsi con un bellissimo gioiello con smeraldo.

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I sei fotografi più cercati sul mercato

L'interesse dei collezionisti verso la fotografia non accenna a diminuire. Ecco i sei nomi più cercati sul mercato, da Gabriele Basilico con i suoi paesaggi suggestivi, a Nobuyoshi Araki che con i suoi scatti ha costruito un vero e proprio immaginario erotico.

Con la sospensione dei grandi eventi artistici come mostre, biennali e fiere internazionali d’Arte, l’unico barometro rimasto a testimoniare il gusto e il trend del mercato dell’arte è rappresentato dalle aste. Ciascuna nel suo settore specifico mostra il polso di un mondo, quello del collezionismo, che può essersi contratto, viste le circostanze mondiali, ma che di certo non è rimasto al palo. L’inizio dell’anno può essere, quindi, un buon momento per analizzare i dati delle ultime edizioni e individuare gli autori protagonisti che hanno realizzato i migliori risultati.  

Uno dei settori che più di ogni altro ha mostrato i margini di crescita più ampi è sicuramente quello della fotografia, sia con autori italiani che internazionali.  

Con il 93% di venduto sui 14 lotti passati in asta nell’arco dell’anno, sicuramente Gabriele Basilico è il campione della categoria del 2020, a dimostrazione di come sempre più si apprezzano i “ritratti” di città del fotografo milanese scomparso nel 2013. La bravura di Basilico risiedeva nella capacità di mettere a nudo le metropoli che cadevano sotto l’occhio della sua macchina fotografica, mettendone in risalto angoli spesso sconosciuti agli stessi abitanti sia con l’uso di un raffinato bianco e nero sia, anche se più raramente, del colore, come per Roma, uno scatto del 2007, lotto 15 dell’asta di marzo 2020, venduto per l’ottima cifra di € 5.855. 

GABRIELE BASILICO, Roma, 2007

Il marchigiano Mario Giacomelli si assesta invece a un 92% di aggiudicato su 12 lotti della serie dedicata ai “Pretini” proposti negli ultimi tre anni. Questo autore è la dimostrazione di come le passioni possano portare a risultati sorprendenti. Tipografo per mestiere e fotografo per diletto, ha passato ogni momento libero della sua vita armato di macchina fotografica a scandagliare territori e luoghi attorno alla sua Senigallia, divenendo in questo modo cantore della campagna. Con le sue vedute aeree di campi coltivati e boschivi e con le testimonianze del mondo di ospizi, case di cura e seminari, ha ricavato una delle sue serie più famose, “i Pretini” appunto, di cui un esemplare è stato aggiudicato per € 9.510 nell’asta di ottobre 2019.  

MARIO GIACOMELLI, Io non ho mani che mi accarezzino il volto (Pretini), 1953/1963

Il paesaggio è sicuramente uno dei soggetti più apprezzati dagli amanti della fotografia se, dopo Basilico e Giacomelli, l’artista con i migliori risultati è Luigi Ghirri. Tra i fotografi italiani più riconosciuti a livello internazionale con mostre e personali nei più importanti musei americani e francesi, realizza, infatti, un ottimo 84% su 25 lotti proposti

L’Italia che emerge dalle sue fotografie è una penisola metafisica, senza tempo, in cui anche l’oggetto e il luogo più banali vengono circonfusi dalla magia della bellezza e dell’unicità del colore. Un autore che, anno dopo anno, si conferma tra i top acquisti per la fotografia tanto da inanellare già nel 2018 un’aggiudicazione per € 11.250 (lotto 242, dicembre 2018), confermata nel 2019 con € 13.899 (lotto 43, ottobre 2019)  e infine con Lucerna dalla serie “Kodachrome, opera del 1971, venduto a settembre del 2020 per € 8.249. 

LUIGI GHIRRI, Lucerna, dalla serie “Kodachrome”, 1971

A concludere la sfilata degli autori italiani più ricercati il napoletano Mimmo Jodice, con una perfomance di tutto rispetto del 72% su 18 lotti passati in asta. Dei quattro fotografi finora qui analizzati è sicuramente il più eclettico, capace di spaziare dal paesaggio alla ritrattistica, dalla fotografia documentativa a progetti sperimentali, con il comun denominatore del bianco e nero usato in maniera tale da mettere in risalto sia i soggetti che la luce che li circonda, forse la vera protagonista delle sue opere. 

Perfetto esempio è Sculptures. Museo Nazionale di Napoli, uno scatto del 1986 venduto nel 2019 per € 6.000, in cui due sculture esposte nel museo si affrontano tra loro, ma a uno sguardo più attento i concorrenti risultano essere tre, con l’ombra di una delle due resa più tangibile del “reale” dal sapiente occhio di Jodice.  

MIMMO JODICE, Sculptures. Museo Nazionale, Napoli, 1986

Tra i fotografi stranieri che hanno ottenuto i migliori risultati sicuramente il ceco Jan Saudek con l’86% di venduto su 14 lotti, tra i quali Marie nr. 142, Model print, 2002 venduto a € 5.100 nel marzo 2020. I suoi ritratti effetto “vintage” con soggetti scabrosi sembrano nascere più che per appagare l’occhio per scioccarlo, ma in realtà sono delle profonde riflessioni sul senso di alcuni temi fondamentali: vita, morte, amore, sesso, bello e brutto. Significato ben compreso dai collezionisti, come dimostrano i risultati ottenuti. 

JAN SAUDEK, Marie nr. 142, Model print, 2002

Sugli stessi temi, ma in chiave più bondage, anche le polaroid di Nobuyoshi Araki. L’autore giapponese e le sue geishe sottomesse o i suoi macro di fiori si attestano a un ottimo 84% su 30 lotti proposti, con prezzi di aggiudicazione costanti e sempre sopra la stima minima. Spiccano alcune aggiudicazioni come il lotto 1 del maggio 2018 a € 3.000, il lotto 93 dell’ottobre 2019 a € 6.360 e per finire il lotto 56 del marzo 2020 venduto a € 2.430.  La fotografia si dimostra un ottimo settore sia per chi voglia avvicinarsi al mondo del collezionismo sia per chi decida di investire in prospettiva.  

NOBUYOSHI ARAKI, Geisha Girl with Watermelon, 1991

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Il 2020 è stato un anno da incorniciare per il Dipartimento di Fotografia, con un risultato che assesta un +50% rispetto al 2019. Il fatturato totale dell’anno è di 950.000 euro diritti inclusi ed è la prima volta in Italia che si assiste a un tale traguardo nel settore. Le aste dell’anno appena passato sono state contraddistinte dal forte taglio internazionale e dai numerosi record italiani e mondiali, tra i quali Helmut Newton, Henri Cartier-Bresson e Maurizio Galimberti.

Il dipartimento sta ora selezionando opere e intere collezioni da includere nelle prossime aste. Gli esperti sono disponibili su appuntamento, per stime e consulenze gratuite e confidenziali.

Asta di Fotografia: 17 marzo 2021
Termine per la consegna delle opere: 5 febbraio 2021

15 curiosità su quest’anno che si sta per concludere

Dal lotto più con più offerte al dipartimento con più record, dal gioiello con più diamanti al vino più invecchiato battuti in asta, ripercorriamo questo particolare 2020 in numeri, eventi interessanti e curiosità.

Possiamo affermare senza alcun dubbio che il 2020 sia stato un anno senza precedenti. Si è aperto nella totale inconsapevolezza di ciò che sarebbe accaduto da lì a pochi mesi, ma il lockdown non ci ha trovato impreparati. Le chiusure obbligate dovute alla pandemia hanno imposto a tutti noi del settore la necessità di sviluppare nel più breve tempo possibile dei nuovi modelli di promozione, vendita e partecipazione: il digitale e le aste svolte da remoto sono stati i cardini trainanti di questi dodici mesi. Gli ottimi risultati hanno confermato l’importanza del ruolo dell’online anche nel mondo delle aste, tradizionalmente associate alla presenza in sala, all’adrenalina della paletta e dell’offerta e dal colpo finale del martello. Il 2020 ha aperto a tutti gli effetti una nuova era e noi non vediamo l’ora di scoprire cosa ci riserverà l’anno in arrivo (a proposito, qui trovate il calendario delle prossime aste!). Ma nel frattempo, abbiamo raccolto alcune curiosità, numeri ed eventi interessanti sull’anno passato.


Numero di lotti venduti
6421

 

Con 12 aste nel primo semestre e 18 aste nel secondo, quest’anno i lotti venduti sono stati 6421. A marzo, proprio all’inizio delle prime restrizioni dovute alla pandemia, si è tenuta l’asta di Fotografia: in una Milano surreale, la sessione ha registrato un riscontro sorprendente, totalizzando un venduto di quasi 400.000 €, registrando un +40% sull’asta di ottobre dell’anno precedente.

Leggi anche: Le aste ai tempi del Coronavirus


Il lotto spedito nel luogo più lontano
SCUOLA ITALIANA, INIZI SECOLO XIX – Salvator Mundi

 

Questo Salvator Mundi, insieme ad altri sei dipinti di alcune delle maggiori Scuole Italiane dal XVI al XVIII secolo, sono stati acquistati dalle isole Hawaii in occasione dell’asta Incanti d’Arte dello scorso febbraio.


Il lotto con il maggior incremento di valore
MAREK SZWARC – Donne, 1939

 

In occasione dell’ultima asta del 2020, Arte Moderna e Contemporanea di Roma dello scorso 18 dicembre, una scultura dell’artista polacco Marek Szwarc, Donne, del 1939, è stata venduta per 27.539 € (oltre 20 volte il suo valore, la stima iniziale era infatti di 1.000 – 1.500 €).


Il Dipartimento con più Record
FOTOGRAFIA

 

Il 2020 è stato un anno da incorniciare per il dipartimento di Fotografia, con un risultato che assesta un +50% rispetto al 2019. Il fatturato totale dell’anno è di 950.000 euro diritti inclusi ed è la prima volta in Italia che si assiste a un tale traguardo nel settore. I record italiani sono stati cinque, tra i quali la provocante Saddle I di Helmut Newton, lotto 116 dell’asta di settembre (illustrata qui sopra), venduta per ben 37.459 €, mentre la museale Duomo Gotico Pungente di Maurizio Galimberti, ha quadruplicato la stima minima, assestandosi a 12.660 € e raggiungendo un record mondiale.


Il lotto con più offerte
LUCIO FONTANA – Crocifisso, 1951

 

Durante l’asta di Arte Moderna e Contemporanea di Milano del 22 ottobre, un Crocifisso in terracotta smaltata del 1951 ha avuto il più alto numero di offerenti: da una base d’asta di 60.000 – 80.000 €, l’opera di Lucio Fontana è stata venduta a 207.459 €.


Il gioiello con più diamanti
Importante collana in platino e diamanti

 

597 diamanti taglio vecchio per 40 carati di magnificenza: questa collana Art Nouveau in platino, realizzata a bavaglino con motivi a festoni e fiocchi nastrati, è il gioiello con il maggior numero di diamanti battuto in asta quest’anno.  Copertina del catalogo della prima Jewelry Week del 2020 (22 – 25 giugno), la collana è stata venduta a 57.299 €.


Il vino più invecchiato
Giacomo Conterno Monfortino Stravecchio, 1937

È del 1937 questo Barolo Giacomo Conterno Monfortino Stravecchio, venduto per 1.920 €  il 5 novembre in occasione dell’Asta di Vini e Distillati. A solo un anno dalla sua nascita, il dipartimento è riuscito a costruire un’importante base di clienti, proponendo cinque aste, migliaia di lotti battuti, e una selezione che spazia dai vini rinomati alle più nascoste rarità.


Il lotto con più clic sul sito
MARIO SCHIFANO – Gigli d’acqua, 1983

 

Quasi 2000 click sul lotto 154 dell’asta di Arte Moderna e Contemporanea di Roma dello scorso 28 maggio, un olio su tela di Mario Schifano del 1983, Gigli d’Acqua, venduto a 15.139 €. Schifano detiene il record di Finarte come autore con più opere in asta (43 in totale) in questo 2020.


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Il lotto più particolare
GUCCI – Originale sacca da giardinaggio

 

Tra i 159 lotti dell’asta di Luxury Fashion del 10 dicembre, uno era davvero ricercato e originale: una sacca da giardinaggio di Gucci, degli anni ’70 in tessuto operato e stampato con profili in pelle, da portare in vita con una cintura. All’interno, anche tre accessori in acciaio e corno: siamo sicuri che sia stato un regalo di Natale apprezzatissimo da un amante del giardinaggio (con stile!). La sacca è stata venduta per 4.343 €.


Il lotto più ingombrante
OSCAR NIEMEYER – Tavolo da riunione, 1980 ca.

6 metri di lunghezza per questo tavolo da riunione con base in acciaio e piano in legno del grande maestro brasiliano Oscar Niemeyer, che esalta le funzioni e i valori dell’arredo direzionale: misure imponenti per spazi prestigiosi. Il lotto è stato battuto il 22 luglio, in occasione della prima asta di Design e Arti Decorative di Finarte.


L’asta durata di più
LIBRI, AUTOGRAFI E STAMPE

 

Con 680 lotti divisi in due tornate, l’asta di Libri, Autografi e Stampe tenutasi a Roma il 18 novembre è durata in totale oltre 9 ore. Tra i lotti proposti in catalogo c’era anche questa lettera di Giacomo Leopardi del 1825, acquisita dalla Biblioteca Nazionale di Napoli.


L’orologio con il quadrante più ricercato
Universal Genève con mappa del Venezuela

Grande successo anche per l’asta di Orologi del 30 novembre: si tratta infatti dell’asta con la percentuale di valore del venduto più alta dell’anno. Tra i lotti in catalogo spiccava questo particolarissimo Universal Genève con mappa del Venezuela in smalto policromo. Il modello, degli anni ‘50, è stato venduto a 4.100 €.


L’Autore più venduto
PORSCHE

 

Sì, non si tratta di un artista ma di un’automobile: la Porsche. Con undici lotti venduti nel 2020, Porsche supera Mario Schifano (non considerando multipli e stampe) e Maria Lai. L’asta Automotive: Finarte 2020 Selection + 1000 Finarte, svoltasi totalmente online dal 28 al 30 ottobre, ha registrato un ottimo risultato con la Giaur 750 Sport del 1950 come top lot dell’anno (venduta a 291.175 €), seguita da due Porsche, la 356 1500 Super del 1952 (232.940 €) e la 911 3.2 Speedster del 1989 (157.234 €).


L’asta più lontana
VINI E DISTILLATI a Hong Kong

 

La “prima” della collaborazione tra Finarte e Gelardini & Romani Wine Auctions è andata in scena domenica 17 maggio: wine lovers divisi da 6 ore di fuso orario si sono contesi oltre 750 lotti più decine di fuori catalogo a partire dalle 11:00 di mattina nella sala gremita del Ciak in the Kitchen di Hong Kong e dalle 5:00 di mattina in Italia sulla piattaforma online di Finarte. L’asta di Vini e Distillati ha portato uno strepitoso risultato con un venduto totale di 550.000 € e una percentuale del 94% di venduto per valore.

Salvo, il cane sciolto dell’arte

Salvo è stato uno dei grandi protagonisti delle aste di Finarte in questo 2020 in chiusura. Il suo percorso artistico concettuale inizia nel 1970 e, tra autoritratti, lapidi, favole di Esopo e paesaggi, la sua produzione è un vero e proprio viaggio tra memoria del mondo e ricordi personali.

Ceci n’est pas un paysage

La Storia dell’Arte non è scritta solamente da gruppi o movimenti e correnti artistiche ma in molti casi lo è da personaggi inclassificabili, che per tutta la vita hanno perseguito e percorso una propria strada personale verso l’opera d’arte.

Tra questi “cani sciolti” si può certamente ascrivere anche Salvo Mangione che per tutta la sua vita, come lui stesso disse, cercò “di fare qualcosa di originale, volevo una voce che fosse soltanto mia”.

Siciliano, nato nel 1947 a Leonforte in provincia di Enna, all’età di 9 anni si sposta con la famiglia Torino, città dove risiederà per tutta la vita e che segnerà il suo percorso artistico grazie a una vivace e attiva scena artistica, all’incontro e all’amicizia con altri artisti come ad esempio alcuni componenti del movimento dell’Arte Povera – Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto – e alla presenza negli anni ’60-’70 di gallerie di primissimo livello come Gian Enzo Sperone, dove il nostro artista debutterà nel 1970.

SALVO, Senza titolo, 1983, Venduto a € 12.659 (Arte Moderna e Contemporanea
Milano, 22 ottobre 2020)

Dotato di una memoria prodigiosa e lettore appassionato, spesso nelle interviste rilasciate, risponde, infatti, ai quesiti con citazioni di autori e filosofi di ogni epoca e formazione; Salvo infonde questa sua ampia cultura in tutte le sue opere, dagli iniziali fotomontaggi, alle opere tridimensionali – le così dette “lapidi“, fino ai quadri che dagli anni Ottanta diverranno il suo marchio di fabbrica dando così vita per tutto il suo percorso artistico a opere “concettuali”.

SALVO, Senza titolo, 1981, venduto € 6.107 (Arte Moderna e Contemporanea Milano, 22 ottobre 2020)

All’inizio, la sua produzione si concentra sul   e la Storia: rappresentativa di questo è la serie di ritratti di fotografie tratte dai quotidiani a cui l’autore sovrappone i suoi lineamenti, non solo un gesto di appropriazionismo ma anche di riflessione sul concetto stesso di tempo, in quanto, anche se non ce ne rendiamo conto, in ogni istante noi viviamo già nella storia e quindi nello stesso “momento” in cui si trovano anche personaggi come Giulio Cesare o Napoleone Bonaparte.

Da qui, è facile per Salvo indossare anche i panni di un artista come Raffaello in una delle sue opere più conosciute: Autoritratto (come Raffaello),  in cui assume, specularmente, la posa del autoritratto dell’autore rinascimentale conservato alla galleria degli Uffizi, dando vita a un dialogo di sguardi tra maestri.

Salvo, Autoritratto (come Raffaello), 1970, fotografia su alluminio, 65 x 49 cm, courtesy Archivio Paul Maenz, Berlino

Dalla storia per immagini alla storia per parole, per Salvo il passo è naturale e breve. Nascono, così, le lapidi di marmo e pietra in cui Salvo fa riportare stralci di poesie e di romanzi, le favole di Esopo o in alcuni casi lunghi elenchi di personaggi storici al cui ultimo posto, immancabilmente, compare il suo nome. Una passione per le liste che si materializzerà anche nelle tele successive in cui la contrapposizione di nomi dipinti di diverso colore farà emergere i confini dell’Italia, letteralmente un riassunto, anche storico, del “Paesaggio Italia”.

SALVO, Ottomania, 1985, venduto € 42.419 (Arte Moderna e Contemporanea, Milano, giovedì 22 ottobre 2020)

Ben presto il paesaggio diviene il soggetto unico della ricerca di Salvo, non un paesaggio tratto dal reale come nelle ricerche degli impressionisti o di un post-impressionista come Cézanne, ma delle idee e sensazioni di luoghi fatti di colori e forme semplificate nella ricerca di un’essenza che portano Salvo a creare quadri paragonabili non a Guerra e Pace di Tolstoj ma a degli haiku giapponesi.

SALVO, Inverno, 2000, venduto a € 36.219 (Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 18 dicembre 2020)

Perfetto esempio di questo i lotti 57, Paesaggio con automobile del 1984/85 e il lotto 211, Inverno del 2000 venduti, all’asta del  18 dicembre, rispettivamente per € 30.019 e € 36.219. Le case, la chiesa, i lampioni, le automobili potrebbero essere state disegnate da un bambino e le tinte innaturali amplificano la sensazione d’irrealtà quasi da sogno.

SALVO, Paesaggio con automobile, 1984/’85, venduto a € 30.109 (Arte Moderna e Contemporanea, Roma, 18 dicembre 2020)

In un momento come quello attuale, per cui per forza maggiore è sempre più sentita la necessità di viaggiare con la mente, è comprensibile il successo di un artista come Salvo, che lo ha fatto per tutta la vita tra la memoria del mondo e i ricordi personali. D’altronde, come lui stesso affermava:

“Un quadro è un capolinea: è un arrivo (per chi l’ha fatto) e una partenza (per chi lo guarda)”

Digitale e consolidamento. La nuova era delle aste parte dal 2020.

Il 2020 è stato per Finarte un anno di passaggio, che ha imposto nuovi modelli di sviluppo e innovazione delle pratiche di vendita. Ecco le note di Fabio Massimo Bertolo su quest'anno, che si è aperto dentro una crisi ma che ha portato ad una nuova era per il mondo delle aste.

di Fabio Massimo Bertolo

“Il digitale ha salvato le aste arricchendo il pubblico di Finarte, diversificandolo e fidelizzandolo come non mai. Siamo davanti ad una nuova era che si apre dentro una crisi e da questa crisi può trarre il meglio in termini di rinnovamento e innovazione… di un mondo da sempre così tradizionale come le aste.”

Il 2020 per Finarte è stato un anno di passaggio, volto a consolidare alcune posizioni di mercato, ad aprirne di nuove in ambiti non ancora sperimentati ma soprattutto un momento di radicale verifica e innovazione delle pratiche di vendita.

Il lungo lockdown primaverile ha imposto nuovi modelli di sviluppo, che hanno IMPOSTO nuove metodologie di lavoro: il 28 aprile abbiamo svolto, primi in Italia, un’asta di Grafica Contemporanea interamente VIRTUALE, battuta da casa del banditore con piattaforme e telefoni collegati in remoto, attorno ad un tavolo.

ANDY WARHOL, Ladies and Gentleman, Tav.5, 1975

ANDY WARHOL, Ladies and Gentleman, Tav.5, 1975

La smaterializzazione delle vendite si è così compiuta e l’ottimo risultato di aggiudicazioni ha dimostrato che la fase di battuta d’asta può sicuramente svolgersi anche da remoto, connettendo un numero sempre crescente di clienti, attenti come mai era successo alle nostre vendite.
Se dunque una considerazione positiva si può fare su quest’anno, è senz’altro quella di aver accelerato alcuni processi già in atto da anni, di smaterializzazione delle vendite, di concentrazione sul digitale sia in fase di promozione dei lotti che in fase di vendita, di ampliamento della piattaforma clienti per effetto dell’onda digitale che ha pervaso tutte le nostre attività.

 

 

Anche i clienti più riluttanti hanno cominciato a praticare la nostra piattaforma (e le piattaforme connesse) incrementando di molto la partecipazione di bidder nelle nostre aste, sia a livello nazionali che internazionale.
Per Finarte l’adozione di un nuovo medium (integralmente digitale) si è accompagnata anche all’apertura di nuovi reparti, già programmata da tempo e rimandata a causa della chiusura del I semestre. L’asta di Design tenutasi a luglio, quella di Arte Africana tenutasi ad ottobre e le frequenti vendite di Vini hanno rappresentato per Finarte l’apertura verso nuovi settori del collezionismo, e verso una nuova e diversificata clientela.

 

 

Il secondo semestre appare in forte crescita, sia in termini numerici di vendite (18 aste a partire da settembre, un record stagionale!) che di valore totale di aggiudicazioni, un risultato che solo in parte ripagherà il difficile primo semestre.

La grande partecipazione straniera è l’altro dato incontrovertibile che connota il 2020, la conferma di un trend che impone il cambiamento di alcuni modelli di lavoro: l’adozione della lingua inglese per tutti i cataloghi è divenuta una imprescindibile necessità, così come l’arricchimento del corredo fotografico dei lotti per rispondere alle numerose richieste di condition reports dall’estero.

 

 

Le piattaforme on line stanno progressivamente “soppiantando” la sala ed hanno bisogno di una diversa e sempre più attenta gestione; i meccanismi dei rilanci on line, gli starting bids, le notizie di sala sul sito, le descrizioni dei lotti, tutto va rivisto e riadeguato alla nuova dimensione digitale. In questo Finarte si pone all’avanguardia tra le diverse case d’asta italiane, forte di un affiatato e rodato team di lavoro sul web, sul digital, sul web-marketing etc.
A livello di singoli reparti, le migliori performance le hanno ottenute i soliti settori: Arte Moderna e Contemporanea, Gioielli e orologi, Automotive. Un deciso incremento di stranieri si è osservato, ma anche di italiani che hanno scoperto le piattaforme digitali. Non c’è stato un sostanziale incremento della clientela giovanile, se non per alcuni settori quali la Fotografia, i Vini e la Grafica Contemporanea.

 

CINDY SHERMAN, Untitled n.74, 1980 - Venduto € 39.900

CINDY SHERMAN, Untitled n.74, 1980 – Venduto € 39.900

In conclusione, con un sintetico motto, il 2020 si potrebbe così etichettare: il digitale ha salvato le aste arricchendo il pubblico di Finarte, diversificandolo e fidelizzandolo come non mai. Siamo davanti ad una nuova era che si apre dentro una crisi e da questa crisi può trarre il meglio in termini di rinnovamento e innovazione….di un mondo da sempre così tradizionale come le aste.

Circondarsi di cose belle: l’Asta di Arte Moderna e Contemporanea chiude l’anno

Da Maria Lai a Fortunato Depero, Mario Schifano e Achille Perilli, il catalogo dell'asta di Arte Moderna e Contemporanea del 18 dicembre è un inno alle "cose belle" di cui dovremmo circondarci in questo Natale un po' particolare.

Dicembre da sempre è un periodo un po’ “magico” per il Natale, le vacanze di metà anno, gli sport invernali e le feste in famiglia, quest’anno, forse bisognerà essere un po’ più bravi a crearsela da soli la magia, perché no? Circondandosi di cose belle. Un buon momento per implementare la bellezza attorno a noi è sicuramente l’Asta di Arte Moderna e Contemporanea del 18 dicembre a Roma. Vediamo assieme alcune di queste cose belle e impegnate.

Infatti, chissà, se Gino Marotta avrebbe mai sospettato che le sue sculture cinquant’anni dopo sarebbero state apprezzate non solo per le forme ma anche per l’attualità  del loro messaggio, con l’interesse generale sempre più concentrato sulle materie plastiche e il loro utilizzo. 

GINO MAROTTA, Palma, Anni ’70

La sua scelta di utilizzare un materiale “freddo” ed industriale come il perspex per rappresentare brandelli di natura sembra essere ora il miglior manifesto per promuovere un mondo nel contempo più tecnologico e ecosostenibile e i lotti 46 (€ 4.000 – 6.000) e 47 (€ 5.000 -7.000), le sihlouette rispettivamente di una palma e di una giraffa dai colori brillanti sono perfette in questo senso. 

GINO MAROTTA, Giraffa, 1972

Spesso non si considera il fatto che un’opera oltre alla sua forma estetica e alla storia dell’artista che l’ha creata porta con sé anche un vissuto legato ai luoghi dove è stata esposta, ai suoi proprietari, agli occhi di chi l’ha vista e sicuramente un’opera che potrebbe raccontarci mille storie è il Limone di Messina (lotto 136,€ 30.000 – 40.000), opera di Fortunato Depero.

FORTUNATO DEPERO, Il limone. Messina, 1926/27

Nata infatti in una prima versione a collage come copertina per la rivista della camera agrumaria di Messina, è poi divenuta un quadro ad olio per scopi espositivi e pubblicitari e solo un personaggio come Depero poteva raffigurare un limone donandogli dei lineamenti orientaleggianti: gli occhi a mandorla e dei lunghi baffi finissimi da dignitario dell’antica corte cinese. La bravura del rendere più appetibile un prodotto italianissimo come l’agrume giallo, esotizzandolo.  Un genio dell’arte e della comunicazione.

Nel periodo natalizio, tra i regali più gettonati ci sono i libri. I migliori sono sicuramente quelli che aprono la mente e fanno sognare e quale miglior libro ci permetterebbe di farlo se non uno in cui le righe e le storie possono essere letteralmente create da noi, in cui ogni volta che lo sfogliamo la storia cambia con mille ambientazioni e finali diversi. Stiamo parlando di uno dei libri/opere d’arte ricamati da Maria LaiPiccolo libro per Antonio (lotto 144, € 10.000 – 15.000), in cui i fili di cotone danno tridimensionalità e ritmo al flusso di pensieri dell’artista, che ci regala una spartitura su cui sognare le mille e mille storie che la nostra immaginazione saprà suonarci sopra. 

MARIA LAI, Piccolo libro per Antonio, 1989

“Creta, creta mia, materia mia artificiale, ma carica per metafora di tutto ciò che ho visto, amato, di ciò a cui sono stato vicino, delle cose che ho sentito dentro, con cui, in fondo, mi sono, volta per volta, identificato”.

Una vera e propria dichiarazione d’amore questa di Leoncillo. Parole forti e passionali per descrivere un rapporto, quello con la creta, che ha segnato tutta la sua vita, probabilmente molto più di qualsiasi rapporto umano e noi, fortunati, ne possiamo apprezzare i frutti come ad esempio con una delle sue famose cariatidi, lotto 222, (€ 22.000-24.000).

LEONCILLO LEONARDI, Cariatide, 1945

L’algidità e freddezza delle forme classiche dell’iconografia delle cariatidi di epoca greca e romana, qui si scioglie grazie all’espressività e forza del gesto, l’artista attraverso le sue mani gli ha infatti trasmesso quelle tensioni e energie proprie della vita. Un moderno Pigmalione.

Ci sono opere che sembrano nascondere dei misteri e una di queste è l’opera del 1961 di Achille PerilliLa profezia suicida, (lotto 229, € 30.000-40.000). Un quadro che sembra ritrarre un altro quadro al suo interno, di cui l’artista delinea i contorni con segni decisi e immediati.

ACHILLE PERILLI, La profezia suicida, 1961

Un’opera dai tocchi rapidi, giocata sui toni dei grigi, che dimostra la bravura pittorica dell’artista romano e la sua sapienza nel gestire gli equilibri che conducono lo spettatore letteralmente a perdersi nei suoi enigmi. Medesima sensazione che si prova anche al cospetto di altre opere della storia dell’arte come ad esempio “La Sposa messa a nudo dagli scapoli” ai più conosciuta come “Il Grande vetro” di Marcel Duchamp. Provate ad accostarle: non pensate anche a voi che tra loro ci siano degli echi di rimando? Un quadro sicuramente degno dell’attenzione di ogni collezionista.

Catalogo online

L’esposizione dell’asta di Design e Arti Decorative ai Frigoriferi Milanesi

Dopo l’interessante collezione di Design italiano e Arti Decorative del XX Secolo presentata quest’estate con oltre 150 pezzi Made in Italy, Finarte presenta la nuova collezione che raccoglie oltre 400 lotti, con una sezione speciale dedicata ai Vetri.

L’asta di mercoledì 16 dicembre attraverserà il Design italiano a partire dai primi del Novecento fino ad arrivare a pezzi contemporanei di design radicale. L’esposizione ai Frigoriferi Milanesi è aperta fino a martedì 15 e accessibile su appuntamento.

MAX INGRAND, Raro lampadario, 1950 ca.

Un percorso che attraversa il design italiano del Novecento, che permette di ripercorrere le tappe dei Grandi Maestri che l’hanno costellato. Si potranno ammirare alcuni lampadari di pregiata fattura, tra cui un raro Max Ingrand per Fontana Arte degli anni ‘50 (lotto 158, base d’asta € 12.000), fino a pezzi importanti di arredamento come la libreria LIB2 di Ignazio Gardella prodotta per Azucena (lotto 150, base d’asta € 12.000), un tavolo da pranzo a cinque gambe di Gio Ponti, in massello di frassino e punte in ottone (lotto 154, base d’asta € 5.000) e due sgabelli Dado, T20, realizzati nel 1963 da Ettore Sottsass Jr (lotto 234, base d’asta € 4.500).

GIO PONTI, Tavolo da pranzo, 1950 ca.

“E, contro il cielo, opaco e riflettente: i vetri riflettono il cielo. Incielano l’Architettura” (Gio Ponti, Amate l’Architettura)

A chiusura di quest’anno così particolare che tutti abbiamo vissuto, a stretto contatto con l’ambiente domestico delle nostre case, è cresciuta la consapevolezza dell’importanza di ciò che ci circonda. Il vetro, un materiale così affascinante da risultare quasi magico, abbellisce e arricchisce il nostro arredamento, ci riporta alla bellezza del dettaglio e alla riscoperta del continuo cambiamento. Perché il vetro riflette, si modifica e modifica ciò che vi sta intorno.

LALIQUE, Vaso Amiens

La sezione speciale dedicata ai Vetri partirà dalla manifattura francese di Lalique, per arrivare ad una splendida collezione di vetri di Murano, con i grandi nomi di Cappellin, Barovier, Venini, Seguso, e molti altri ancora. In questa sezione spiccano una meravigliosa Figura di Upupa di Toni Zuccheri per Venini, del 1964 (lotto 68, base d’asta € 12.000) e un Importante Vaso Mosaico di Ettore Barovier del 1925 circa (lotto 47, base d’asta € 25.000).

ERCOLE BAROVIER, Importante Vaso Mosaico, 1925 ca.

La proposta del catalogo arriva fino al Design Contemporaneo, con una selezione che comprende le creazioni di Karim Rashid, con Blobject Chair, una poltrona in vetroresina in edizione limitata di 5 pezzi, del 2000 (lotto 402, base d’asta € 6.000) e Studio Superego con un coloratissimo tavolino modello Tormalina, pezzo unico del 2017 in plexiglass policromo (lotto 384, base d’asta € 2.000).

STUDIO SUPEREGO, Tavolino modello Tormalina, 2017

Il Dipartimento di Design italiano del XX Secolo ha una forte specializzazione in articoli del design industriale e delle arti decorative prodotti dal 1900 fino ad oggi. Tutti hanno le caratteristiche di essere pezzi particolari, originali, e di avere come comune denominatore il Made in Italy.

Il lato nascosto di Mario Schifano

Nel suo atelier di Via delle Mantellate a Trastevere, Mario Schifano dedicò una parete al free climbing, personalizzandola con la sua pittura e trasformandola così in una vera e propria opera d’arte. Quella parete di sei metri, che rivela un lato poco conosciuto dell'artista, andrà in asta il prossimo 18 dicembre a Roma.

Ricercando online i ritratti fotografici di Mario Schifano si vede comparire un uomo magro e slanciato, di media altezza, dalla fronte alta con un ciuffo di capelli che, con l’avanzare degli anni, cresce smisuratamente, forse per nascondere una calvizie anche lei in divenire. Pochi sorrisi tiratissimi e forzati, ma uno sguardo perennemente malinconico che buca lo spettatore, sembra quasi pretendere anche da noi che l’osserviamo dopo anni delle scuse per averlo interrotto nella sua pratica più amata: la pittura.

Comprensibilmente irritato quando, come afferma il critico d’arte Flaminio Gualdoni, nelle sue vene non scorreva sangue ma colori. L’immagine di un uomo “normale” che riusciamo a raffigurarci sempre e solamente nel suo studio a dipingere.

Quindi grande è lo stupore nel vedere alcune fotografie, proprio del suo studio, con una parete da free climbing montata a testimoniare un lato inaspettato di Mario Schifano, quello sportivo e appassionato di arrampicata. Sicuramente questo lato “nascosto” non avrebbe creato nessuna reazione in Goffredo Parise e Enzo Siciliano, i due scrittori amici dell’artista che lo descrivevano spesso come “un piccolo puma” e “un gatto smorfioso”, dotato dunque di quell’agilità nervosa alla base proprio di quest’attività sportiva.

Lo studio di Mario Schifano in via delle Mantellate con la parete

Una parete da free climbing di sei metri personalizzata dallo stesso Schifano che l’ha resa, così, una vera e propria opera d’arte, come tutto quello che passava sotto la combinazione del suo estro creativo e delle sue mani. Quale soggetto migliore allora se non la raffigurazione di un paesaggio montano o il ritratto “anemico” di una montagna dettati dalla propria memoria: due casette dal tetto rosso sorgono alla base di una cima altissima e innevata, la prima ha delle ampie vetrate per godere del paesaggio. Alla sua sinistra uno strano tondo giallo con al suo interno dei pois azzurri più piccoli, un gioioso cespuglio fiorito.

 

Una pittura all’apparenza elementare, quasi fanciullesca, dotata però di una forza unica che non può lasciare indifferenti nella sua capacità di comunicare l’essenza stessa delle cose e per questo comprensibile da ogni essere vivente sul pianeta e che ha caratterizzato la sua produzione fin dagli esordi alla fine degli anni Cinquanta. Una qualità unica nelle opere di Mario Schifano, un pittore sicuramente non per necessità ma per vocazione e istinto naturale.

MARIO SCHIFANO, Parete per Free climbing, 1993

Partecipando il 18 dicembre all’asta di Moderno e Contemporaneo di Finarte e aggiudicandovi questa parete da free climbing del 1993 non entrereste, quindi, in possesso solamente di un’opera di Mario Schifano, ma anche di un vero e proprio “pezzo” della sua vita.