Italian Record for Marcel Duchamp’s iconic piece

The French artist's artwork L.H.O.O.Q reaches the Italian Record by affirming the success of the Modern and Contemporary Art department.

Henri-Robert-Marcel Duchamp represents one of the leading exponents of Dadaism and conceptual art. The work shows Duchamp’s avant-garde spirit and is considered a landmark in 20th-century art.

With a catalog estimate of €100,000.00 to €150,000.00, the French artist’s masterpiece L.H.O.O.Q was auctioned for the important sum of €321,290.00 during June 27th, 2024. The adjudication is record price for the artist and one of the best results for the Department of Modern and Contemporary Art.

Duchamp’s L.H.O.O.Q. challenges traditional views and reconsiders a classic using a moustache  and goatee sketch in pencil.

GIANFRANCO BARUCHELLO
Marcel Duchamp in 20 photographs by Gianfranco Baruchello

L.H.O.O.Q. is also widely discussed in the critical literature. It is featured in “Marcel Duchamp. Proposals and Memories” (Milan, Ed. Galeria Schwarz, 1965) by Pierre de Massot, created especially for No. 13 of the first edition of this essay. Arturo Schwarz also mentions this work in his catalog raisonné “The Complete Works of Marcel Duchamp” (London, Ed. Thames & Hudson, 1969, no. 261e, pp. 476-477), and in his revised and expanded edition (New York, Delano Greenidge Editions, 2000, no. 369f, pp. 670-671). This replica was made for inclusion in Pierre de Massot’s book Marcel Duchamp. The work was auctioned by in New York in 2014 and in London in 2019.

MARCEL DUCHAMP
L.H.O.O.Q., 1964

This artwork not only represents a significant moment in Dadaism and Surrealism, but was also a precursor to later conceptual art.

The Department of Modern and Contemporary Art is currently selecting works for upcoming auctions. If you would like to enquire about the possibility of putting one of your items up for sale in one of our auctions, please contact our experts for a free and confidential initial valuation

Department of Modern and Contemporary Art
modernoecontemporaneo@finarte.it

Un’importante collezione di vini di Bordeaux: una vera e propria enciclopedia delle migliori annate

Nel catalogo d'asta troverete 600 bottiglie con quelle che a oggi vengono definite le annate di produzione eccellenti tra il 1990 e il 2000

La collezione che proporremo in asta il 20 giugno è una vera e propria enciclopedia dei vini di Bordeaux in oltre 100 lotti e si concentra in prevalenza su annate di produzione definite eccellenti, come la 1995, o addirittura leggendarie come la 1996 e la 2000. Nella grande varietà delle etichette, vale la pena metterne in evidenza alcune, partendo dalle etichette mitiche, tre fra le quattro definite Premier Cru dalla classificazione del 1855, e quelle che hanno raggiunto la celebrità in tempi relativamente recenti.

Chateau Lafite Rothschild

CHATEAU LAFITE ROTHSCHILD 1996
Francia – Bordeaux

Chateau Lafite Rothschild, Pauillac, uno dei vini più ricercati al mondo, è in prevalenza Cabernet Sauvignon; l’azienda fu fondata alla fine del 1600 e a metà del ‘700 il vino era conosciuto come “il vino del Re” e nel 1787 Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti lo includeva nella propria lista dei migliori vini del Medoc insieme a Margaux, La Tour Segur e Haut-Brion; proprietà della famiglia Rotschild dal 1868, dalla metà degli anni ’90 è spesso considerato il migliore interprete nella regione in ogni singola annata; le annate proposte in asta sono l’ottima 1998 e le leggendarie 1995 e 1996; la 1996 è stata ampiamente celebrata dalla critica, che le ha attribuito da più parti il punteggio pieno di 100 centesimi;

Chateau Latour

CHATEAU LATOUR 1996
Francia – Bordeaux

Chateau Latour, Pauillac, è fra i più famosi produttori al mondo; l’azienda, fondata nel 1670, è attualmente proprietà di uno degli uomini più ricchi al mondo, François Pinault ed è una delle gemme più preziose del gruppo Artemis, che comprende straordinarie cantine in tutto il mondo. Il vino, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene prodotto dalle vigne più vecchie, con un’età media di 60 anni; in asta in diversi formati abbiamo la straordinaria annata 1996, oggi nel pieno della sua espressività;

Chateau Margaux, Margaux, considerato il più elegante tra i grandi vini di Bordeaux, viene prodotto in una proprietà che risale al dodicesimo secolo; la London Gazette pubblicizza nel 1705 l’asta di 230 botti di “Margose” e Thomas Jefferson individua nel 1787 Margaux come uno dei quattro vigneti di prima qualità; questa storica tradizione di eccellenza fa di Chateau Margaux uno dei vini da sempre più ricercati al mondo; in asta viene proposta la mitica annata 1996, nei formati classico e Magnum;

Chateau Mouton Rothschild, Pauillac, è il vino più ricercato al mondo; la famiglia Rotschild acquisì la proprietà nel 1853, ne determinò la crescita fino ad ottenerne la promozione a Premier Cru Classé  dal 1973; l’etichetta è affidata ogni anno ad un artista diverso, in asta vengono presentate l’eccellente annata 1995 in un lotto di 4 bottiglie e in un secondo lotto in combinazione con la 1994;

Le Pin

LE PIN 1996
Francia – Bordeaux

Le Pin, Pomerol, da una proprietà di meno di tre ettari creata nel 1979, è un Merlot in purezza che in breve tempo si è inserito nel Gotha dei vini più cari del mondo; ricco ed estremamente concentrato, ha ottenuto regolarmente recensioni di assoluta eccellenza dalla stampa internazionale; proponiamo in asta una bottiglia della spettacolare annata 1996;

Petrus, Pomerol, il più costoso dei vini di Bordeaux, Merlot in purezza, è protagonista nelle collezioni di vini più importanti e regolarmente battuto alle aste; in questa asta siamo orgogliosi di proporre due superbe Magnum dell’annata 1995, che ha riportato valutazioni della critica straordinarie, fra le quali i 96/100 di Parker, e un lotto del 1993.

La collezione prosegue poi con una selezione molto attenta di etichette di assoluta eccellenza, eccole in ordine di apparizione: Chateau Angelus, etichetta considerata dalla critica fra le migliori del territorio di Saint Emilion, viene proposto in Magnum e formato standard nell’annata 1994 e in una prestigiosa cassa originale nella leggendaria annata 2000;

Chateau Ausone, ancora Saint Emilion, è un vino prodotto in quantità limitate e regolarmente oggetto di altissime valutazioni della critica, con il picco dei 100/100 di Parker nell’annata 2000;di grande interesse il lotto della mitica annata 2000 che affianca Chateau Beychevelle, prestigioso rappresentante dell’appellazione Saint Julien a prevalenza Cabernet Sauvignon, e  Sociando-Mallet, dell’Haut-Medoc, a base Merlot e Cabernet Sauvignon;

Chateau Branaire-Ducru, Saint Julien, 1996 e 2000, al punto di maturazione ideale per apprezzare la massima espressività di due annate mitiche;

Chateau Calon-Segur, fra le tre etichette con le migliori valutazioni del territorio di Saint-Estephe, in una delle annate migliori degli ultimi trent’anni;

Chateau Canon La Gaffeliere, Saint Emilion, in prevalenza da uve Merlot e Cabernet Franc, noto per la sua eleganza e proposto in una grande annata;

Château La Fleur-Pétrus, Pomerol, a prevalenza Merlot, è noto per la sua raffinatezza ed eleganza e capacità di affrontare lunghissimi invecchiamenti conservando la propria vitalità; sempre oggetto di valutazioni altissime, l’annata 1995 non fa eccezioni;

Cos d’Estournel, Saint Estephe, vino principale di un’azienda dalla tradizione centenaria, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene proposto in tre lotti, due della leggendaria annata 1996 e un terzo con una interessante combinazione 1995-1996;

Château Ducru-Beaucaillou rappresenta la quintessenza dell’appellazione Saint-Julien, con il suo colore profondo, la sua potente maturazione e la grandissima longevità; viene presentato in modo articolato, con lotti in formato Magnum, nelle straordinarie annate 1995 e 1996;

CHATEAU DUCRU BEAUCAILLOU 1996 (6 BT)
Francia – Bordeaux

Chateau Gazin, dell’appellazione  Pomerol, si basa prevalentemente sul Merlot e viene proposto nella grande annata 1995 e nelle mitiche 1989 e 1990, pronte ad esprimere ora nel modo migliore le proprie caratteristiche;

Chateau Grand-Puy-Lacoste, Pauillac, a prevalenza Cabernet Sauvignon, si distingue per il palato vellutato e gli aromi di sigaro e cassis e ancora una volta presentato in un’annata straordinaria, la 1996;

Château Gruaud Larose, Saint Julien, un classico nato a metà del 1700, a prevalenza Cabernet Sauvignon, proposto in due lotti dalle bottiglie bellissime, nelle annate 1996 e 2000, memorabili;

Chateau Haut-Bailly, Pessac-Leognan, da una casa fondata nel 1600 è fra i più antichi di Bordeaux, a prevalenza Cabernet Sauvignon, viene sempre ben accolto dalla critica: l’annata 1995 ha ricevuto molti giudizi lusinghieri e voti sempre superiori ai 90/100;

Chateau La Mission Haut-Brion, Pessac-Leognan, è noto per l’intensità del suo frutto, la rotondità al palato e i tannini di seta; ha sempre ottenuto valutazioni eccellenti da parte di Robert Parker che ha attribuito 95/100 all’annata 1995;

Château du Tertre, Margaux, viene prodotto da una delle aziende più antiche di Bordeaux, con oltre 1000 anni di storia; prevalentemente a base Cabernet Sauvignon viene prodotto da vecchie vigne dalle radici molto profonde, è proposto in asta i tre differenti annate: 1995, 1996 e 1998;

Chateau L’Eglise-Clinet, Pomerol, Merlot dalle più vecchie vigne dell’appellazione, ha conquistato i favori della critica ottenendo punteggi straordinari, il 96/100 di Parker per l’annata 1998, proposta in asta insieme alla 1993;

Chateau Leoville Barton, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon, si trova sempre più spesso ai vertici delle valutazioni dei Bordeaux; in asta una cassa sigillata di 3 Magnum della spettacolare 2000 e diverse configurazioni delle annate mitiche 1995, 1996 e 2000;

Chateau Leoville Poyferre, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon nella mitica annata 1996;Chateau Leoville-Las Cases ‘Grand Vin de Leoville’, Saint-Julien, a prevalenza Cabernet Sauvignon dalla più grande delle tre Leoville, ha valutazioni altissime, in particolare le annate in asta hanno ottenuto 96/100 e 95/100 da Parker rispettivamente per le annate 1996 e 1995;

Chateau L’Evangile, Pomerol, si ritrova spesso fra i migliori dell’appellazione, in asta è proposto nell’annata 1994 e nella leggendaria 1995;

Chateau Monbousquet, Saint-Emilion, Merlot e Cabernet Franc presentato in asta nell’annata 1999 e nella spettacolare 1996;

Chateau Montrose, Saint-Estephe, a prevalenza Cabernet Sauvignon e Merlot, ha acquistato una grande reputazione e viene proposto in asta in annate straordinarie, 1995, 1996 e 2000 e anche in formato Magnum;

Chateau Pavie, Saint-Emilion, dalla tenuta più estesa delle tre Pavie, è un vino a prevalenza Merlot presentato in diversi lotti dell’annata 1999;

Chateau Pavie Macquin, Saint-Emilion, anch’esso a prevalenza Merlot, proposto in Magnum della splendida annata 1998 e in una cassa da 12 del 1999;

Chateau Peby Faugeres, Saint-Emilion, ricco Merlot che ha raggiunto valutazioni altissime, addirittura 100/100 da Parker, proposto in asta nella prima annata, la 1998, realizzata con una selezione delle migliori vecchie vigne della tenuta;

Chateau Pichon-Longueville au Baron de Pichon-Longueville, Pauillac, combinazione di potenza ed eleganza viene proposto nell’annata mitica 1996;

Chateau Pichon Longueville Comtesse de Lalande, Pauillac, situato fra l’altro Pichon-Longueville e Chateau Latour, viene proposto in asta in annate con punteggi straordinari, in particolare 96/100 per la 1995 e 97/100 per la 1996;

Chateau Pontet-Canet, Pauillac, di grande eleganza e ottimo riscontro della critica, viene proposto nelle annate 1994, 1995 e 1996, con valutazioni sempre alte e crescenti;

Chateau Sociando-Mallet, Haut-Medoc, vino strutturato dalle grandi potenzialità di invecchiamento, proposto in formato classico e Magnum nelle straordinarie annate 1995 e 1996;

Chateau Troplong Mondot, Saint-Emilion, è un vino molto concetrato e longevo e in asta viene proposto nell’annata 1994;

Chateau Trotanoy, Pomerol, è uno dei vini più costosi  di Bordeaux, ha uno stile ricco e grandi potenzialità di invecchiamento, viene proposto in asta nell’annata 1995 e 1998, eccellenti;

Vieux Chateau Certan, Pomerol, è un vino a base Merlot dal colore intenso e alte valutazioni della critica, viene proposto nell’annata 1998, che ha meritato 95/100 da Parker

Scopri il catalogo completo dell’asta che si terrà a Milano il 19 e 20 giugno

Czerny’s: venticinque anni di eccellenza

Una casa d'aste che è un punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. Ripercorriamo insieme la sua storia.

Nel mondo delle aste, in poche possono vantare la stessa dedizione e competenza di Czerny’s. Fondata nel 1999, la casa d’aste ha costruito una reputazione solida come punto di riferimento per collezionisti, storici e appassionati di armi antiche, militaria, ordini e decorazioni cavalleresche. In occasione del suo 25° anniversario, ripercorriamo le tappe salienti di questo straordinario successo che verrà celebrato anche con una importante asta il 20 e il 21 giugno a Sarzana.

Le Origini

Czerny’s nasce dall’iniziativa di un gruppo di esperti appassionati di armi antiche (tra cui Michael Czerny – attuale Amministratore Delegato, e Germano Mancioli noto oplologo e appassionato del settore), decisi a creare una piattaforma dedicata alla valorizzazione e alla commercializzazione di questi preziosi manufatti. Sin dai suoi inizi, la casa d’asta ha puntato sulla qualità, selezionando accuratamente ogni pezzo e fornendo ai clienti una garanzia di affidabilità e competenza.

Negli anni, Czerny’s ha gestito alcune delle aste più memorabili nel settore delle armi antiche.

Pugnale khanjar dell’India Moghul del XVIII Secolo (a sinistra) / Raro pendente dell’Ordine di San Stanislao del XIX Secolo (a destra)

Vogliamo citare fra i pezzi recentemente aggiudicati un notevole pugnale khanjar dell’India Moghul con impugnatura in giada e pietre dure, databile al XVIII Secolo, venduto per € 48.000 € (diritti d’asta inclusi), un raro pendente dell’Ordine di San Stanislao in oro e smalti del XIX Secolo aggiudicato per € 52.000 (diritti d’asta inclusi).

Una notevole armatura completa da uomo d’arme, di produzione italiana, del tardo XVI Secolo, venduta per € 62.000 (diritti d’asta inclusi) e per finire un eccezionale scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II, seconda metà del XVI Secolo, per i combattimenti a cavallo che si praticavano presso la corte di Spagna, venduto per € 274.000 (diritti inclusi).

I cataloghi di Czerny’s includono armi da fuoco antiche, armi bianche, armature e accessori militari, ognuno con una storia unica da raccontare e da sempre rappresentano un vero e proprio feticcio per i collezionisti di tutto il mondo.

Scudo blasonato, risalente all’epoca di Filippo II (a sinistra) / Armatura completa di produzione italiana, del tardo XVI Secolo (a destra)

Per l’asta del suo 25° anniversario Czerny’s propone, oltre a una vasta collezione di armi del Vecchio West, una notevole selezione di copricapi militari, fra i quali una pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica, un rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I, che fu brevemente Re di Spagna (1871-1873), e uno straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II. Oltre a questi sono presenti foto d’epoca, dipinti e altri interessanti oggetti di militaria.

Pregevole Chapka francese del 7° Reggimento Lancieri Polacchi, d’epoca napoleonica (a sinistra) / Rarissimo elmo per i corazzieri italiani di Amedeo I (al centro) / Straordinario elmo risorgimentale da generale sotto il regno di Vittorio Emanuele II

Innovazione e Tradizione

Uno degli aspetti che contraddistingue Czerny’s è anche la capacità di coniugare tradizione e innovazione. La casa d’aste è stata una delle prime nel settore ad implementare servizi innovativi come cataloghi online, live-bidding dal suo portale web (ora anche tramite la app proprietaria per iphone e andorid) e aste a tempo permettendo così ai collezionisti di partecipare da ogni angolo del globo. Questo approccio moderno ha permesso a Czerny’s di ampliare la propria base di clienti, mantenendo al contempo l’attenzione per i dettagli e la cura artigianale che da sempre la caratterizzano.

Difatti un altro punto di eccellenza per Czerny’s è da sempre il reparto fotografico e editoriale, che garantisce immagini di alta qualità per ogni pezzo in vendita e la cura meticolosa nella presentazione dei cataloghi.

Per questo importante anniversario Czerny’s vuole celebrare non solo i propri successi, ma anche la comunità di collezionisti e appassionati che ha contribuito a costruire e della quale è orgogliosa di fare parte. Ogni asta è un punto di incontro per esperti e neofiti, un’opportunità per scambiare conoscenze e condividere la passione per l’oplologia e la storia militare.

La mission è sempre chiara e invariate nel tempo: promuovere la conoscenza e la conservazione delle armi antiche, offrendo al contempo un servizio di eccellenza.

Conclusione

Il 25° anniversario della Casa d’Asta di Armi Antiche Czernys è un traguardo significativo che riflette la passione, la dedizione e la competenza di un team che ha saputo trasformare una passione in una realtà di successo. Celebrando il passato e guardando con entusiasmo al futuro, Czerny’s continua a essere un faro nel mondo delle armi antiche, un luogo dove storia e arte si incontrano per creare qualcosa di davvero speciale.

> Scopri i cataloghi delle importanti aste che si terranno a Sarzana il 19-20-21 giugno

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta Sirani

I due dipinti della pittrice bolognese ottengono un importante record d'asta affermando il trend positivo per il settore dei dipinti antichi

I due capolavori, provenienti dalla collezione del letterato Malvasia e dichiarati di eccezionale interesse storico-artistico, rappresentano una rara testimonianza del talento dell’artista, che nonostante il brevissimo periodo di attività – morì forse avvelenata a soli 27 anni – fu una delle rare donne pittrici nel Seicento a conquistare un ruolo di assoluto rilievo, ottenendo fama e ricchezza pari a quelle dei suoi colleghi uomini.

Con una stima in catalogo di € 120.000-180.000, sono stati venduti in asta ieri 28 maggio, all’importante cifra di € 492.090. L’aggiudicazione è record price per l’artista e miglior risultato di sempre per il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Liberalità (a sinistra) e Allegoria dell’Onore (a destra)

I dipinti in catalogo facevano parte di una serie di sette opere, di analoghe misure e soggetti, documentate nell’inventario della collezione di Carlo Cesare Malvasia, celebre storiografo bolognese, autore della Felsina pittrice, Vite de’ pittori bolognesi, edita nel 1678.

Nell’inventario, redatto post mortem nel 1694, i dipinti sono descritti con cornice liscia tinta di berrettino, ovvero di rosso porpora:

“… un quadro, o sia ottangolo con cornice lissia, tinta di berrettino, con una figura che versa una cornucopia con fiori, et asta in mano […] Un quadro, o sia otangolo con cornice lissia tinta di berrettino, rapresenta una Dona meza figura che hà in mano un bacile di danari”.

Questo preciso riscontro documentario è molto utile perché ci permette anche di datare le eccezionali cornici che ancora oggi accompagnano le opere; nell’inventario di Cesare Alberto Malvasia, fratello ed erede di Carlo, redatto nel 1697, infatti le tele sono descritte entro cornici barocche intagliate: “con cornici a fogliami rilevati e dorati”. Si tratta evidentemente delle stesse che possiamo ammirare tuttora e che costituiscono quindi parte integrante e imprescindibile di questi capolavori.

Il passaggio della collezione Malvasia al successivo erede, Cornelio Gaetano, ne decretò la dispersione, poiché alla sua morte, nel 1718, l’intera quadreria fu smembrata e venduta a diversi collezionisti e mercanti europei.

I dipinti in asta ricomparvero sul mercato antiquario inglese, dove furono acquistati nel 1972 da un collezionista privato bolognese, nella collezione dei cui eredi si trovano tutt’oggi. Tutti i quadri della serie rappresentano figure allegoriche puntualmente derivate dall‘Iconologia di Cesare Ripa, testo a cui Elisabetta poteva facilmente attingere, essendo presente nella biblioteca del padre, Giovanni Andrea Sirani (Bologna 1610 – 1670), noto pittore allievo e collaboratore di Guido Reni.

Questi dipinti sono citati anche nel diario di lavoro della pittrice, la Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, all’anno 1657, data che infatti si legge sotto la firma nel quadro raffigurante l‘Allegoria della Liberalità. Fu proprio Malvasia a pubblicare, nel 1678, il testo di Elisabetta; e forse in quell’occasione il padre Giovanni Andrea donò allo storiografo le sette tele che costituivano la serie ispirata all‘Iconologia di Ripa.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Fama (a sinistra) e Allegoria della Virtù (a destra)

Come già anticipato, la serie fu smembrata e andò dispersa nel XVIII secolo. Oltre alle due qui presentate, se ne conoscono solo altre due, raffiguranti Allegoria della Virtù e Allegoria della Fama, anch’esse firmate e datate 1657. Già in collezione privata a Parigi, queste ultime furono acquistate nel 2010 da Altomani & Sons  e messe in vendita all’asta Sotheby’s a New York il 26 gennaio 2012 (lotto 51), dove rimasero invendute. Rientrate in Italia in regime di temporanea importazione, furono vendute ad un ignoto collezionista.

I due dipinti venduti in asta rappresentano quindi gli unici esemplari fruibili della serie, assumendo così un ruolo di eccezionale rarità e importanza non solo nella produzione pittorica di Elisabetta, ma anche quali testimonianza della storia del collezionismo e del gusto della Bologna barocca.

Tra il 1657 e il 1658, infatti, la Sirani elabora uno stile più maturo e personale, superando i modelli paterni, ancora fortemente legati alla maniera di Guido Reni. La serie delle Allegorie è un tassello importante nella carriera della pittrice, perché ne documenta l’esordio nella produzione di quadri da stanza, che dal 1660 saranno fonte di grande successo anche internazionale, come dimostrano le committenze di regnanti e diplomatici in Italia e in Europa. In quegli stessi anni Elisabetta inizia a rielaborare le novità introdotte da altri maestri, soprattutto Guercino, che sarà di grande ispirazione nella fase più matura dell’artista e il cui influsso è ben leggibile nel dipinto raffigurante Allegoria dell’Onore, qui presentato.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria dell’Onore

L’elaborazione dei diversi linguaggi figurativi che in quel periodo caratterizzano la produzione artistica bolognese ed emiliana, rende la pittrice parte attiva della trasmissione dei modi di Guido Reni, Simone Cantarini, Flaminio Torre e Guercino alle generazioni successive, da Gian Gioseffo del Sole a Donato Creti.In particolare, nei dipinti qui offerti, la Sirani, pur ispirandosi alle indicazioni iconografiche di Cesare Ripa, “inventa” le sue Allegorie cercando la sua cifra stilistica personale nella minuziosa e raffinata descrizione dei particolari: nella Liberalità la vaporosa grazia delle stoffe avvolgenti, le ricercate passamanerie decorate di perle, la sensualità dei capelli biondi sciolti sul candore della scollatura; nell‘Onore il paesaggio e il cielo, in cui nuvole di un grigio tempestoso lasciano intravedere un tramonto che si accende su uno scorcio di mare solcato da una vela solitaria. Anche i fiori nella cornucopia sono resi con una sensibilità descrittiva che denuncia una particolare attenzione al genere della natura morta.

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta emerge pienamente in queste due opere, facendoci rimpiangere gli altri capolavori che ella avrebbe potuto realizzare, se non fosse stata colpita da una morte così precoce. Nonostante il brevissimo periodo di attività, infatti, la Sirani fu una delle rarissime donne pittrici nel Seicento ad assurgere ad un ruolo di primo piano nel panorama artistico dell’epoca.

Con questa brillante vendita il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi di Finarte supera il 100% del valore delle riserve dell’asta, affermando il trend positivo già ottenuto nel 2023.

Report sul mercato dell’arte e dei beni da collezione

Il 9 maggio scorso Deloitte ha presentato la sua consueta analisi alla quale quest'anno ha partecipato anche il nuovo Amministratore Delegato di Finarte Alessandro Guerrini

Il mercato dell’arte nel 2023: ci potrebbe dare un commento di sintesi?

Il 2023 è stato un anno molto positivo per il Gruppo Finarte, che per la prima volta considera nel proprio perimetro anche Czerny’s – casa d’asta leader a livello internazionale nel settore delle armi antiche – acquisita nel novembre del 2022. Il Gruppo ha intermediato vendite per circa 35 milioni di euro (+25% rispetto all’anno precedente), realizzando il miglior risultato di sempre e consolidando la propria posizione nel mercato italiano. Abbiamo raccolto i frutti degli investimenti fatti in questi anni e capitalizzato la fiducia dei nostri clienti, sia mandanti che acquirenti. A crescere non è stato solo il numero degli affidamenti, ma anche la percentuale di venduto, la qualità e il valore medio dei beni che ci sono stati consegnati.

Quali sono i principali driver che hanno determinato l’assestamento del mercato dell’arte in Italia?

Il mercato dell’arte in Italia, nel 2023, ha effettivamente registrato una leggera flessione a livello aggregato, rispetto all’anno precedente, ma è opportuno rilevare come il 2022 sia stato un anno straordinario che ha beneficiato dell’effetto “rimbalzo”, dopo un biennio di emergenza sanitaria: pertanto il confronto del mero dato numerico va letto e interpretato con capacità critica. Al di là di questa considerazione, senz’altro l’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse hanno influenzato le vendite, ma – in un mercato di dimensioni limitate come quello italiano, sensibile alle piccole variazioni – i motivi della contrazione vanno ricercati anche nei risultati e nelle scelte strategiche di singoli operatori che – per ragioni naturalmente comprensibili e legittime – possono aver deciso (come di fatto è successo!) di ridurre il numero delle vendite o di delocalizzarle in altri paesi in cui operano. Non leggerei dunque l’assestamento del mercato italiano necessariamente come un trend ribassista.

Quali sono i dipartimenti che hanno avuto maggiore successo nel 2023? E quale profilo hanno e da dove vengono i collezionisti più attivi?

Quasi tutti i nostri dipartimenti hanno registrato una crescita significativa, a doppia cifra, nel corso del 2023. In valore assoluto Arte Moderna e Contemporanea, Gioielli e Orologi ancora una volta sono stati i dipartimenti trainanti, ma in termini percentuali a crescere maggiormente sono stati gli Old Masters e l’Arte del XIX Secolo. È proprio da quest’ultimo settore che viene il nostro top lot dell’anno, il Ritratto femminile di Angelica Kauffmann, battuto nell’asta del 19 ottobre. Se i mandanti sono ancora prevalentemente italiani, gli acquirenti, al contrario, sono in una quota sempre più consistente internazionali: Stati Uniti, Francia e Regno Unito sono i paesi da cui provengono il maggior numero di offerte. Sebbene con marcate differenze in base ai settori collezionistici, la parità di genere nel mercato dell’arte è, ahimè, ancora lontana: a partecipare alle aste sono infatti – in netta prevalenza – uomini, con un’età media superiore ai 55 anni. Cresce tuttavia un nuovo collezionismo, giovane e dinamico, attratto da beni con soglie di accesso contenute – come ad esempio la fotografia, il design o il vino da collezione – o con una forte valenza identitaria e di status symbol, come ad esempio gli orologi.

Quali prospettive vede in merito alla digitalizzazione e al mondo degli NFT, a livello internazionale e a livello italiano, anche in considerazione della crisi degli NFT e dell’introduzione per la prima volta in Italia di una normativa?

È naturalmente bene distinguere il fenomeno della digitalizzazione del mercato da quello della produzione di opere d’arte digitali, spesso impropriamente definite NFT.
La digitalizzazione del mercato è un fenomeno inarrestabile che ha avuto un forte impulso durante la pandemia ma che, anche successivamente ad essa, è rimasto ed è divenuto strutturale nel sistema. Finarte stessa, con grande spirito di resilienza, in una situazione così traumatica, ha saputo adattare il proprio business e ha fatto degli investimenti tecnologici un proprio driver di sviluppo. Continueremo ad investire in tal senso per allargare la nostra clientela verso paesi in cui diversamente non potremmo arrivare. Lo faremo però con la consapevolezza che i collezionisti, e più in generale il pubblico dell’arte, hanno anche il desiderio, più forte che mai, di vivere esperienze reali, a diretto contatto con le opere e con le persone. Non è un caso se, proprio quest’anno abbiamo voluto investire in questa direzione, tornando nella nostra sede storica di Piazzetta Bossi, a Milano, il luogo dove il mercato delle aste è nato nel 1959 e che vogliamo far diventare un luogo vivo di incontro e di scambio dedicato all’arte e al collezionismo.
Fenomeno ben diverso è quello delle opere digitali, che hanno conosciuto, come noto, un momento di grande e repentino successo di mercato, seguito da un crollo altrettanto verticale. Lo sgonfiamento della bolla speculativa – che ne aveva contraddistinto l’ascesa – ha determinato una dura selezione delle opere e degli artisti davvero meritevoli di attenzione, così come l’introduzione di una normativa specifica ha disciplinato un mercato fino a pochissimo tempo fa completamente deregolamentato e caratterizzato da pratiche opportunistiche, se non addirittura fraudolente. Alla luce di ciò, sono convinto che tali opere siano certamente destinate a rimanere – in quanto espressione della sensibilità attuale – ma che siano destinate a rappresentare solo una delle molteplici forme della creatività e della produzione artistica.

Qual è la sua prospettiva sull’andamento del mercato dell’arte in Italia, specialmente alla luce della Brexit e degli sforzi italiani per rilanciare il settore tramite una nuova legislazione che semplifica le procedure per la circolazione dei beni culturali e introduce una serie agevolazioni fiscali?

La Brexit ha avuto un effetto tutt’altro che trascurabile sugli equilibri del mercato dell’arte, spostando il baricentro del mercato europeo su Parigi: se tale spostamento è stata la logica conseguenza di una decisione presa oltremanica, è altrettanto chiaro come la Francia abbia saputo cogliere l’opportunità, creando le giuste condizioni per affermarsi come il paese di elezione del mercato, in ambito comunitario, mixando sapientemente attrattività fiscale, valorizzazione del sistema e marketing territoriale. Da questa esperienza ritengo che dovremmo trarre ispirazione: il modello è senz’altro replicabile e consentirebbe all’Italia di giocare un ruolo di maggiore rilievo e di non diventare, in prospettiva, solo mercato di approvvigionamento dei grandi player internazionali. Qualcosa, in tal senso, si sta finalmente muovendo: il dialogo fra gli attori del mercato e gli apparati governativi è ormai costante e l’auspicio è che le trattative in essere – in materia soprattutto di circolazione internazionale dei beni e di fiscalità – rendano finalmente il nostro paese più competitivo. Il Gruppo Apollo – di cui l’ANCA, Associazione Nazionale Case d’Asta fa parte – sta svolgendo in tal senso un lavoro meritorio, portando avanti con equilibrio e rigore, istanze ragionevoli, condivise e fortemente volute da tutti gli operatori del settore.

Ci può fare, inoltre, una breve panoramica sugli effetti dell’evoluzione del conflitto israelo-palestinese sulla domanda dei beni da collezione, nonché sull’offerta, parlando quindi della disponibilità dei collezionisti alla vendita? Le aste del 2023 sembrano avere avuto risultati in chiaroscuro.

Il conflitto israelo-palestinese è scoppiato nell’ultima parte dell’anno e, benché fosse ampiamente prevedibile, si è trasformato in una crisi internazionale solo successivamente. Considerata la fisiologica inerzia del mercato dell’arte, non ritengo che i risultati del 2023 siano stati influenzati più di tanto da questo conflitto. Senz’altro la situazione mediorientale contribuisce in modo significativo al quadro di instabilità geopolitica internazionale con cui invece il mercato si dovrà confrontare nel 2024: l’incertezza derivante dal conflitto israelo-palestinese – così come dalla situazione in Ucraina o dai venti di guerra a Taiwan – avranno certamente, a livello aggregato, impatti sul mercato dell’arte, ma ritengo che ad accusare maggiormente il colpo saranno le grandi piazze internazionali e la fascia più alta del mercato.

Guardando al mercato italiano, esistono particolari differenze rispetto ai trend del mercato internazionale?
Personalmente non rilevo particolari differenze fra i macro-trend del mercato internazionale e quelli del nostro mercato, a maggior ragione perché la digitalizzazione dei canali di vendita ha in gran parte abbattuto le frontiere geografiche e ha contribuito a generare e alimentare trend che possiamo definire a tutti gli effetti globali. Al netto delle propensioni verso determinati artisti o correnti, magari più affini alle specifiche culture e identità nazionali, le differenze sono principalmente in termini di volume delle vendite e di valore medio dei beni. Uno dei pochi elementi che rilevo nel mercato anglosassone e che non ritrovo, al contrario, in Italia – così come, peraltro, nel resto dell’Europa – è la contaminazione fra mercato primario e mercato secondario che, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, consente, ad esempio, ad artisti molto giovani di essere proposti e venduti in asta, talvolta anche senza essere rappresentati e sostenuti da gallerie di riferimento.

Quali sono le prospettive per il 2024, anche in considerazione dell’attuale contesto macro-economico?
Come detto in precedenza, ritengo che il contesto geopolitico rappresenti la principale minaccia per il mercato dell’arte nel 2024. Con questa premessa, esprimo però un cauto ottimismo: il mercato è solido e continua a rappresentare un sicuro baluardo per chi intende coltivare una passione collezionistica e al contempo diversificare il proprio patrimonio, investendo in beni reali. La raccolta di mandati in questi primi mesi dell’anno ce lo sta confermando!

Un altro successo per l’asta dedicata alla fotografia

Il dipartimento centra un nuovo primato italiano raggiungendo quasi mezzo milione con un'unica asta e fa segnare anche record italiani di aggiudicazione per Robert Mapplethorpe, Erwin Olaf e Riccardo Moncalvo

Dopo l’ottimo risultato ottenuto nel primo appuntamento del 2024 dedicato all’asta tematica Unveiled Beauty, il dipartimento di Fotografia centra il secondo trionfo dell’anno totalizzando un venduto che si assesta a € 460.000 € superando il risultato record per un’asta di fotografia in Italia ottenuto lo scorso anno.

Il successo è attestato anche dai numeri in percentuale con il 70% dei lotti venduti e il 98% sul totale delle riserve; in poco più di un mese il dipartimento con due vendite sfiora € 600.000 di fatturato.  

AUTORI VARI – Viaggio in Italia, 1984

L’asta, già dinamica fin nei giorni dell’esposizione, è stata vivace dal primo lotto, il fotolibro Viaggio in Italia, con la partecipazione sia in sala che ai telefoni e alle piattaforme, che con una base d’asta di 800 € è stato aggiudicato a € 3.100. Nelle prime battute dell’asta gli autori italiani sono i veri protagonisti: tutti aggiudicati i lavori di Gabriele Basilico Dunkerque e Beirut, venduti a € 6.400 ciascuno; di Franco Fontana ben 14 opere su 16 trovano un nuovo acquirente, mentre di Luigi Ghirri si segnalano il raro cibachrome opaco Ravenna al lotto 43 (venduto a € 10.200) e i più iconici Parigi e Reggio Emilia, venduti rispettivamente a € 8.900 e € 7.700. 

GABRIELE BASILICO – Dunkerque, 1985

Sorprendenti anche i risultati degli autori stranieri, con la fotografia americana vera protagonista: dopo una gara frizzante tra telefoni e piattaforme Rebecca and Janet di Nan Goldin viene aggiudicata a € 15.200 (da una stima di partenza di € 4.000 – 6.000); Gregory Crewdson, Production Still, sulla scia degli ultimi ottimi risultati precedenti di Finarte, raggiunge i € 6.400; Thomas in The Circle di Robert Mapplethorpe, vero top lot dell’asta, si assesta poco sopra la stima massima, a € 35.400. Per l’autore americano si tratta del record italiano: mai una sua opera era stata venduta nel nostro paese a tale cifra. Record italiano anche per Erwin Olaf, con Fashion Victim venduta a € 7.700.

ROBERT MAPPLETHORPE – Thomas in a Circle, 1987

Benissimo anche la fotografia tedesca, con le tre opere di autori della scuola di Dusseldorf tutte aggiudicate. La Defense di Gursky in particolare va oltre il doppio della partenza assestandosi a € 12.700.  Anche gli autori francesi e quelli vicini alla corrente del Surrealismo raggiungono ottime cifre, da Florence Henri a Brassai, da Funke a Man Ray, con Ostrich Egg aggiudicata a 5.800 €. 

ANDREAS GURSKY – La Défense, Panorama, 1987

Tornando agli autori italiani sono molti quelli che fanno nientemeno che sold out: Ferdinando Scianna, Paolo Monti, Fulvio Roiter, Maurizio Galimberti, e, soprattutto Riccardo Moncalvo: Il Muro è il record assoluto per l’autore torinese e l’aggiudicazione finale è di € 2.800. 

Moncalvo e molti altri autori italiani e internazionali saranno presenti nel prossimo appuntamento con la fotografia da Finarte, previsto per lunedì 17 e martedì 18 giugno. Verranno presentati all’incanto lavori con una partenza d’asta inferiore ai 1.000 euro, nell’ormai tradizionale appuntamento Fotografia: Under 1K

Il ritrovato interesse per la figurazione

Ottimo risultato per la prima asta dell'anno di Arte Figurativa tra XIX e XX secolo di Finarte che, oltre alla sua sede storica, ha ritrovato anche un mercato che storicamente le appartiene

Che ci fosse un ritrovato interesse per la figurazione, lo si era percepito anche dal mercato del moderno, sempre più attento alle istanze della così detta retroguardia, ma che tutto ciò potesse sfociare in un’asta di grande entusiasmo e partecipazione, davvero ci permette di affermare che per l’Otto-Novecento entriamo in una nuova stagione di mercato.


Oltre ai risultati più prevedibili, come il magnifico pastello di Federico Zandomeneghi (€ 61.830) o lo scorcio veneziano di Rubens Santoro (€ 35.370), è tornato a brillare l’astro di Giovanni Carnovali detto Il Piccio, autentico e puro genio del nostro romanticismo, con un raro quanto straordinario paesaggio (€ 94.590).

GIOVANNI CARNOVALI, DETTO IL PICCIO – Panorama fluviale con la Sacra Famiglia (lungo l’Adda), 1859


Hanno fatto poi segnare cifre ragguardevoli pittori di prima fascia, come Guglielmo Ciardi e il suo dolomitico dipinto raffigurante Cimon della Pala (€ 20.250), Pietro Ronzoni (€ 12.060) o Giacomo Trecourt (€ 20.250), ma anche comprimari che da tempo non registravano performance così impattanti: Francesco Vinea e le sue ammalianti Fumatrici (€ 22.360), Giovanni Sottocornola e l’iconico pastello Ritratto di ragazza (€ 11.430), passando per Arturo Rietti sempre per rimanere sui pastellisti (€ 7.020), e le Venezie meno scontate di Gennaro Favai o Italico Brass (€ 4.288 e € 3.612).

ARTURO RIETTI – Ritratto di Nella Doria Cambon


Dimenticato dal mercato, Romano Valori – record price per l’artista (€ 9.120) – ha idealmente suggellato questa prima asta di Finarte nella ritrovata via Bossi: la maison non ha ritrovato quindi solo la sua sede storica, ma un mercato che storicamente le appartiene.

ROMANO VALORI – Pensosa, 1911

Il Dipartimento di Arte figurativa tra XIX e XX Secolo sta già selezionando quadri e opere d’arte risalenti al periodo compreso tra primi anni del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. Tra i lotti in asta si enumerano sculture in terracottamarmo o bronzo, e opere d’arte esemplari delle diverse tecniche pittoriche, dal disegno all’acquarello, all’olio su tela, selezionate e raccolte meticolosamente.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti

Un nuovo codice ritrovato della Commedia

Un nuovo significativo manoscritto si aggiunge alla tradizione della Commedia dantesca: un codice eccezionale rilegato modernamente in marocchino naturale, contenente il poema nella sua forma quasi integrale

Manoscritto cartaceo della Commedia, comprendente in fine il Capitolo attribuito a Pietro Alighieri e il Capitolo di Busone Raffaelli da Gubbio, per complessive 93 carte su 94 (manca la carta 25 comprendente i versi 34-139 del Canto XXIX e i versi 1-57 del Canto XXX), disposto su due colonne, 42 righe per pagina, misure 40 x 27 cm.

La scrittura appare nell’insieme di una sola mano, databile tra la fine del XIV secolo e i primi due decenni del XV. Elegante e raffinata la disposizione del testo con rubriche in rosso. Il codice, scritto in Italia, presenta caratteristiche fiorentine.

Appartiene con ragionevole certezza alla famiglia dei codici danteschi definita “gruppo dei Cento”, distinta dai codici Strozziani e dalla sezione dei codici derivati dal Vaticano. Il codice presenta tuttavia non poche originali caratteristiche, che il raffronto testuale con altri della stessa famiglia rende via via più evidenti (ma la ricerca è ancora in fieri); sarà assolutamente necessario uno studio più approfondito dei suoi rapporti con l’intera tradizione, anche alla luce delle recenti acquisizioni ecdotiche emerse dalle recenti edizioni critiche di Giorgio Inglese (Carocci, 2016) e di Paolo Trovato (Libreria Universitaria, 2022).

Dal punto di vista linguistico, una prima ispezione consente di confermare l’ipotesi che il codice sia di mano colta toscana, come è testimoniato dal comportamento delle vocali “o”  ed “e” toniche (dittongate e talora risolte nel monottongo) dal comportamento delle consonanti doppie (perlopiù conservate), dal comportamento delle palatali (sempre conservate, “c”, “g”, “sci” etc.) dalla scrittura della palatale “l” (=lli), etc. Ottimo stato di conservazione, legatura moderna in pieno marocchino naturale.

Codici interi della Commedia non compaiono sul mercato antiquario da decenni; negli ultimi anni si segnalano aggiudicazioni internazionali di singole carte presso Christie’s e Sotheby’s, spesso utilizzate come fogli di rinforzo in legature. L’eccezionalità del ritrovamento è data da almeno tre aspetti: per l’altezza cronologica del manoscritto (fine XIV-Inizi XV secocolo); per la sua completezza quasi assoluta; per il suo stato di conservazione.

Ogni nuovo testimone – si sa – può recare lezioni che modificano il testo tràdito, per cui anche questo manoscritto accuratamente collazionato con il testo critico della Commedia potrebbe di certo riservare importanti sorprese.

Per maggiori informazioni contatta i nostri esperti del Dipartimento di Libri, Autografi e Stampe.

La bellezza nascosta nei paesaggi dei nudi artistici

Dietro i corpi ritratti si cela l’attenzione del fotografo all'ambientazione. Centosessanta figure svelate e centosessanta paesaggi da scoprire

In una fotografia di nudo lo sguardo dello spettatore è naturalmente e necessariamente attirato dal corpo maschile o femminile ritratto e dalla sua posa. A una prima riflessione questa sembra essere la conseguenza logica di una tipologia di immagine per sua natura “spoglia”, nata per esaltare la semplice bellezza delle forme dei corpi. Ma, proprio per la “povertà” del numero dei suoi elementi compositivi, a un secondo livello di lettura ci si rende ben presto conto dell’attenzione riservata dal fotografo ai restanti elementi della composizione, in primis l’ambientazione e il paesaggio circostante. Sono rare le occasioni in cui poter studiare così tante fotografie di nudo di autori di epoche e nazionalità diverse come quella offerta da Finarte con l’asta Unveiled BeautyGrazie a essa possiamo scoprire e approfondire alcune delle diverse tipologie di paesaggi in cui i corpi denudati sono stati ritratti e carpire, forse, le motivazioni degli autori per la scelta fatta.

Uno dei paesaggi più usati dai fotografi è sicuramente quello naturale re-interpretato da ognuno nel suo stile e a rappresentazione delle sue ricerche.

GAETANO D’AGATA Caino, anni 1910/1920

Se analizziamo per esempio la produzione di alcuni autori di inizio del Novecento, come i tedeschi Baron Wilhelm von Gloeden e Wilhelm von Pluschow o l’italiano Gaetano d’Agata, i ragazzi raffigurati sono immersi in un ambiente chiaramente mediterraneo: si intravede il mare in lontananza, forse delle radure, delle palme e delle agave. Tutto l’ambiente circostante deve contribuire a rendere quel ricordo di Eden perduto che per gli autori era la classicità,  accentuato dalle pose dei modelli ispirati alla statuaria greca e romana.

Più minimalisti, i set naturali di altri autori come l’americano Nick Nordwood, il francese Claude Faville o l’italiano Roberto Salbitani, in cui per esaltare la fragilità e la morbidezza dei corpi i soggetti vengono colti adagiati e sdraiati su pietre e scogli scomodi, duri e sfaccettati, quasi inospitali, che al contrario sprigionano una immagine di forza ed eternità. 

Una delle principali componenti del corpo umano è l’acqua e proprio per questo è uno degli elementi che ritorna di più nelle fotografie di nudo, alla ricerca di una forma di assonanza. Sono un esempio le opere di John Rutter, Sally Gall o Jock Sturgess, in cui le modelle sono totalmente rilassate e comunicano un profondo senso di serenità e pace.

JOCK STURGES Maia and Minna, Montalivet, France, 1994

Se le fotografie di nudo ambientate in esterno sono una rappresentazione di innocenza e coesione con una natura incontaminata, al contrario le composizioni di nudo in interno spesso hanno un lato più complice e sexy legato al proibito. Maestro indiscusso di questa tipologia di immagini l’artista, designer e intellettuale poliedrico Carlo Mollino che ha fotografato centinaia di ragazze in pose osé nel suo appartamento torinese per poi tenere nascoste le immagini. Dove è un susseguirsi di lingerie, ammiccamenti, pelli di animali e naturalmente oggetti di design. 

Anche le prostitute di un bordello in Spagna ritratte da Henri Cartier-Bresson nel 1933 sembrano invitare lo spettatore a entrare nella fotografia, con un gioco di sguardi intenso e sottolineato dal bellissimo bianco nero e dalla composizione.

Al chiuso di quattro mura tutto o quasi è concesso, sembrano dirci due autori ammirati proprio per gli eccessi delle loro ricerche più famose: il giapponese Araki e il ceco Jan Saudek

NOBUYOSHI ARAKI Senza titolo (Bondage), anni 1990

Il primo in stanze totalmente anonime e prive di qualsiasi elemento connotativo ama legare con delle corde e sospendere in aria le sue modelle secondo i dettami del bondage. Una pratica feticista divenuta suo marchio di fabbrica.

Il secondo inscena in stanze fatiscenti e macabre raffigurazioni con personaggi che sembrano derivati dal mondo del circo o del Grand Guignol: contorsioniste e mangia fuoco compiono le loro azioni ignorandoci, abitanti di un mondo “altro”.

Laddove Jan Saudek apre le porte agli incubi vi sono altri autori che decidono di posizionare i protagonisti delle proprie immagini in mondi onirici e inventati.

Tra loro Occhiomagico, nome d’arte di Giancarlo Maiocchi. Ne La camera chiara di Narciso una ragazza sembra essere sospesa nel vuoto in una stanza con le pareti fatte di terra e delle strane caffettiere alle pareti, mentre un altro corpo nudo di donna si intravede nell’uscio della porta.

OCCHIOMAGICO La camera chiara di Narciso, 1982

Ne Le grandi labbrain una strana stanza illuminata da un neon una ragazza sembra pronta a cominciare una danza sfrenata. Fotografie/collage in cui l’artista sembra rappresentare le sue fantasie.

Anche un salotto di casa può divenire un luogo da sogno, lo sa bene l’americana Leslie Krims, se si gioca con gli oggetti presenti o si riempie con stampe raffiguranti Gesù Cristo.

L’italiano Toni Meneguzzo preferisce invece trasformare direttamente la propria modella in una figura mitologica facendola inglobare man mano, grazie a una sequenza di scatti, dallo scoglio su cui posava.  D’altronde cosa non è il corpo umano se non esso stesso un paesaggio?

LUCIEN CLERGUE Les Geantes, Camargue, 1978

E lo si può comprendere benissimo osservando alcuni scatti di Franco Fontana, Lucien Clergue, Mario Giacomelli o Augusto De Luca, tutti autori che giocando sapientemente con inquadrature e tagli sono riusciti a trasformare i dettagli delle forme delle modelle in skyline di montagne, rocce, nuvole o coste. Immagini e giochi di sicuro effetto perché rapiscono gli occhi e la mente di chi li guarda.

Centosessanta figure svelate e centosessanta paesaggi da scoprire nel catalogo dell’asta Fotografia: Unveiled Beauty del prossimo 14 marzo.

> Scopri il catalogo dell’asta

Bozzetti cinematografici: dietro le quinte dell’immaginario collettivo

I più importanti "pittori di cinema" sono i protagonisti di una fantastica asta che farà sognare ogni appassionato di cinema e non solo

Agli albori del cinema, parallelamente alle professioni più strettamente legate alla produzione cinematografica vera e propria, ne nacque un’altra, anch’essa fondamentale: l’ideatore di manifesti. Tra la fine dei XIX e l’inizio del XX secolo la comunicazione pubblicitaria passava esclusivamente per le affissioni, che dovevano essere quindi di grande efficacia comunicativa e immediato impatto visivo. Dal teatro al cinema il passo fu per molti illustratori naturale, e a fianco ad anonimi maestri si cimentarono in questo genere anche grandi artisti. L’evoluzione fu poi quella che trasformò gli autori di manifesti in veri artisti, riconosciuti per il loro talento in grado di trasformare una semplice comunicazione promozionale in immagine iconica riproducibile all’infinito.

In Italia uno dei pionieri di questo genere è stato Anselmo Ballester, nato a Barcellona nel 1897. La sua carriera inizia nei primi anni del cinema muto, e successivamente diventa noto per i suoi bozzetti, collaborando con registi come Federico Fellini e Vittorio De Sica. Con il suo talento Ballester ha portato l’arte del bozzetto cinematografico a nuove vette, creando immagini suggestive che hanno contribuito a definire l’immaginario visivo del cinema italiano.

ANSELMO BALLESTER Adorazione, 1937

Renato Casaro è un altro nome di rilievo nell’ambito della grafica cinematografica italiana. La sua carriera si estende per oltre cinque decenni durante i quali ha lavorato con alcuni dei più grandi registi italiani, come Franco Zeffirelli, Bernardo Bertolucci e Sergio Leone, oltre ad essere amato e ricercato anche all’estero. Casaro ha contribuito a creare poster indimenticabili, capaci di condensare l’essenza dei film in una sola immagine iconica, tanto da essere stato scelto da Quentin Tarantino per firmare i manifesti di film immaginari per C’era una volta a… Hollywood.

Più descrittivi e pop sono invece i manifesti firmati da Bruno Napoli, altro talento italiano che ha lasciato un segno indelebile in questo settore. La sua carriera inizia da giovanissimo negli anni ’60 e continua fino alla morte nel 2003, ed è stato per anni l’unico cartellonista della Disney in Italia, apprezzato al punto che i suoi manifesti verranno usati anche per le edizioni estere.

BRUNO NAPOLI Red e Toby – Nemiciamici, 1981

Angelo Cesselon completa questo straordinario gruppo di “pittori di cinema” italiani. La sua carriera ha attraversato diverse epoche del cinema italiano e internazionale, contribuendo con il suo talento alla creazione di poster iconici per film di grandi registi come Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Luchino Visconti ed Ettore Scola. Le sue opere sono caratterizzate da una straordinaria capacità di resa dei volti degli attori, di grande espressività e magnetismo, e dai colori vibranti.

ANGELO CESSELON La conquista del West, anni ’50

Un altro gigante nel mondo dei bozzetti cinematografici, rappresentante della tradizione statunitense, è Drew Struzan, artista americano noto per il suo stile distintivo, fatto di dettagli meticolosi, cromie raffinate e composizioni dinamiche. Specializzato nel cinema d’azione e fantastico, Struzan ha firmato i manifesti della maggior parte dei film di Steven Spielberg e di tutte le grandi saghe, da Star Wars a Ritorno al Futuro e Indiana Jones. I suoi bozzetti sono dei veri capolavori, immagini ormai iconiche.

DREW STRUZAN Star Trek – Next Generation, 1999

Che siano italiani o hollywoodiani i manifesti cinematografici sono insomma opere d’arte a tutti gli effetti, e i loro bozzetti originali ancora di più, in quanto testimonianze di un processo artistico fatto di studio, prove, combinazioni differenti e spesso dialogo con i registi e le case di produzione. Un dietro le quinte nella costruzione dell’immaginario collettivo.

Tutti questi bozzetti (e tanti altri) verranno battuti in asta il 9 e 10 febbraio e li trovate all’interno dei cataloghi Bozzetti Cinematografici Parte I e Parte II.