La tela, firmata e datata, è una rara opera di Giuseppe Tassone risalente al 1714. All’artista romano di nascita ma napoletano di adozione, Bernardo De Dominici dedica una biografia nelle sue Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani (cfr. De Dominici, op. cit., Napoli 1742, p. 559) dove Tassone è ricordato per la sua capacità nella resa della "morbidezza della lana delle sue pecore". Secondo l'erudito napoletano, l’artista realizzò infatti "opere molto belle, e di gran componimento, e fece in grande, e in picciolo, accompagnandovi ancor' egli le figure, che veramente eran dipinte con stile romano" (De Dominici, op. cit., p. 559).
Quest’opera si aggiunge all’esiguo catalogo dell’artista, che consta solo di altri quattro dipinti noti, conservati nella Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano (A. Bernardini, in Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco. Pinacoteca, a cura di M. T. Fiorio, Milano 1999, tomo III, pp. 295-297, nn. 689-692).
In passato il dipinto era stato erroneamente attribuito a Francesco Zuccarelli, probabilmente sulla base di un’affinità stilistica e compositiva di gusto arcadico. Da quest’ultimo, tuttavia, Tassone sembra allontanarsi per una spiccata abilità nella resa realistica degli armenti, caratteristica propria della bottega di Rosa da Tivoli. Tutto ciò è un’ulteriore conferma dell’adesione allo “stile romano” del pittore, sottolineato nelle parole del De Dominici.