Informazioni
cm 25,1 x 18,8
firmata in lastra in alto a destra: Fortuny / Roma
Esposizione
Bibliografia
P. de Madrazo, Fortuny, “L’Ilustracion Artistica”, VII, 1888, 314, p. 5;
R. Vives i Piqué, Fortuny gravador. Estudi crític i catàleg raonat, Reus 1991, pp. 125-128 n. 13;
Mariano Fortuny Marsal, Mariano Fortuny Madrazo. Grabados y dibujos, catalogo della mostra a cura di R. Vives i Piqué, M.L. Cuenca García, Madrid, Biblioteca Nacional, 1994, pp. 68-69 (con bibliografia precedente);
F.M. Quílez i Corella, Fortuny gravador, in Fortuny (1838-1874), catalogo della mostra, Barcellona, Museu Nacional d’Art de Catalunya, 17 ottobre 2003 – 18 gennaio 2004, pp. 324-332, p. 330;
Un coup de coeur. Grafica tra Italia e Francia dalla raccolta di Bruno Mantura, catalogo della mostra a cura di T. Sacchi Lodispoto, S. Spinazzè, Roma, Galleria Prencipe, 14 febbraio – 16 marzo 2019, pp. 68-69 n. 17.
Giunto nel 1858 a Roma con un pensionato della Diputació de Barcelona, Mariano Fortuny y Marsal si specializzò nella città eterna, prima di legarsi al mercante Adolphe Goupil e affermarsi sul mercato internazionale con dipinti in costume settecentesco e scene di genere, realizzati con tecnica sorprendente e immediatamente imitati da una schiera di pittori italiani e spagnoli, che dettero vita al fenomeno del fortunismo. Artista versatile, dimostrò nell’incisione all’acquaforte, praticata in maniera saltuaria, la stessa destrezza e abilità che nella pittura. La sua profonda conoscenza dei grandi maestri del passato lo portò a confrontarsi in questo campo con Rembrandt e, soprattutto, con Goya, esplicitamente citato in alcune opere. La diffusione delle incisioni di Fortuny si deve in gran parte a Goupil, che nel 1869 metteva in vendita una cartella di otto acqueforti. Nel 1878, quattro anni dopo la morte dell’artista, il numero delle incisioni pubblicate dal mercante, in diversi formati, tecniche e tipo di carta, saliva a ventotto.
Il barone Davillier, biografo di Fortuny, fa risalire Tangeri, la sua prima incisione, al 1861, cui segue Famiglia marocchina. Immediatamente successiva, collocabile nel 1862, dovrebbe essere Un pouilleux, pubblicata dallo stesso autore nel 1875 in Fortuny sa vie con il titolo Homme nu jusq’à la ceinture. Costanti sono nel periodo in cui sono realizzare le prime incisioni, le sedute serali presso l’Accademia di Giggi, uno scantinato in via Margutta in cui con poca spesa si poteva partecipare a sedute di studio con modello nudo e in costume, e le escursioni in compagnia dell’amico fraterno Attilio Simonetti nelle taverne trasteverine alla ricerca della romanità più autentica. Modello ricorrente di questi anni è Arlecchino, che secondo Pedro de Madrazo dovrebbe aver posato anche per quest’acquaforte o forse piuttosto per l’acquarello Homme vêtu d’un pagne (Castres, Musée Goya) che potrebbe aver costituito un prototipo per l’opera in esame. Attraverso il ricco bagaglio visivo di cui è in possesso, Fortuny rilegge il nudo maschile di tradizione accademica e lo contestualizza nell’ambito dei temi del folklore romano. Realizzata con tratto sintetico, l’opera ritrae un modello seminudo in un’attitudine, che rimanda al Jeune pouilleux (Parigi, Musée du Louvre), il cercatore di pulci, di Murillo e a una più ampia tradizione iconografica che attraverso i bambocchianti e i pittori del Seicento fiammingo conduce a Goya.
Alla prova di stampa dell’incisione, erano seguite le prime tirature realizzate nel 1875 immediatamente dopo la morte dell’artista. Il foglio in esame in carta china appartiene alla seconda tiratura antilettera, realizzata in tre versioni (carta china, Whatman con filigrana corona con fiori di lillà 1873 e pergamino), cui seguiranno la quarta tiratura del 1878, la quinta del 1916 e la sesta del 1973. L’incisione è impressa a corredo della biografia di Fortuny redatta dal baron Davillier da Charles Amand-Durand (1831 – 1905), celebre incisore parigino pioniere dell’héliogravure e noto per aver contribuito attraverso le sue ristampe alla diffusione dell’opera di grandi maestri del passato come Dürer e Rembrandt nell’ambito dell’etching revival.
Teresa Sacchi Lodispoto