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Note Specialistiche
"Mon fils, j'ai désiré que tous les chef d'oeuvres d'art restassent à Venise, pour ne pas humilier cette ville. (...)"
Bellissima lettera napoleonica relativa a Venezia nel 1806. Siamo in un anno cruciale per la Serenissima, l'anno di ingresso nel Regno d'Italia, e Napoleone si pone il problema della possibile destinazione dei capolavori veneziani. E la soluzione proposta è quella di lasciarli nel Palazzo Reale ed eventualmente spostare le opere minori al palazzo della Brenta o a Monza. Un documento unico, tutto da studiare, in cui si vede il grande rispetto che nonostante tutto Napoleone nutriva per la grandezza storica, artistica e culturale della Serenissima.
Napoleone sente la necessità di occuparsi di Venezia, inviando nuove disposizioni al figlio (questa volta ormai adottato ufficialmente). Il testo presuppone evidentemente un precedente scambio che possiamo ipotizzare in questi termini: Eugenio doveva aver dato ordine di prelevare una serie di opere d’arte da Venezia, per farle portare altrove, e Napoleone avendolo saputo aveva ordinato di non procedere. In questa seconda lettera, Napoleone sente l’esigenza (rarissima in un personaggio abituato all'ubbidienza cieca e assoluta) di spiegare e quasi giustificare al Vicerè l’ordine dato, e la arricchisce di elementi di tatto e prudenza che non ci saremmo sicuramente aspettati. Evidentemente la situazione di sofferenza della Serenissima era ben nota all'Imperatore, nonostante la distanza e le mille altre cure che assorbivano il suo tempo e le sue energie. E’ datata dal castello di Rambouillet, il 17 agosto 1806:
“Figlio mio, Ho voluto che i capolavori d’arte restassero a Venezia, per non umiliare questa città. Non vi sono controindicazioni a che voi facciate mettere nel Palazzo reale di Venezia quelli che appartengono al Demanio; e successivamente voi potrete farli portare al Palazzo della Brenta [probabilmente la Villa Pisani di Strà] o a Monza. Quanto ai libri, fateli depositare a Padova da dove li distribuirete successivamente come riterrete. Il principio di trattare Venezia come Brescia e Bologna è giusto; ma non bisogna precipitare alcunché soprattutto in un momento in cui Venezia soffre nel suo commercio per la presenza di naviglio nemico; non vi chiedo che di avere prudenza. Tutti i capolavori che non sono di proprietà di privati, fateli raccogliere dall'Intendente della Corona e allora sarete padrone di farli portate dove vorrete”.