Stima
€ 1.500 - 2.500
Lotto venduto
€ 1.806
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Informazioni
Note Specialistiche
Edizione originale ed unica veramente completa, poiché molti passi furono soppressi nelle edizioni successive a causa di alcuni giudizi negativi sui Duchi milanesi, i quali ordinarono la distruzione degli esemplari impressi, e ciò ne spiega la particolare rarità. L'opera, in sette parti, è la più importante storia di Milano, dalle origini alla fuga del Moro in Germania e la principale del Corio, che la iniziò nel 1485 pubblicandola a proprie spese coi tipi del Minuziano. In quest'edizione precedono il testo una lettera di Giuseppe Cusano ai lettori, la prefazione, che si rivolge al card. Ascanio Sforza, il De laudibus historiae, al medesimo, e la Defensio historiae. Seguono il testo testimonianze in favore dell'opera. Queste silografie sono considerate ("Illustrazione del libro in Lombardia nel '400 e '500" a cura di SAMEK LUDOVICI, 1960) opera di un artista di cerchia leonardesca, pur presentando influssi ferraresi-mantegneschi; alcuni le dissero opera di Bernardino de' Conti, pittore di Pavia, autore anche di un ritratto (Parigi, Jacquemart-André) che si è presupposto essere quello del Corio; KRISTELLER, invece, le attribuisce al Maestro del Melchiorre da Parma (cfr. Lombardische Graphic, pp. 54-6 e 100-101).
"(...) L'Historia, infatti, anche se ha un titolo in latino, è scritta in volgare. Un volgare né limpido, né fluente, che presenta costruzioni latineggianti, reminescenze petrarchesche e lombardismi: una lingua con i difetti e le forzature tipiche dei volgari non toscani prima del Bembo. Lo stile del C., "monotono e rozzo" per il De Magri e "pittorico e vivacissimo" per il Curto, si può considerare il risultato obbligato del suo sforzo di dar vita a una prosa che del latino avesse la solennità, del toscano la naturalezza, della lingua parlata l'immediatezza e che non riuscì se non a oscillare fra questi poli. La scelta del C. di scrivere in volgare era forse stata preparata dalle traduzioni in volgare che erano state favorite nella corte milanese, quali quelle che il Decembrio produsse per Filippo Maria Visconti e Cristoforo Landìno per il Moro. (...)" (Treccani, sub vocis). La particolarità di tale copia è la fitta revisione linguistica, lessicale, morfologica e interpuntiva che subiscono le prime 34 pp., una revisione di tale estensione e profondità da far pensare ad un intervento diretto dello stesso autore, se non di mano propria magari tramite l'ausilio di un suo segretario. Corio morirà ad un anno appena dall'uscita del volume e non si può escludere che decidesse di rivedere il suo testo. La brusca interruzione della revisione potrebbe attestare la morte improvvisa dell'autore. Se invece si ipotizza una mano successiva, più tarda, allora il campo delle ipotesi si allarga notevolmente. Chi emenda il testo conosce bene le linee di tendenza che il volgare italiano stava prendendo nell'Italia del primo Cinquecento, e cerca di ripulire il testo di Corio dalle forme più fortemente lombarde. Nelle due edizioni successive, del 1554 e 1565, una revisione linguistica e sintattica del testo venne apportata, ma si discosta dalla presente lezione, che risulta dunque ATTESTATA SOLO DAL PRESENTE TESTIMONE. Tutto da studiare.