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Straordinario album di lettere dannunziane, tutte indirizzate a Francesco Pasquinelli, un industriale tessile milanese, mecenate e appassionato d’arte, che dopo la Grande guerra avviò un’attività collezionistica che lo portò a raccogliere un’ottantina di opere d'arte anche di gran qualità, dagli antichi ai moderni, da Mantegna e Tiziano a Previati e Medardo Rosso, ora esposte alla Fondazione Pasquinelli di Milano, intitolata alla memoria del nipote (Francesco Pasquinelli junior, 1922-2011). Le lettere in questione rimandano ad un rapporto di amicizia e stima reciproca nato all'ombra di un funesto evento: la morte del figlio di Pasquinelli in guerra. Così viene ricordato, in una delle lettere da D'Annunzio. "...Vi mostrerò anche le mie note sulla gloriosa morte del Vostro figliuolo. Lo vidi nella carlinga, inclinato, pallido, muto: non ancora risoluto a svelare la sua ferita mortale." La lettera in questione contiene anche un altro episodio della loro amicizia, ovvero la richiesta del Pasquinelli di una partecipazione di D'Annunzio al catalogo della sua raccolta d'arte, che vide la luce col titolo Francesco Pasquinelli agli amici. Allo spirito di mia moglie (Milano, Officina Bertieri, 1933?). Si tratta di uno splendido volume d'arte dedicato alla morte del figlio aviatore, dove si trova il commento alla scultura "L’ultima Cena" di Arrigo Minerbi, riprodotto in facsimile dal lungo manoscritto di G. D’Annunzio di ben 14 pagine che qui si offre in originale. È una delle più celebri, accurate e profonde analisi storico-artistiche di D'Annunzio, condotta con strumenti sicuri da storico dell'arte sottile, puntiglioso e incredibilmente acuto. Un piccolo capolavoro di analisi artistica di un'opera scultorea (per la cronaca oggi conservata a Oslo), dove l'eloquio dannunziano si accompagna alla profondità di giudizio e al commento puntuale dell'opera, rendendo la plasticità del gruppo scultoreo in tutta la sua forza polisemica. Un lungo commento, redatto il 27 maggio 1932, ad un'opera che coinvolse D'Annunzio come spesso accadde per altre opere dell'amato scultore Arrigo Minerbi, molte delle quali conservate al Vittoriale. Le altre missive raccontano di un dono di preziosi velluti (Pasquinelli era un industriale del tessile), della memoria del figlio caduto in battaglia, di un dono di autografi che Pasquinelli attende da D'Annunzio e che non mancherà di ricevere. Tra questi, il grande manoscritto della Pisanelle ou le Jeu de la Rose et de la Mort definito dal Vate come "... il più espressivo de' miei manoscritti, interamente vergato con il sangue e con l'inchiostro. Tanto m'è nel cervello e nelle vene che ho voluto mai separarmene."