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L’eccezionale talento artistico di Elisabetta Sirani

I due dipinti della pittrice bolognese ottengono un importante record d'asta affermando il trend positivo per il settore dei dipinti antichi

I due capolavori, provenienti dalla collezione del letterato Malvasia e dichiarati di eccezionale interesse storico-artistico, rappresentano una rara testimonianza del talento dell’artista, che nonostante il brevissimo periodo di attività – morì forse avvelenata a soli 27 anni – fu una delle rare donne pittrici nel Seicento a conquistare un ruolo di assoluto rilievo, ottenendo fama e ricchezza pari a quelle dei suoi colleghi uomini.

Con una stima in catalogo di € 120.000-180.000, sono stati venduti in asta ieri 28 maggio, all’importante cifra di € 492.090. L’aggiudicazione è record price per l’artista e miglior risultato di sempre per il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Liberalità (a sinistra) e Allegoria dell’Onore (a destra)

I dipinti in catalogo facevano parte di una serie di sette opere, di analoghe misure e soggetti, documentate nell’inventario della collezione di Carlo Cesare Malvasia, celebre storiografo bolognese, autore della Felsina pittrice, Vite de’ pittori bolognesi, edita nel 1678.

Nell’inventario, redatto post mortem nel 1694, i dipinti sono descritti con cornice liscia tinta di berrettino, ovvero di rosso porpora:

“… un quadro, o sia ottangolo con cornice lissia, tinta di berrettino, con una figura che versa una cornucopia con fiori, et asta in mano […] Un quadro, o sia otangolo con cornice lissia tinta di berrettino, rapresenta una Dona meza figura che hà in mano un bacile di danari”.

Questo preciso riscontro documentario è molto utile perché ci permette anche di datare le eccezionali cornici che ancora oggi accompagnano le opere; nell’inventario di Cesare Alberto Malvasia, fratello ed erede di Carlo, redatto nel 1697, infatti le tele sono descritte entro cornici barocche intagliate: “con cornici a fogliami rilevati e dorati”. Si tratta evidentemente delle stesse che possiamo ammirare tuttora e che costituiscono quindi parte integrante e imprescindibile di questi capolavori.

Il passaggio della collezione Malvasia al successivo erede, Cornelio Gaetano, ne decretò la dispersione, poiché alla sua morte, nel 1718, l’intera quadreria fu smembrata e venduta a diversi collezionisti e mercanti europei.

I dipinti in asta ricomparvero sul mercato antiquario inglese, dove furono acquistati nel 1972 da un collezionista privato bolognese, nella collezione dei cui eredi si trovano tutt’oggi. Tutti i quadri della serie rappresentano figure allegoriche puntualmente derivate dall‘Iconologia di Cesare Ripa, testo a cui Elisabetta poteva facilmente attingere, essendo presente nella biblioteca del padre, Giovanni Andrea Sirani (Bologna 1610 – 1670), noto pittore allievo e collaboratore di Guido Reni.

Questi dipinti sono citati anche nel diario di lavoro della pittrice, la Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, all’anno 1657, data che infatti si legge sotto la firma nel quadro raffigurante l‘Allegoria della Liberalità. Fu proprio Malvasia a pubblicare, nel 1678, il testo di Elisabetta; e forse in quell’occasione il padre Giovanni Andrea donò allo storiografo le sette tele che costituivano la serie ispirata all‘Iconologia di Ripa.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria della Fama (a sinistra) e Allegoria della Virtù (a destra)

Come già anticipato, la serie fu smembrata e andò dispersa nel XVIII secolo. Oltre alle due qui presentate, se ne conoscono solo altre due, raffiguranti Allegoria della Virtù e Allegoria della Fama, anch’esse firmate e datate 1657. Già in collezione privata a Parigi, queste ultime furono acquistate nel 2010 da Altomani & Sons  e messe in vendita all’asta Sotheby’s a New York il 26 gennaio 2012 (lotto 51), dove rimasero invendute. Rientrate in Italia in regime di temporanea importazione, furono vendute ad un ignoto collezionista.

I due dipinti venduti in asta rappresentano quindi gli unici esemplari fruibili della serie, assumendo così un ruolo di eccezionale rarità e importanza non solo nella produzione pittorica di Elisabetta, ma anche quali testimonianza della storia del collezionismo e del gusto della Bologna barocca.

Tra il 1657 e il 1658, infatti, la Sirani elabora uno stile più maturo e personale, superando i modelli paterni, ancora fortemente legati alla maniera di Guido Reni. La serie delle Allegorie è un tassello importante nella carriera della pittrice, perché ne documenta l’esordio nella produzione di quadri da stanza, che dal 1660 saranno fonte di grande successo anche internazionale, come dimostrano le committenze di regnanti e diplomatici in Italia e in Europa. In quegli stessi anni Elisabetta inizia a rielaborare le novità introdotte da altri maestri, soprattutto Guercino, che sarà di grande ispirazione nella fase più matura dell’artista e il cui influsso è ben leggibile nel dipinto raffigurante Allegoria dell’Onore, qui presentato.

ELISABETTA SIRANI (Bologna 1638 – 1665) Allegoria dell’Onore

L’elaborazione dei diversi linguaggi figurativi che in quel periodo caratterizzano la produzione artistica bolognese ed emiliana, rende la pittrice parte attiva della trasmissione dei modi di Guido Reni, Simone Cantarini, Flaminio Torre e Guercino alle generazioni successive, da Gian Gioseffo del Sole a Donato Creti.In particolare, nei dipinti qui offerti, la Sirani, pur ispirandosi alle indicazioni iconografiche di Cesare Ripa, “inventa” le sue Allegorie cercando la sua cifra stilistica personale nella minuziosa e raffinata descrizione dei particolari: nella Liberalità la vaporosa grazia delle stoffe avvolgenti, le ricercate passamanerie decorate di perle, la sensualità dei capelli biondi sciolti sul candore della scollatura; nell‘Onore il paesaggio e il cielo, in cui nuvole di un grigio tempestoso lasciano intravedere un tramonto che si accende su uno scorcio di mare solcato da una vela solitaria. Anche i fiori nella cornucopia sono resi con una sensibilità descrittiva che denuncia una particolare attenzione al genere della natura morta.

L’eccezionale talento artistico di Elisabetta emerge pienamente in queste due opere, facendoci rimpiangere gli altri capolavori che ella avrebbe potuto realizzare, se non fosse stata colpita da una morte così precoce. Nonostante il brevissimo periodo di attività, infatti, la Sirani fu una delle rarissime donne pittrici nel Seicento ad assurgere ad un ruolo di primo piano nel panorama artistico dell’epoca.

Con questa brillante vendita il dipartimento di Dipinti e Disegni Antichi di Finarte supera il 100% del valore delle riserve dell’asta, affermando il trend positivo già ottenuto nel 2023.

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