Nonostante le gravi restrizioni fisiche che hanno coinvolto il mondo dell’arte, obbligando a dolorosi distanziamenti sociali, quello delle aste ha resistito e ha anzi potuto contare, per noi di Finarte, su un interesse generale codificato, nel caso del dipartimento di Fotografia, di un aumento del 50% rispetto al 2019, traguardo che consideriamo punto di partenza per la stagione che si aprirà il 17 marzo.
Le ragioni di questo successo sono legate a diversi fattori il primo dei quali è l’attendibilità che Finarte si è conquistata presso il pubblico dei collezionisti italiani e internazionali. Ma non possiamo non considerare il contenuto critico che offriamo perché siamo l’unica casa d’aste che nei suoi cataloghi non si limita alle indispensabili indicazioni tecniche, ma si apre a notazioni storico-critiche che aiutano il pubblico a orientarsi e a individuare non solo i grandi autori ma anche altri non altrettanto noti, ma non per questo meno pregevoli.
Anche se nel nostro Paese l’esterofilia non ha giovato agli autori italiani, alcuni nomi di importanti fotografi si sono affermati a livello internazionale per la qualità delle loro proposte. È il caso di Mario Giacomelli che da tempo occupa un ruolo significativo nel mondo del collezionismo per le sue immagini sempre caratterizzate dai forti contrasti fra i bianchi “bruciati” e i neri catramosi. Difficile da catalogare in un solo genere, è pressoché unico a interpretare la grande poesia come dimostrano le celeberrime immagini dei seminaristi ispirate alla lirica “Io non ho mani che mi accarezzino il volto” di David M. Turoldo.
Due modi diversi di rapportarsi con il paesaggio caratterizzano il modenese Franco Fontana e il milanese Gabriele Basilico: il primo affronta quello naturale con riprese audaci che si tramutano in pennellate di colore e in composizioni vicine all’astrazione, il secondo è il cantore di quello urbano che affronta con rigore assoluto guidandoci a osservare le architetture con sguardo nuovo. Il senso dello spazio caratterizza l’intero operato di Luigi Ghirri che sa scavare oltre l’immediatezza per far emergere il senso del mistero e di Maurizio Galimberti che usa la scomposizione e la ricomposizione in collage per dar vita a opere che si richiamano all’estetica delle avanguardie storiche.
Se qualche anno fa i collezionisti non amavano molto, con le debite eccezioni, le opere dei fotoreporter, oggi le cose sono cambiate e si assiste a un rinnovato interesse non solo per esponenti di assoluto valore della photographie humaniste come Henri Cartier-Bresson, Willy Ronis e Robert Doisneau, ma anche per maestri del bianco e nero, come Gianni Berengo Gardin, Mario De Biasi, Fulvio Roiter, Mario Carbone, protagonisti della grande stagione della storia italiana del dopoguerra.
Il fatto di dare spazio agli autori italiani non significa trascurare quelli internazionali, partendo da quelli storicizzati come Weegee, il grande testimone di New York di cui ha colto tutte le sfumature passando dalle immagini notturne di cronaca che ha saputo trasformare in fotografie d’autore a quelle di critica sociale.
Altri fotografi sono dei veri capostipiti delle ricerche più audaci: Man Ray come esponente di punta del dadaismo, Florance Henri (autrice ancora tutta da scoprire in Italia) di un personalissimo surrealismo poetico.
Un grande interesse riguarda i fotografi a noi più vicini forse anche perché capaci di interpretare con più sensibilità il nostro sentire. Talvolta lo fanno calcando la mano sulla provocazione intellettuale: è il caso di Araki e di Joel-Peter Witkin. Il primo scardina il quieto perbenismo giapponese con immagini che alludono a una sensualità evidente nella descrizione delle pratiche del bondage e sublimata nelle immagini dei fiori, il secondo frantumando il tabù della morte costruendo immagini dove Eros e Thanatos convivono con sfrontata eleganza.
Ribadendo la crescente importanza del ruolo delle donne nel mondo dell’arte, cinque fotografe si fronteggiano in un ideale confronto a distanza che appassiona i collezionisti. Diane Arbus è la capostipite di una visione al femminile che scopre un’inquietudine che serpeggia sottopelle ed emerge qua e là a fare a pezzi quel che resta del sogno americano.
Marina Abramovic si apre a orizzonti performativi che recuperano una dimensione personale carica di forti rimandi emozionali, Nan Goldin mescola realtà e rappresentazione, vita vissuta e racconto con immagini di crudo realismo lontanissime da ogni retorica. Anche Cyntia Morris “Cindy” Sherman gioca con la realtà che filtra attraverso gli stereotipi, soprattutto quelli imposti dalla cinematografia e dalla pubblicità, con autoritratti che sembrano frames di pellicole.
E, infine, c’è il caso di Francesca Woodman, che tutti considerano per la sua grandezza espressiva e visionaria ancora più apprezzabile perché il suo percorso si è interrotto troppo presto pur avendo lasciato tracce fondamentali alcune delle quali, che presenteremo proprio nella prossima asta, ancora tutte da indagare.
Catalogo completo
Wednesday 17 March 2021, 04:00 PM • Milan