Se fossi un foglio di carta non avrei dubbi: vorrei entrare a far parte della grande famiglia delle tirature della Stamperia d’Arte Berardinelli, di casa in via Santa Maria dell’Organo a Verona.
Se la grandezza di una persona si giudica da chi frequenta e da chi lo circonda, quella di un artigiano può essere determinata dai nomi di chi vi collabora. Basta sfogliare questo catalogo e far scorrere gli occhi sugli autori che si sono avvalsi delle conoscenze di questa famiglia per intuirne la bravura: da Paladino, Chia e Cucchi a Schifano, Angeli e Rotella, da Aldo Mondino o Eugenio Carmi a Dario Fo o Nanni Balestrini, da Charlotte Moorman e Nam June Paik, a Daniel Spoerri e Joe Tilson così via.
Una grande molteplicità di artisti internazionali che sono transitati nel laboratorio di stampa dando vita ad altrettanti capolavori, ma che rappresentano solamente un piccolo frammento della storia dei Berardinelli.
Una storia profonda che affonda le sue radici alla fine degli anni Sessanta. È infatti il 1969 quando Gino Berardinelli, terminato il servizio militare, decide di trasferirsi a Parigi sulle tracce dei protagonisti della sua grande passione: l’arte. Proprio visitando i luoghi degli impressionisti, di Picasso e Duchamp, fa l’incontro che gli cambierà la vita: conosce lo stampatore d’arte Arcay che lo prenderà a bottega.
Ritoccare manualmente le stampe di artisti cinetici dai disegni complessi ed elaborati come Victor Vasarely e Yacoov Agam è per Gino Berardinelli solo l’inizio dell’esperienza nel laboratorio francese, un confronto che lo tempra e lo porta ad amare sempre più il mondo della stampa d’arte. A Parigi conosce anche il professor Gatti, uno dei massimi esperti italiani di stampe d’arte, che insegnando all’American Centre di Montparnasse lo coinvolge nella stampa anche di manifesti ed edizioni d’arte.
La nostalgia è però forte e Gino torna in Italia dove conosce Giulia, la donna che diverrà la metà con cui condividere una vita intera e veder materializzare il sogno di un proprio laboratorio di Stampa d’arte a Verona. Come tutte le avventure, l’inizio è irto di difficoltà e sacrifici, l’attività si concentra nella collaborazione con artisti locali, ma ben presto la notizia della bravura di Gino comincia a circolare e alla porta del laboratorio cominciano ad affacciarsi artisti riconosciuti a livello internazionale appartenenti a vari movimenti artistici come Fluxus, l’Arte Povera, la Transavanguardia o la Pop Art.
La figura dello stampatore d’arte è particolare perché un “bravo” stampatore non è solo un artigiano o un freddo tecnico, ma è dotato di una sensibilità particolare con cui riesce a entrare in sintonia con l’artista che ha davanti fino a comprenderne e spesso anticiparne le esigenze e a creare un rapporto unico di simbiosi che sfocia spesso in sincera amicizia.
Gino, Giulia, i figli Teo, Isadora e Alessandro, che nel corso degli anni hanno affiancato i genitori nelle attività della stamperia, sono tutti dotati di questa particolare sensibilità, altrimenti non si spiegherebbero opere come la valigia di Joan Brossa (lotto 21), letteralmente una carriera artistica in valigia; le collaborazioni con Sandro Chia (dal lotto 30 al lotto 36), un maestro del disegno che sfrutta al meglio le potenzialità dell’acquatinta per dare vita ai suoi personaggi che, adagiati in un bosco o stretti in un abbraccio, creano degli haiku, micro narrazioni di un fermo immagine.
Prisca di Enzo Cucchi (lotto 44), “opera-gioco” in cui delle litografie assemblate in cubi permettono di dare vita a combinazioni artistiche sempre nuove. Le ricerche astratte di Piero Dorazio (dal lotto 52 al lotto 60), le cui composizioni si trovano a proprio agio in serigrafie che in alcuni casi superano i due metri. Una sfida tecnica e coloristica per i Berardinelli felicemente vinta.
La stampa d’arte va anche toccata e accarezzata per percepire il peso della carta e la sua tramatura e in alcuni casi vengono chiamati a collaborare dei maestri cartai per eseguire delle carte particolari, come nel caso della grande composizione di Dorazio, proposta come lotto 56, stampata su carta fatta a mano da Georges Duchene o nel caso del grande libro illustrato di Guido Crepax: Lanterna Magica, lotto 43, la cui carta è stata realizzata ad Amalfi da Luigi Amatruda.
Anche nelle opere non realizzate dalla Stamperia Berardinelli, ma collezionate dalla famiglia, si nota la ricerca della grande qualità, e se le opere di Sandro Chia sono l’apoteosi del colore, al contrario nei lavori del compagno di viaggio della Transavanguardia Mimmo Paladino sono il bianco e nero a esprimere a pieno la sua potenza come nella linoincisone (lotto 112) composta da sei elementi di 204,5 x 75 cm , disegni che sembrano diretta – mente graffiti nel buio di un cielo notturno. Il colore nero la fa da padrone anche nelle opere di Emilio Vedova (dal lotto 169 al lotto 173) tavole di pura energia che racchiudono la matericità e la gestualità del maestro veneto.
Sempre dal nero emerge il profilo di un buco di una serratura da cui spiamo la pin-up bionda, opera dell’americano Mel Ramos (lotto 132). Un rapporto speciale è quello tra la stamperia e Joe Tilson, uno dei padri della Pop Art inglese e che ha portato a una collaborazione attiva da anni e a opere come i multipli in legno dipinto, presentati dal lotto 161 al lotto 165 che racchiudono in sé le ricerche sugli archetipi e sulla quotidianità della vita.
Opere di artisti e generi diversi nate tutte, però, dall’amore dei Berardinelli per la stampa e dalla loro capacità di comprendere e interagire con gli artisti secondo il principio che:
La libertà più grande risiede nella libertà di esprimersi facendo ciò che piace
E si vede che stampare ai Berardinelli piace.
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giovedì 24 settembre 2020, ore 16:00 • Roma