Di mamma ce n’è una sola. Affermazione tanto vera quanto valida per ogni essere vivente sulla terra. Per noi umani assume poi un significato ancora più profondo. Per tutta la nostra vita infatti rimaniamo legati a doppio filo a chi ci ha generato e spesso identifichiamo la figura materna come fulcro della vita famigliare. La mamma rappresenta e, in alcuni casi, è la famiglia.
E ben lo sapeva Giacomo Balla, che proprio al ritrarre la propria madre dedicò alcune delle sue opere più famose, sia del suo periodo divisionista che futurista. Un legame speciale e intenso che emerge palese da ognuna delle tele, nato forse nel momento in cui, venuto a mancare il padre, fu proprio grazie ai sacrifici e alla caparbietà della madre che Balla riuscì a compiere il proprio percorso artistico. Uno sguardo dolce e unico che l’artista poi rivolse alla propria di famiglia: alla moglie Elisa e alle figlie Luce ed Elica.
Un perfetto esempio è Affetti, trittico del 1910, attualmente conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Un bozzetto del pannello centrale, un olio su tavola di cm 50 x 40, sarà presentato da Finarte a Roma il prossimo 28 maggio (stima € 80.000-100.000).
La primogenita Luce viene colta a cavalcioni sulle gambe della madre, forse impegnata in una lezione di lettura. Un momento di intimità tanto banale nella sua quotidianità quanto prezioso nella tenerezza che traspare dai volti delle due protagoniste. Possiamo ben immaginare il sorriso che solcava il volto di Balla nell’intero frangente della sua realizzazione.
Oltre agli “affetti” più cari, protagonista assoluta di questa pittura è la luce, plasmata dalle sapienti mani di Balla per delineare i volti, lasciando in ombra tutto il resto della scena. Due spot fotografici che vanno a testimoniare quanto Balla guardasse alla fotografia e ai risultati che in quella pratica ottenevano suoi contemporanei come Elio Luxardo e Arturo Ghergo, sia nella ricerca di particolari effetti di luce che per i tagli compositivi innovativi e filmici.
Confrontando il bozzetto con l’opera finale si nota come in quest’ultima la luce sia più morbida e le ombre meno nette, perdendo quell’espressività e forza che rendono unico e magico il bozzetto, in cui i volti della madre e della figlia si materializzano dal nulla e nel nulla sembrano perdersi.
Un ritratto finemente psicologico e rappresentativo delle emozioni che intercorrono tra le due figure, ideato da Balla con il cuore e che sembra citare una poesia di Edmondo De Amicis dedicata alla figura della madre:
“Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un atto che non mi tocchi dolcemente il cuore. Ah se fossi pittore, farei tutta la vita il suo ritratto”
Per fortuna Giacomo Balla era pittore. E che pittore!
In questo giorno speciale, che quest’anno ci coglie in un momento particolare, proviamo a rivolgere lo stesso sguardo che Balla aveva per i suoi affetti a nostra madre e a chi ci vive accanto.