“Cosa resterà di questi anni 80” cantava un giovane Raf nel 1989. Di quel periodo più che Boy George o il movimento dei Paninari rimarrà sicuramente la Transavanguardia.
O meglio, la Trans-Avanguardia, come compare nominata per la prima volta nell’articolo pubblicato su Flash Art nell’autunno del 1979, a firma del suo teorico e promotore, il critico d’arte contemporanea Achille Bonito Oliva.
Testo che inizia così:
“L’arte finalmente ritorna ai suoi motivi interni, alle ragioni costitutive del suo operare al suo luogo per eccellenza che è il labirinto, inteso come lavoro dentro, come escavo continuo dentro la sostanza della pittura”
Gli anni Sessanta erano, infatti, stati caratterizzati da un progressivo abbandono da parte degli artisti dei materiali “tradizionali”, come pennelli e colori a olio, per abbracciare materiali atipici provenienti da altri contesti, come aveva fatto l’Arte Povera o con la comparsa di opere prettamente concettuali, spesso con intento “politico” o moralistico.
Bonito Oliva propugna un ritorno alla pratica artistica quotidiana. Un ritorno all’io e a ricerche che vadano al di là di un gusto sociale imperante ma che, partendo da riflessioni sulla propria interiorità, la superino spingendo l’esistenza e i quadri verso condizioni di impossibilità. Non dipingere il reale ma l’irreale, rendendolo più reale del reale. Quadri che sono il risultato del semplice fluire dell’idea dalla mente al braccio e alla mano, al pennello e infine alla tela.
Opere universalmente e immediatamente comprensibili da tutti perché create in totale libertà, senza filtri o pregiudizi. Gli artisti sono liberi di inserire citazioni o trarre ispirazione da autori precedenti (come Michelangelo, Matisse, i fauves, ecc…) in un approccio alla Storia dell’Arte non più lineare e cronologico, ma acronico e rizomatico a seconda delle proprie necessità.
L’opera è per la collettività perché nasce dalla singolarità più profonda. Caratteristica evidente quando ci si approccia alle opere degli artisti più rappresentativi della Trans-Avanguardia: Francesco Clemente, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino e Nicola De Maria. Ciascuno di loro ha percorso una propria via, mantenendo un proprio stile ben riconoscibile fin dal momento del loro riconoscimento a livello internazionale: la partecipazione a Aperto ’80, mostra organizzata in concomitanza della Biennale di Venezia di quell’anno e a cura del già citato Bonito Oliva e del guru della curatela Harald Szeemann.
Tanto diversi tra loro, ma con una grande passione in comune: la pratica del disegno, la via più diretta per dare vita ai propri pensieri. Tratto che emerge chiaramente osservando alcuni lotti presenti nella prossima asta del 27 aprile, dedicata alla grafica internazionale e ai multipli d’autore.
Al lotto 28, Improvvisazioni su Leonardo, una cartella del 1991, comprendente cinque acqueforti del toscano Sandro Chia, segni minuscoli e nervosi si intrecciano tra loro dando vita a vari personaggi: chi è immerso in un mare, chi discende da una scala (forse qui oltre a Leonardo un omaggio a Duchamp?), chi si abbraccia teneramente e chi cattura al volo un angioletto con tutta l’ironia che caratterizza tutta la produzione dell’artista. Delicati bianco e nero con delle lievi sottolineature di colore stimati € 1.000-1.500.
Ancora cinque, ma litografie, le opere di Enzo Cucchi del 1981 al lotto 39 a € 1.000-1.500. Un titolo, Immagine feroce, che ben riassume i soggetti delineati come se fossero al carboncino. Micro narrazioni visive in cui pesci pregano, una coppia pesca con un remo un pesce mostruoso o un cane salva una coppia da un incendio. Forse materializzazioni dei sogni dell’artista marchigiano.
Ben più corposa la presenza di Mimmo Paladino, dal lotto 119 al 123, l’artista dà sfogo a tutta la sua fantasia sfruttando a pieno tutte le potenzialità dell’arte incisoria e delle sue tecniche: acquatinta, acquaforte, linoleografie, inserti in foglia d’oro si mischiano tra loro dando vita a veri capolavori. Riconoscibilissime le sue silhouette umane ispirate ai kouros della statuaria greca che di volta in volta reggono case, animali mostruosi, fino a divenire Attila. Per gli amanti degli oroscopi, da non perdere assolutamente la rappresentazione dei dodici segni zodiacali dell’artista campano a € 2.500-3.500.
Per i nostalgici degli anni ’80, ma anche per chi vuole assicurarsi un’opera di quello che viene considerato l’ultimo movimento programmato dell’Arte Italiana ad oggi, tante ghiotte occasioni da non perdere.
Catalogo completo
Monday 27 April 2020, 05:00 PM • Rome